Bando per recuperare i beni culturali non utilizzati «Fino a mezzo milione per concederli alle comunità»

Quattro milioni di euro, destinati ai proprietari di beni di pregio storico, artistico e culturale e alle associazioni, per recuperare e valorizzare i beni inutilizzati nel Mezzogiorno. L’opportunità arriva dal bando Il Bene Torna Comune, promosso dalla Fondazione con il Sud, e giunto alla quarta edizione. I proprietari di immobili presenti in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia potranno metterli a disposizione delle comunità locali, tramite un regolare contratto di affitto, per un periodo di almeno dieci anni anni e, successivamente, rivolgendosi alle associazioni non profit potranno accogliere le proposte di valorizzazione. «Le strutture che potranno essere candidate dai proprietari sono i beni di valore storico-artistico, che non necessitino di interventi di ristrutturazione troppo profondi e che siano ubicati in posizione favorevole rispetto alle comunità di riferimento – spiega il direttore generale della Fondazione Marco Imperiale -. Sono esclusi, invece, ruderi, giardini, parchi, cave, piazze, cimiteri, sorgenti, terreni o altri beni ritenuti non idonei alle attività previste». 

Il bando prevede due fasi. Entro il 30 marzo, amministratori e proprietari, che possono essere persone fisiche e giuridiche, enti pubblici e privati, potranno inviare alla Fondazione una manifestazione di interesse con cui si impegnano, tra l’altro, a riservarle l’onere e il diritto di individuare il miglior intervento di valorizzazione del bene e, di conseguenza, di selezionare l’ente del Terzo settore a cui concederanno l’utilizzo del bene per almeno un decennio. Il proprietario dovrà indicare il canone annuale che l’organizzazione eventualmente assegnataria dovrà corrispondere. Nella seconda fase, che si concluderà alle 13 del 27 luglio, gli enti potranno presentare progetti di valorizzazione in un’ottica di uso comune e di restituzione alla collettività degli immobili. Le proposte potranno essere presentate da partnership composte da almeno tre soggetti, di cui due organizzazioni di Terzo settore, oltre a istituzioni, università, mondo economico e della ricerca. «La gestione dei beni in chiave comunitaria ha un duplice significato – aggiunge Imperiale -. Il bene deve essere utilizzato in forme e per attività che lo rendano direttamente fruibile dalla comunità, e, viceversa, affinché la comunità si attivi per pensare e creare le condizioni per l’utilizzo del bene. L’immobile – aggiunge – diventa così uno strumento per attivare energie sociali inespresse e per stimolare processi di collaborazione e cooperazione tra i cittadini». 

Il contributo massimo concesso da parte della Fondazione è di 500mila euro. Il bando prevede una quota di co-finanziamento a carico dei proponenti pari ad almeno il 20 per cento del costo complessivo. La quota destinata alla copertura dei costi di ristrutturazione, restauro, adeguamento e investimento produttivo non potrà superare il 50 per cento dei costi totali. «L’importanza del partenariato proponente, della coerenza con gli obiettivi generali del bando e la sostenibilità nel tempo delle attività proposte saranno alcuni dei principali criteri di cui si terrà conto per stilare la graduatoria – aggiunge Imperiale -. E se riusciremo a rispettare la tabella di marcia prevista, entro la fine dell’anno riusciremo a erogare i contributi». La Fondazione valuterà man mano gli immobili pubblicando una scheda di quelli ritenuti idonei sul sito www.ilbenetornacomune.it. «I beni di pregio storico-artistico già valorizzati nell’ambito dei nostri progetti sono 25 – ricorda il direttore generale -. Nelle due precedenti edizioni abbiamo erogato complessivamente oltre otto milioni di euro e i progetti che le organizzazioni del Terzo settore stanno realizzando al loro interno sono molto eterogenei. Si va da iniziative che promuovono la tutela dell’ambiente, ad esempio mediante il turismo slow, fino alle residenze artistiche; da incubatori che accompagnano i giovani nella realizzazione delle loro idee imprenditoriali a veri e propri musei. In generale – conclude Imperiale – un elemento che accomuna le iniziative è il coinvolgimento delle fasce più deboli». 


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