Caso Scirè, lettera del presidente della Repubblica Incontro a UniCt, sul tavolo la proroga del contratto

«Il Capo dello Stato segue con grande attenzione le questioni da lei evidenziate, nella convinzione che, anche nel settore universitario, occorre sempre seguire i principi di legalità e trasparenza». Stefano Erbani, consigliere giuridico del Quirinale, risponde per conto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al ricercatore Giambattista Scirè. Suo malgrado, Scirè è diventato il simbolo del malfunzionamento della meritocrazia nel sistema universitario: prima dell’inchiesta Università bandita della procura di Catania, lo storico aveva denunciato un concorso vinto da un’architetta. Era il 2011 e per arrivare alla condanna nel processo penale è stato necessario attendere fino ad aprile 2019. Ma, alla fine, la giustizia ha accertato che lui aveva ragione.

Pochi mesi dopo, lo scandalo che ha travolto l’ateneo e fatto crollare l’intera UniCt a partire dai suoi vertici (inclusi gli ex rettori Giacomo Pignataro e Francesco Basile). In questi anni, però, Scirè non ha mai mollato e ha sempre chiesto giustizia non solo per sé ma anche per tutti quelli nella sua posizione. «L’associazione Trasparenza e merito è nata per questo», ricorda a MeridioNews. La lettera dal Capo dello Stato, però, è una «soddisfazione ulteriore – continua – Mi fa capire che Mattarella segue le vicende universitarie e conosce la mia storia». Lui gliel’aveva raccontata nella prima lettera, quella che aveva inviato al Quirinale e dal quale non si aspettava la replica che invece è arrivata.

In un giorno, poi, particolare: cioè quando era fissato l’appuntamento con il magnifico rettore attuale Francesco Priolo e il suo delegato per la trasparenza Maurizio Caserta. «Se mi attengo all’atmosfera dell’appuntamento e a quello che ci siamo detti, sono contento – prosegue il ricercatore – Ma vengo da tante delusioni». Perché prima ancora di avere vinto il processo, Giambattista Scirè ha vinto il suo ricorso al Tribunale amministrativo regionale. «Il concorso per il quale avevo fatto ricorso era per un posto di ricercatore di Storia contemporanea per tre anni, prorogabili per altri due – spiega – Nei fatti, però, sono stato riassunto solo per i quattro mesi che mancavano alla fine del contratto della mia avversaria e non mi è stata accordata nessuna proroga». 

Della possibilità di continuare quel contratto si sta discutendo in questi giorni. «Ormai sono passati tanti anni. Sono stato reintegrato alla fine del 2014 e la proroga, che non mi è stata concessa, doveva scattare da gennaio 2015». Cosa che non è accaduta e che lo ha lasciato indietro rispetto ai suoi colleghi, per di più con il peso di un processo penale iniziato molto a rilento. «Ho chiesto al rettore una cosa sola: di essere rimesso nelle condizioni di fare il mio lavoro. In teoria, si potrebbe serenamente prorogare quel contratto facendo uso dell’autonomia accademica». Ma visti gli occhi puntati sull’università di Catania, pare che l’ateneo abbia deciso di chiedere un parere al ministero dell’Istruzione. «Capisco questa particolare cautela – conclude Scirè – E sono fiducioso. Ma, al di là delle parole, vorrei vedere un atto. Prorogare quel contratto e farmi lavorare è una delle prerogative del rettore».


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