Aci Sant’Antonio, Di Stefano lancia la sfida a Caruso «Dichiarare dissesto? È stata una scelta scellerata»

Quarantadue anni, sposato, tre figli: Antonino Di Stefano, imprenditore che insieme ai fratelli gestisce la storica impresa familiare che si occupa di vendita di prodotti all’ingrosso, si candida come principale competitor di Santo Caruso, sindaco uscente di Aci Sant’Antonio. La sua figura è stata decisa da tutte le anime del centrodestra cittadino attraverso una votazione che si è svolta in due occasioni. Si definisce «la sintesi di tutte le forze del centrodestra. Abbiamo l’obiettivo di rinsaldare le radici del santantonese col territorio, cosa che non è stata fatta in questi anni». Deciso ad abbassare la tassazione «portata al massimo col dissesto», tra i suoi progetti anche un impianto a di illuminazione led capace anche di svolgere operazioni di videosorveglianza. Di Stefano è stato consigliere dal 2008 al 2013 a sostegno dell’ex primo cittadino Pippo Cutuli. Mentre in quest’ultima consiliatura ha svolto per pochi mesi il suo mandato. «Per una questione di differenza di vedute, non ho ritenuto opportuno continuare», dice.

Antonino Di Stefano, dopo un’attività politica all’opposizione all’attuale amministrazione, si candida a rappresentare il centrodestra. Perché ha deciso di affrontare questa sfida?
«La mia famiglia è stata da sempre in politica, io ho avuto sempre la passione per il territorio. Voglio essere la sintesi delle sei forze che mi rappresentano e insieme a loro vorrei governare questo Comune».

A differenza della scorsa tornata elettorale in cui la coalizione si è presentata frammentata, adesso può contare sul sostegno di tutti i partiti di centrodestra. Nel caso in cui foste chiamati a governare, non sarà difficile mantenere la sintonia tra tutte queste anime politiche?
«Amministrare un Comune non è una cosa facile. Ognuna delle espressioni politiche sarà ben rappresentata con un assessorato, in più abbiamo firmato un documento comune in cui ciascuno si fa garante dell’altro: una teoria dei vasi comunicanti in cui tutti si fanno tutori di tutti».

Situazione finanziaria. Lei rimprovera all’amministrazione Santo Caruso di avere dichiarato il dissesto. Qual è la sua ricetta per mantenere in buona salute lo stato delle casse comunali? Abbasserà le tasse come più volte affermato?
«La scelta del dissesto intrapresa cinque anni fa è stata un atto scellerato. Oggi è più che mai necessario riformulare il carico fiscale. Chi in passato ha investito nell’immobile e chi ha un’attività come la mia viene pesantemente penalizzato. La prima cosa che farò è proprio rimodulare in maniera equa la tassazione pur mantenendo i servizi necessari».

In varie occasioni pubbliche ha affermato che sono necessarie delle politiche per il rilancio del turismo e dei giovani. Quali sono le ricette? Non potevano essere attuate anche negli anni passati in cui governavano personalità che oggi la sostengono?
«Tutti parlano di giovani e di turismo, ma poi non ci sono i piani di sviluppo. Noi abbiamo deciso di «programmare insieme il nostro futuro»: non è solo il nostro slogan, ma il chiaro significato che prima di intraprendere una decisone bisogna programmarla. Con l’amministrazione guidata da Cutuli si era fatto tanto, Aci Sant’Antonio cominciava a riemergere da quella coltre di cenere che la teneva coperta. Con l’arrivo di Caruso questa coltre ha seppellito i santantonesi, col dissesto li ha sotterrati totalmente. Quando in un Comune non c’è economia, quando i giovani vanno fuori paese, la città si svuota. Il nostro obiettivo è quello di far attaccare i giovani al territorio. Creando dei centri di aggregazione: centri sportivi che oggi sono a norma devono essere aperti, il campo comunale deve essere ridato alle associazioni santantonesi. Bisogna creare una sinergia tra tutte le associazioni sportive e radicarle nel territorio».

Sarebbe d’accordo ad accogliere una quota di migranti qualora ce ne fosse la necessità?
«Avevamo lo Sprar, che doveva essere il fiore all’occhiello della città, gestito da una cooperativa su cui toccava al sindaco vigilare. Lo Sprar doveva essere un vanto della città, ma così non è stato. Mi è capitato anche di vedere i migranti che protestavano, e forse certe proteste erano superflue perché probabilmente chiedevano più di quello che si poteva dare loro. Se parliamo di solidarietà, e i Comuni devono intervenire in tal senso, anche Aci Sant’Antonio sarà tenuta ad accogliere queste persone che per andare via dal loro Paese avranno qualcosa da temere. Sempre con le dovute regole».

In cosa si differenzierà la sua coalizione rispetto a quella dell’attuale sindaco qualora andasse a governare?
«In questi cinque anni la politica non è stata un collante tra cittadino e territorio, ma solo un elemento di scissione. Il primo obiettivo è quello di coinvolgere tutti i santantonesi, specie quelli delle frazioni, dove in certi casi manca ancora l’acqua e non c’è illuminazione».

In questi giorni ha anche parlato di un bisogno di sicurezza. Aci Sant’Antonio è un paese insicuro? Perché?
«Termine inteso su più fronti: dalla sicurezza stradale a quella sul territorio. Chi si trova per strada a una certa ora del giorno non si sente sicuro, proprio per la mancanza di illuminazione. Per questo abbiamo visto che c’è la possibilità di accedere a un finanziamento europeo con il 50 per cento a fondo perduto che ci permetterebbe di realizzare un impianto a led che sia funzionale anche come impianto di videosorveglianza. Risparmieremo tanto di energia elettrica che andrebbe ad ammortizzare il costo iniziale del progetto. Sul piano viario, vorremmo attuare un principio di economicità. Bisogna evitare di frazionare il lavoro in più ditte, ma indire un’unica gara pubblica con un bando per tutto il territorio».


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