Acqua Nestlè-Vera, analisi falsificate. Sei condanne S. Stefano Quisquina da anni contro la multinazionale

Le analisi dell’acqua Nestlè-Vera sono state falsate. E’ con questa motivazione che il tribunale di Catania ha condannato un manager e un consulente della affiliata siciliana alla multinazionale svizzera, insieme al direttore del laboratorio d’igiene ambientale dell’università di Catania e altri due tecnici. L’acqua Vera viene imbottigliata nel cuore della Sicilia, nel Comune di Santo Stefano Quisquina. Il piccolo centro dell’Agrigentino da anni lotta contro la Nestlè, accusata dagli amministratori locali di emungere l’acqua dallo stesso bacino da cui attingono diversi paesi della zona, mettendo a rischio la sua capacità idrica. 

La vicenda relativa alle analisi falsificate inizia nel 2008. E giunge ieri alla sentenza di primo grado. Gli imputati sono stati condannati con pene che vanno da un anno e due mesi a un anno e otto mesi, per «falsità nell’analisi dei campioni dell’acqua Nestlè-Vera». Il verdetto è stato pronunciato dal giudice monocratico del tribunale di Catania Grazia Anna Caserta nei confronti di Salvatore Trainito, consulente dello stabilimento Nestlè-Vera, Piero Severino Viola, manager della Sanpellegrino-Nestlè, Salvatore Sciacca ex direttore del laboratorio d’igiene ambientale dell’università di Catania. I tre sono stati condannati a un anno e otto mesi con pena sospesa. Insieme a loro, Matteo Tironi, direttore dello stabilimento nell’agrigentino, Angela Pantano Lauria e Antonina Ferrara Di Bella, rispettivamente con le mansioni di chimico e assistente universitaria. Questi ultimi condannati a un anno e due mesi, anche loro con pena sospesa. Gli imputati sono stati tutti ritenuti colpevoli, in concorso tra loro, del reato di falsità ideologica in atti pubblici. 

Al centro della vicenda il presunto aggiustamento dei parametri nelle analisi microbiologiche alla fine del 2008. Tutto sarebbe iniziato con un prelievo risalente al 23 ottobre di quell’anno, in cui i protagonisti principali della vicenda, ovvero Trainito e Viola  rispettivamente consulente dello stabilimento di Santo Stefano e manager della Sanpellegrino-Nestlè – intercettati al telefono definivano i dati, con tono preoccupato, come «sballati e fuori legge». 

In questo contesto, secondo la tesi dell’accusa, sarebbe entrato in scena, per occuparsi delle verifiche, il professore universitario Salvatore Sciacca. «Volevamo ripetere i prelievi – chiedeva il consulente Trainito al docente – c’è stato qualcosa che non andava nell’impianto, ma adesso abbiamo sistemato tutto». Registrazioni che dimostrerebbero in maniera chiara e «impietosa», per l’accusa sostenuta dal sostituto procuratore Angelo Busacca, che le analisi avrebbero subito delle alterazioni. 

Il direttore del laboratorio d’igiene – bollato dal pm durante la requisitoria come «uno strumento» al servizio di Trainito e Viola – si sarebbe prestato alle loro richieste: «Le facciamo tra noi – rispondeva Sciacca al consulente della Nestlè-Vera – e poi mettiamo una data ufficiale». In questo contesto si sarebbe arrivati all’accordo per condurre le analisi in maniera informale, mentre secondo la normale procedura sarebbe dovuto essere presente il personale dell’Azienda sanitaria locale.

I successivi controlli, comunque, non sarebbero andati bene. Da qui la scelta «di un nuovo viaggio a Catania» nel dicembre 2008, per la revisione dei parametri. A Sciacca, secondo quanto riferito in aula da Busacca, sarebbe stato recapitato una confezione di salsicce, «nulla di penalmente rilevante in quest’ultimo caso», ha precisato il magistrato, che però ha sottolineato «un certo modo di operare tutto siciliano». La correzione finale, che avrebbe portato a far risultare le analisi rispondenti ai criteri richiesti, dopo i vari tentativi andati a male, sarebbe avvenuta il 7 gennaio 2009. Per far fronte alla sostituzione di un foglio, l’assistente universitaria Di Bella chiedeva anche quale penna avrebbe dovuto utilizzare per non destare sospetti. Se di colore nero o blu.

Secondo i difensori, invece, non ci sarebbe stato nessun aggiustamento. Nessuna prova, nemmeno per quanto riguarda l’invio al ministero della Sanità di analisi falsificate. Nel processo, l’unica imputata assolta per non aver commesso il fatto è stata Rosaria Fina, moglie di Trainito, che secondo l’accusa era comunque «pienamente a conoscenza della frode». 

Una notizia che si inserisce nella lunga battaglia che vede contrapporsi la multinazionale svizzera e il Comune di Santo Stefano. Quest’ultimo ha cercato invano di fermare il raddoppiamento della capacità di emungimento dell’acqua da parte di Nestlè. Che, da un paio di anni, per decreto del Tribunale superiore delle acque, può disporre di 20 litri d’acqua al secondo. «Grazie alle piogge abbondanti – spiega il sindaco Francesco Cacciatore – questo non ha inciso sulla capacità della fonte che è la stessa che permette di avere l’acqua corrente nelle case di una decina di Comuni dell’Agrigentino. Ma continuiamo a vigilare perché in futuro la natura potrebbe non essere così generosa e noi rischiamo, come in passato, di avere carenza di acqua». Il Comune di Santo Stefano aveva ottenuto dall’ex assessore regionale all’Energia, Niccolò Marino, l’istituzione di una commissione tecnica esterna che aggiornasse gli studi sul bacino idrico, risalenti agli anni 80. Ma nulla è stato ancora fatto. 


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