In rete, l'entusiasmo per la buona affluenza alle urne è quasi palpabile. I catanesi, però, si sono distinti, come al solito, dal resto d'Italia: c'è chi organizza festeggiamenti in anticipo e chi dichiara, con fierezza, di non essere mai andato a votare in vita sua. Per molti altri, i referendum sembra che non esistano neanche
Catania, la capitale del «paese reale»
A seguirla sui social network, questa cosa dell’affluenza per i quattro referenda sembrava una roba partecipata, partecipatissima. Trending topic su twitter, tutti #iovoto di qua e #iovoto di là, #iohovotato a destra e #iohovotato a sinistra, foto coi cellulari da dentro i seggi e altra roba da far credere che perfino il fatto che il Premier non si recherà alle urne non sia riuscito a fermare il popolo italiano che, una volta tanto, ha deciso di rispettare un suo dovere, cioè quello – gratis – di andare a votare.
Sì, decisamente, stando attaccati davanti allo schermo, fissando dati nazionali, il quorum non sembra un obiettivo irraggiungibile. S’è letto di gente che metteva lo spumante in fresco, pronto a farsi l’abbonamento all’enoteca: dopo De Magistris, Pisapia, e questa vittoria annunciata, quasi quasi risparmiare sugli alcolici da stappare risulta conveniente, giacché sarà pure il vento che cambia ma la crisi c’è ancora.
Poi uno esce, si guarda attorno, va al seggio sotto casa a votare, a Catania. E quel seggio là lo trova vuoto, con la scrutatrice che si passa lo smalto e il segretario al telefono con la fidanzata, nel corridoio. «Signorina, scusi, mi legge il numero qua, della tessera?», ti dice la tipa che è appena entrata. «Mi sono scordata gli occhiali nel borsone del mare, e non vedo in quale seggio devo votare. A casa non c’avevo niente da fare, quindi sono venuta qua»: dopo la spiaggia, si sa, la noia di stare sul divano non si sopporta. Fortuna che c’era il referendum, sennò pensate la depressione di guardare Pomeriggio 5.
Dici il numero alla tipa, entri nella stanzetta e scrutatrici e segretario ti guardano male, ché c’avevano da fare e tu, con la tua sciocca intenzione di votare, hai rovinato i loro piani. Fai tutto in pochi minuti, poi torni a casa e ti rimetti davanti al computer. A quel punto lo vedi; quelli che fanno gli snob sui social e sui blog lo chiamano «paese reale» e sarebbe fatto, in buona sostanza, dalla tipa di cui sopra, e da un sacco di gente come lei.
Tipo quel mio contatto su Facebook: «Ma chi te l’ha fatto fare a votare? Io non ho mai votato». Allora gli chiedi perché e lui risponde: «La classe politica è fatta da mercenari che se ne fregano dei cittadini. Non ho mai votato, e mai voterò». La fierezza, l’orgoglio.
Orazio Licandro, sempre su Facebook, quello che non vota lo chiama «il cuore nero di Catania» e annuncia una grande festa, domani, alle 17, in piazza Università. Del resto, l’aveva scritto: «Domani sfonderemo il muro del 60% per il quorum», in barba a qualunque prudenza, perché si sa che la scaramanzia non è di sinistra.
Che il celeberrimo 50% più uno lo si raggiunga, a prescindere dalla vittoria del sì o del no, ce lo auguriamo più o meno tutti, ma sicuramente non ci sarà da ringraziare i catanesi, che tanto per cambiare la media la abbassano, e di molto anche. Con un’affluenza del 30,45% contro il 41,10% nazionale, siamo un buon 10% più in basso del dato generale.
Niente di definitivo, per carità. Tra l’altro, c’è pure da aggiungere che domenica era proprio una bella giornata per andare al mare.