La dignità dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro, ma soprattutto lindignazione, non solo per la tragedia della Thyssen Krupp (alla quale è dedicato il disco), ma anche nei confronti della realtà che ci circonda: questo è Siamo gli operai di Fabrizio Varchetta
Canti di fabbrica, di rabbia e d’amore
Fabrizio Varchetta – Siamo gli operai
“Siamo gli Operai” è un album molto eterogeneo nelle tematiche e nelle influenze musicali poiché spazia dal folk al pop-rock, toccando l’indie-rock e l’acustico.
E’ una raccolta di brani registrati separatamente in territorio emiliano, per questo anche variegato nel sound e nell’impatto sonoro.
Fabrizio Varchetta, cantautore-operaio, ha invitato a partecipare in questo album gran parte degli amici, tutti artisti di calibro: Dudu Morandi e Betty Vezzani (Modena City Ramblers), Gigi Cavalli Cocchi, Leonardo e Riccardo Sgavetti, Filippo Chieri, Elisa Minari e Max Cottafavi. E ancora Daniela Galli e Flaco Biondini (storico chitarrista di Francesco Guccini). Varchetta non è l’unica voce presente nei brani che compongono questo lavoro. A Greta Fornasari è affidato il compito di interpretare importanti canzoni dal lento pop all’acustico fino al british-rock.
Apre il sipario “Dimmi come ti chiami” una canzone country-style con strumenti tipici del genere (violino, pianoforte, chitarra folk) che narra di un innamoramento ad una festa popolare del secondo dopoguerra. Aria Gucciniana in stile Nomadi, gruppo per il quale lo stesso Varchetta ha scritto delle canzoni.
Nella traccia successiva atterra a bordo della sua astronave “Nino il Marzianino”, un extraterrestre curioso, critico e impressionato dalla condizione ambientale socio-economica e politica del pianeta Terra. Si tratta di una ballata irlandese a ritmo di Folk-Ska con bouzouki, tin whistle e fisarmonica. Il testo, reso molto ironico dalle rime frequenti, è una chiara descrizione della realtà, difficilmente accettabile. Tocca temi sociali, dall’immigrazione ai centri di accoglienza, dall’inquinamento alla politica fino al collasso culturale che minaccia l’intelligenza umana. E’ questo il mondo in estinzione di cui parla Varchetta.
“Siamo gli Operai” è quindi la title-track dell’album, il baricentro dell’intero lavoro discografico. Decisamente in risalto è il testo, profondo, in cui ogni strofa viene associata ad un timbro diverso. Il ritornello, invece, è cantato tutti insieme dal Collettivo Musicale di Solidarietà, composto da artisti quali Modena City Ramblers, Daniela Galli, Gang e Statuto, come per indicare l’unità della classe operaia in un tema che “ci” riguarda personalmente. Fabrizio scrive della gente che non vuole più pagare, che nasce a colori e non vuole ritrovarsi in bianco e nero sui quotidiani.
Nell’album vi sono brani acustici dove ad accompagnare la voce sono un pianoforte e un basso elettrico. Parliamo di “Lucìa” la storia di tanti esiliati cileni che ritornano nella terra natale. Il brano, tra una sfumatura ritmica e l’altra, contiene frammenti di un discorso del Presidente Allende. Sullo stesso stile ma più melodico emerge anche “Rashid” che questa volta è la storia di un giovane migrante, una storia già scritta, una storia ancora da scrivere. Entrambi i personaggi portano in sé la speranza o l’illusione di un futuro migliore.
Questo album ha però un cuore più duro che spazia dal rock all’indie in quattro brani.
“Facciamo i Nomi Parte II” è una rock-song dal giro armonico molto orecchiabile e una strofa che non si scosta dalla mente. Il testo del brano, sottointitolato “Canto di civile indignazione”, è diretto e abbastanza pungente. Più scatenata si apre, invece, “Garibaldi sulla Luna” con un rock-pop dal groove pesante e riff di chitarra elettrica molto curati. La ritmica acustica in secondo piano scandisce il tempo e sostiene il solo di chitarra di Max Cottafavi.
“Il Giorno dei Giorni” racchiude un binomio voce femminile e overdrive della chitarra elettrica che ricorda un po’ il rock anni ’90 dei Cranberries e “Frammenti” manifesta venature funky e indie-rock immerse in un testo saturo di metafore.
La voce di Greta Fornasari, accompagnata dal suono dell’arpa celtica e dal violino, racconta la storia d’amore di “Paola e Francesca” vittime dei pregiudizi culturali. Varchetta ha scelto non a caso una voce femminile, limitandosi, in questo brano, alla chitarra. La strofa è solitamente priva di fonte ritmica, quasi a sottolineare l’intimità ma che sfocia in un ritornello pop leggero.
Un’onda sudamericana a ritmo di charango e guiro narra di chi affronta la vita a testa alta. Un ritmo reggaeggiante e il suono del violino a richiamare l’idea di libertà: è “Sorrido al nemico”, dedicato all’ America latina.
“Sonia” è una riflessione pop dalla migliore tradizione italiana sui lavoratori precari, sulla disoccupazione e sulla fatica fisica e psicologica. Cenni bluegrass in salsa funky-rock si notano in “Parole per radio”. Infine, a chiudere il percorso di Varchetta, è il porto di Marghera in “Nordest” che vede il cantautore duettare con Greta Fornasari con chitarra acustica e armonica.
Ogni traccia è un tema, ogni titolo è un capitolo di questo Pianeta. Musica ‘impegnata’, come si diceva una volta, quella del cantautore di Cavriago. Per smuovere le coscienze e risvegliare la capacità di indignarsi contro l’indifferenza.
Fabrizio Varchetta – Sorrido al nemico