Parifica e conti in rosso, l’allarme di Miccichè «Non possiamo fallire. Cura? Fare assunzioni»

«Nessuno minimizzi la situazione emersa dalla parifica della Corte dei Conti». Il grido d’allarme arriva dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Micciché, che nella tradizionale conferenza stampa di auguri di fine anno non si nasconde dietro un dito e ammette la gravità della situazione per la Sicilia.

«La dico in maniera brutale – prosegue lo sfogo -: quando c’era la sifilide, il medico non cercava la puttana che aveva causato il contagio, curava il malato. Ecco, da questo momento non interessa più a nessuno di chi siano le responsabilità della situazione. Tentare di minimizzare la parifica è un errore, perché quella del 13 dicembre è stata una giornata impegnativa da parte della politica che ascoltava, perché esiste un problema enorme e questo governo e questo parlamento devono trovare il modo di risolverlo».

Questo governo è totalmente incolpevole, come detto da Musumeci in sede di parifica? «Lo spero. Ma non mi interessa. Sono convinto che questo governo possa tentare di risolvere i problemi, ma non lo potrà fare senza interlocuzione con Roma. Il che non significa presentarsi col cappello in mano, ma con pari dignità, rivendicando tutto quello che di negativo è stato fatto nei confronti della Regione. Non c’è da giocarci: la Sicilia non può fallire, è parte importante del nostro Paese. Il governo nazionale ha il dovere di far tutto il possibile per risolvere la situazione. Però è chiaro che il presidente della Regione e l’assessore all’Economia devono andare a parlare a Roma».

«Se io fossi il regista di un film che deve raccontare la situazione attuale – aggiunge ancora Miccichè – il mio film lo girerei con l’opposizione: oggi il governo è chiamato a risolvere un male che c’è. Io oggi non faccio parte né del centrodestra né del centrosinistra: mi faccio carico di un problema che è di tutti».

A chi chiedeva al primo inquilino di Sala d’Ercole quali riforme dovessero avere la priorità, Miccichè replica: «Non è il momento di parlare di riforme, è il momento di salvare il malato. Siamo a un momento cruciale: o si cura o muore. Poi non c’è dubbio sul fatto che il problema sia sorto nel 2015, ma oggi la responsabilità è di chi governa, di chi ha chiesto un mandato agli elettori, che glielo hanno accordato. E siccome so che non è facile da risolvere da soli, invito il presidente della Regione, senza nessuna vergogna, a chiedere aiuto. Il fatto che le responsabilità siano di altri non lo esime dal trovare una cura».

La cura, secondo Miccichè, deve necessariamente passare da nuove assunzioni alla Regione. «Oggi la Regione – ammette – ha una struttura amministrativa fallita. Non c’è più un direttore, il ragioniere generale è un avvocato. Avremmo bisogno di assumere senza neanche concorsi. La Sicilia sta fallendo: ci si deve mettere in testa che si devono fare assunzioni e concorsi. Si faccia una task force col governo romano, ma anche coinvolgendo la magistratura, la Corte dei Conti, la Regione. Dobbiamo fare le assunzioni perché non c’è più nessuno che dia seguito alle pratiche, abbiamo oltre 140mila pratiche di sanatorie da evadere e nessun impiegato che lo faccia. È solo un esempio, ma significherebbe maggiore gettito per la Regione, senza contare l’indotto che poi porterebbe l’autorizzazione delle pratiche. È solo un esempio, ma serve a dire che se non investiamo, difficilmente ne usciremo. C’è oltre un miliardo da accantonare nei prossimi anni, quanto dobbiamo accantonare? Cinquecento milioni l’anno? In queste condizioni non possiamo fare il bilancio, siamo falliti».


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