CamCom, arriva il contrattacco di Confindustria Mancini: «Catania da sola? Pronti a parlarne»

Nella sede di Legacoop, in via Santa Maria di Betlemme, arriva una risposta punto per punto alla dichiarazioni rese ai giornalisti due giorni fa dalla cordata costruita intorno a Confcommercio. Addirittura, l’ex ad di Sac Gaetano Mancini proietta delle slide contenenti i virgolettati dal presidente provinciale dell’associazione dei commercianti Riccardo Galimberti e del presidente della Camera di Ragusa Giuseppe Giannone. Per smontarli pezzo a pezzo. Dopo lo stop alla fusione dei tre organismi camerali del sud-est decretata dal ministero dello Sviluppo economico su richiesta del presidente della Regione Rosario Crocetta, i due fronti continuano a sfidarsi a distanza. Martedì Galimberti, coinvolto nell’inchiesta della procura etnea sui presunti elenchi gonfiati di associazioni, aveva adombrato sospetti su «oltre 3800 imprese iscritte negli elenchi di associazioni artigiane avversarie». In particolare su questo punto si concentra l’intervento di Mancini, oggi presidente regionale di Confcooperative. «Non può certo valere il principio secondo cui – esordisce – se il reato lo commettono tutti, allora non esiste più. E in ogni caso non si tratta di falsificazioni, ma di imprese tagliate». Cosa significhi lo spiega poco dopo. Ma al termine dell’incontro con i giornalisti arriva una parziale apertura al fronte guidato da Pietro Agen: «Noi rimaniamo convinti della bontà dell’ipotesi di accorpare le camere di Catania, Ragusa e Siracusa – dichiarano assieme Mancini e il presidente di Fida Artigiani Salvatore Bonura – Galimberti però ha prefigurato uno schema diverso, con il capoluogo etneo separato dagli altri due. Ebbene, se la nostra controparte vuole mettere un freno alle contrapposizioni e discuterne, siamo disponibili ad avviare un tavolo». Nelle sedi di rappresentanza, puntualizzano. 

Il taglio delle 3800 associazioni artigiane. Secondo Mancini, le quasi quattromila imprese di cui ha parlato Galimberti sono state tagliate in sede di verifica degli elenchi. Le liste di imprese iscritte a ogni singola associazione sono state vagliate lo scorso anno dal commissario per l’accorpamento Alfio Pagliaro. Sono fondamentali, perché – dopo averle analizzate – il commissario assegna i 33 seggi dell’assemblea accorpata, oggi sospesa, sulla scorta di quattro parametri: numero delle imprese, numero dei dipendenti, valore aggiunto e contributo camerale. La prima impostazione è verificare a campione il cinque percento delle imprese. Poi si passa al 30 per cento. L’intensificarsi dello scontro tra le parti porta a un innalzamento delle verifiche sul 100 percento degli iscritti. In soli cinque giorni. «Non ci è stata dato il tempo materiale per produrre tutta la documentazione», lamenta Mancini, che mostra una diapositiva con le tabelle risultanti dai controlli. A Confcommercio vengono tagliate cinque imprese, per altro con sette nuove ammissioni. I dipendenti tagliati sono circa 400. Sul raggruppamento confindustriale invece cala la scure: vengono eliminate dagli elenchi 5411 imprese per oltre 12mila lavoratori. «Le 3800 imprese artigiane di cui si è discusso sono in quel gruppo» sostiene ancora Mancini. 

Le contestazioni sulle imprese iscritte a Confcommercio. Al tavolo degli oratori, accanto a Mancini e Bonura, siedono Orazio Platania di Upla Clai, Andrea Milazzo della Cna, Salvo Falletta di Legacoop e Fabio Micalizzi, della Federazione armatori siciliani. Il controcanto alle posizioni della fazione opposta prosegue con i potenziali rapporti di forza nell’assemblea, il cui insediamento, previsto prima per il 14 febbraio, poi per il 28 dello stesso mese, è stato fermato dal Mise. «Se pure le contestazioni di Confindustria fossero fondate, non sarebbero cambiati affatto», ha dichiarato Galimberti. Pur senza dati ufficiali, i confcommercianti  hanno fatto circolare stime schiaccianti: 24 a 7 secondo alcune fonti, 22 a 9 secondo altre. Mancini ribalta questa visione: «Secondo le nostre stime, e tenendo fuori i potenziali falsi degli elenchi, le irregolarità nelle procedure potrebbero valere sei o sette seggi. I falsi tre o quattro. Dunque stiamo discutendo di un numero di seggi che va da nove a undici. Altroché se i rapporti di forza – insiste – sarebbero cambiati». Vengono inoltre fatti i nomi di grandi imprese che Confcommercio considera iscritte alle proprie associazioni, ma che – con tanto di documentazione mostrata oggi ai cronisti – ne sarebbero uscite da anni. Gruppo Abate, Cnos, Dusty, Sma, Coin, Man power, Multiservizi e Pubbliservizi. Poche, certo, ma danno lavoro a 3784 dipendenti. In tutto, le contestazioni di questo tipo sarebbero un centinaio. 

L’apertura di dialogo. Ma è un’apertura? Come detto, Mancini e Bonura si sono detti disponibili a intavolare un confronto su uno schema di accorpamento che preveda una posizione separata dell’organismo camerale di Catania, che in virtù del rango di Città metropolitana (e anche in base al numero minimo di imprese iscritte previsto dalla riforma Madia, almeno 80mila), potrebbe andare da solo. A quel punto si tratterebbe di fondere le Camere di Ragusa e Siracusa. Proprio dalla città aretusea sono partiti negli scorsi mesi segnali di insofferenza che hanno convinto Crocetta a chiedere un parere al Mise. Confcommercio, tuttora persuasa di avere un’ampia maggioranza nell’assemblea accorpata, aveva in effetti fatto ventilare un’ipotesi del genere già una quindicina di giorni fa. Sono schermaglie tattiche o le parti si stanno annusando? Ad oggi, in ogni caso, non si hanno notizie sulla calendarizzazione della conferenza Stato Regioni che dovrà dipanare questa intricata matassa. 


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