Le ombre sul cantiere infinito al tribunale di Caltanissetta Eminenza grigia dietro le società fatte fallire di proposito

L’ombra della mafia e il mondo dell’antimafia tornano a incrociarsi nel peggiore dei modi nell’inchiesta della procura di Caltanissetta che ha portato al sequestro di tre imprese, coinvolte a vario titolo nel settore degli appalti, e alla notifica di sette misure cautelari, di cui una ai domiciliari. L’indagine, iniziata sei anni fa, è stata portata avanti dalla Dia e si è concentrata sull’appalto che, nel 2011, era stato indetto dal Provveditorato alle opere pubbliche della Sicilia e della Calabria per l’ampliamento del tribunale nisseno. Lavori aggiudicati da un consorzio, denominato Co.Ro.Im, che nel giro di un paio di anni sarebbe stato fatto fallire volontariamente per passare la palla a un altro soggetto simile, il consorzio stabile Virgilio. Tutte manovre tese, secondo gli inquirenti, a distrarre fondi a favore dei privati e a discapito dell’interesse pubblico. Quasi un decennio dopo, infatti, il cantiere affianco di uno dei palazzi di giustizia più importanti della storia recente, siciliana e non solo, è ancora lì. Fermo.

Regista occulto, e principale indagato in un’inchiesta che per il momento non contempla ipotesi di reati di mafia, sarebbe stato Francesco Scirocco. Di origine messinese, l’imprenditore è finito ai domiciliari. Nel suo passato c’è anche una condanna per concorso esterno per la vicinanza al clan dei Tortoriciani. Coinvolti anche gli imprenditori Michele e Giacomo Iraci Cappuccinello – anche loro di origine messinese, ma da tempo stabili nel capoluogo nisseno -, il brontese Angelo Romano, il sancataldese Aldo Domenico La Marca, il messinese Carlo Giunta e il napoletano Gianpiero Falco. La figura di quest’ultimo, legata al mondo dell’antiracket campano, subentra nel momento in cui i lavori per il palazzo di giustizia vengono rilevati, tramite affitto del ramo d’azienda, dal consorzio Virgilio

Dal sequestro dei documenti e dalle intercettazioni sarebbe emerso una strategia precisa fatta di fallimenti a catena. Un effetto domino che avrebbe avuto come unico obiettivo quello di distrarre risorse verso società controllate dagli indagati, a discapito dei creditori. Ad avere questo destino, per esempio, sarebbe stata l’Impreter degli Iraci; le risorse dell’impresa sarebbero state trasferite alla Gmi e, successivamente, alla Cantieri Generali. Per quest’ultima il tribunale ha disposto il sequestro. 

In mano agli inquirenti, inoltre, ci sarebbero le prove di come i lavori sarebbero stati di fatto affidati esclusivamente ai fratelli Iraci Cappuccinello e all’imprenditore loro vicino La Marca, mentre i consorzi sarebbero figurati soltanto formalmente. Una successiva diatriba tra Falco, quando già il consorzio Virgilio era subentrato al Co.Ro.Im, e gli Iraci Cappuccinello avrebbe creato le condizioni per l’ingresso sulla scena di Giunta, già amministratore della società Eco Ambiente, attiva nel settore dei rifiuti. Dietro a ogni scelta, però, ci sarebbe stato sempre Scirocco. L’uomo avrebbe avuto un filo diretto con l’imprenditore campano, fino a essere assunto formalmente nel consorzio Virgilio.

Se per Scirocco ha disposto i domiciliari, per gli Iraci Cappucinello, Giunta, La Marca, Falco e Romano, la gip Graziella Luparello ha ordinato la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare imprese e incarichi. Disposti anche i sigilli al consorzio Virgilio, alla Cantieri Generali e alla PoliMe, società che si è aggiudicata un importante appalto per la manutenzione del policlinico di Messina.  


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