Comuni siciliani, debiti alle stelle grazie alle folli speculazioni della finanza derivata

Gli enti locali, nella morsa della finanza derivata. La Corte dei Conti siciliana, in una indagine resa pubblica oggi,  stima che “l’importo del valore nozionale complessivo dei contratti pendenti a fine 2009, risultava, in base ai dati pervenuti, essere pari a 1.022 milioni di euro, corrispondente al 30% del debito complessivo residuo degli enti locali siciliani, registrato a fine 2009. E ancora: “Il rapporto tra capitale swappato al 2009 ed il debito complessivo dell’ente nel20% dei casi supera l’80%”

Come si ricorderà, la legge finanziaria per il 2002 aveva dato agli enti locali la possibilità di sottoscrivere strumenti derivati per favorire la ristrutturazione del debito, cioè per ridurne il costo e coprirsi dal rischio della loro stessa insolvenza. Ma il loro uso è dilagato, spesso in maniera incontrollata. Insomma le banche si sono divertite con i comuni che, nella maggior parte dei casi, sono rimasti e rimarranno fregati. Non a caso, il fenomeno della finanza creativa, è stato indicato dagli economisti come una  della cause della crisi di liquidità che ha afflitto il sistema bancario internazionale.  Se poi questa ‘creatività’,  finisce nel bilancio di un ente locale la frittata è servita. Soldi pubblici che vanno in fumo. Tant’è che, il ministero per le Finanze ha limitato il ricorso a questi strumenti negli enti locali. Ma il danno ormai è fatto. Anche in Sicilia, alla grande.

Dall’indagine svolta dalla Sezione nei confronti di tutti gli enti locali siciliani (390 comuni e 9 province), è emerso che 71 di essi avevano fatto ricorso ad operazioni di finanza derivata nel triennio 2007-2009 . A seguito della chiusura di precedenti operazioni è risultato che, a fine 2009, solo 49 comuni ed una provincia (Siracusa) avevano in essere contratti IRS (interest rate swap), in numero di 63 .
Ma c’è di più. Si tratta di contratti, quasi tutti perfezionati antecedentemente l’entrata invigore del regolamento MEF n. 389 del 2003 (4 febbraio 2004) che pone limiti al ricorso a questi strumenti. Ma alcuni cmuni, nonostante i limiti, hanno continuato a ‘giocare’ con i soldi pubblici. Raddusa, Riposto e Capaci, ad esempio, hanno stipulato 3 contratti dopo il 4 febbraio2004, con percentuali dell’up-front superiori al limite stabilito. “Tale liquidità risultaessere stata spesso allocata in bilancio fra le entrate correnti” si legge nell’indagine “per essere destinata aspesa di pari segno. Si tratta di un’utilizzazione ora espressamente vietata (art. 62 d.l. n. 112 del 2008 convertito con L. n. 133 del 2008)”.
In alcuni casi – Torretta, Avola, Carini, Mazara del Vallo, Pace del Mela, Modica, Leonforte, Grotte e Messina –
si è accertato l’utilizzo di opzioni digitali 27 parimenti vietate dal Regolamento MEF n. 389 del 2003 consistenti nell’introduzione nel regolamento negoziale di uno spread anomalo,destinato ad attivarsi in corrispondenza del superamento dei valori soglia, conprevisione di un costo aggiuntivo per l’ente”.
Conclusioni: “Il valore del mark to market è risultato negativo per 30 enti locali (29 comuni e una provincia), relativamente a 35 contratti(38%) e ammonta complessivamente a oltre 27 milioni di euro, di cui 22 milioni si riferiscono a due contratti stipulati dal comune di Messina.
In ben 23 contratti,sottoscritti da 19 comuni (il 40%), il mark to market supera la soglia dei 30.000euro”.

Particolarmente ‘bravi’ al comune di Messina che consegue il valore negativo più elevato in 2 contratti il cui mark to market supera, complessivamente, i 22 milioni di euro. “Risulta in alcuni casi un’evidente sproporzione del rapporto tra valore dimercato (mark to market) ed il debito sottostante: per il comune di Messina, è di circa il 7%; per quello di Augusta ha raggiunto l’11%;erosi, a partire dal 2002 a fronte della forte discesa dei tassi“.
A Messina “si è trattato di un’estinzione anticipata di mutui con Cassa DD.PP. tasso fisso al 6% sostenuta finanziariamente
tramite emissione obbligazionaria, con allungamento della scadenza del debito e contestuale chiusuradi precedenti swap sostituiti con tre operazioni rinegoziate con Dexia Crediop eBNL; operazione che, complessivamente pari ad un nozionale di 211,8 milioni dieuro, ha prodotto differenziali negativi per un totale di 4,8 milioni”.

Un premio all’ingegno anche al comune di Catania dove “le operazioni in derivati hanno interessato il totale debito dell’ente per un ammontare complessivamente pari a 416,4 milioni di eurocon la corresponsione di un premio di liquidità di 7 milioni (1,7%). La struttura prevede la vendita di cap a favore della Banca con soglia al 5,5% e poi al 6%. Il mark to market, in caso di chiusura del contratto,risulterebbe negativo per un valore pari a 857.694 euro, ben oltre la soglia di rilevazione dei 30.000 euro.

La Corte dei Conti ricorda anche la particolare situazione del comune di Marsala che ha deliberato di recedere dalcontratto di swap stipulato il 7 febbraio 2007 con HSH Nordbank, annullando larelativa deliberazione di autorizzazione a contrattare; ciò con riferimento allastruttura contrattuale recante un’opzione digitale particolarmente rischiosa per lefinanze dell’ente e assolutamente vietata dal Regolamento. Il contratto presentava a fine 2009 unvalore negativo per 4,9 milioni e produceva differenziali negativi destinati a crescere.

“In realtà quelle descritte sono operazioni economiche le cui regole e i cui guadagni o perdite non si conciliano facilmente con la disciplina finanziaria dei bilanci pubblici.Chiusure e rimodulazioni contrattuali sono spesso l’effetto della indicatadiscrasia funzionale e depongono per la difficile conciliabilità di tali operazioni conle regole di finanza degli enti locali”.
C’ da aggiungere che non sono mancate inchieste della magistratura ordinaria su questo fronte. Nel caso di Taormina ad esempio, le indagini hanno portato al sequestro dei 17 mln alla Bnl per truffa aggravata.

La relazione della Corte dei Conti.

Cosa sono i derivati

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