Shoah, no alla legge anti negazionisti Storici: «Le verità ufficiali sono pericolose»

Circa sei anni fa fummo i promotori di un appello, che raccolse l’adesione di circa duecento storici, che voleva impedire l’approvazione della legge che intendeva punire la negazione della Shoah e dei genocidi. L’anno scorso è stato riproposto un disegno di legge analogo e in questi giorni il Parlamento, sull’onda delle emozioni suscitate dall’anniversario del rastrellamento nazista del Ghetto di Roma e del funerale di Priebke, sembra intenzionato ad approvare al più presto un testo che, molto più genericamente, condanna “chiunque nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio o contro l’umanità”.

Perché, come cittadini e come storici, continuiamo a essere contro una simile legge? Innanzitutto perché essa è ambigua, di difficile interpretazione e di ancor più difficile attuazione. Sulla definzione di genocidio e su quali siano stati i genocidi nella storia, tranne qualche caso, non vi è accordo neppure tra storici o tra giuristi, e ancor meno su quali vadano considerati i crimini di guerra e contro l’umanità. Solo quelli che sono stati sanzionati come tali a Norimberga? O quelli che un tribunale (internazionale, ma forse anche nazionale) ha definito in questo modo? È il giudice a stabilire caso per caso a quale decisione di tribunale o interpretazione di studiosi rifarsi?

Nei paesi in cui sono state applicate, le leggi antinegazioniste hanno offerto – attraverso la copertura mediatica dei processi cui hanno dato luogo – una tribuna per la propaganda di tesi ignobili altrimenti completamente ignorate dall’opinione pubblica: perché cadere in questo tranello? La verità non può essere fissata per legge – come avviene nei regimi totalitari – o nelle aule dei tribunali, ma raggiunta attraverso una ricerca condotta liberamente dagli studiosi del passato, basata su una moltitudine di fonti che includono anche le testimonianze dei protagonisti: è così che la Shoah si è inscritta nella coscienza storica del mondo contemporaneo. Le verità ufficiali sono pericolose, come hanno sottolineato gli storici nei paesi in cui queste leggi sono state promulgate.

Se il nostro obiettivo deve essere quello di contrastare la diffusione di atteggiamenti negazionisti – spesso ingenuamente ripetuti da giovani o persone del tutto ignare di ciò di cui stanno parlando – non possono che essere la ricerca e l’educazione le strade maestre per combattere questa deriva per fortuna ultraminoritaria (visto che per la repressione di coloro che usano il negazionismo come strumento di odio o di apologia di reato le leggi già ci sono). Fare una legge crea la perversa convinzione che il problema è risolto, e quindi può essere accantonato e rimosso. Mentre occorrerebbe una vera campagna educativa, nelle scuole e nei mezzi di comunicazioni di massa, chiamando a partecipare l’intera società. Il razzismo si sconfigge con l’educazione, la cultura e la ricerca; le manifestazioni di odio e apologia di razzismo con le leggi che già esistono.

di Marcello Flores, Simon Levis Sullam ed Enzo Traverso, curatori della Storia della Shoah della Utet

[Foto di Deanna Roberts]


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I tre studiosi Marcello Flores, Simon Levis Sullam ed Enzo Traverso, curatori della Storia della Shoah della Utet, rinnovano in una lettera aperta il loro appello contro l’approvazione della legge che intende punire la negazione dei crimini contro l'umanità e dei genocidi. Una norma, di nuovo in discussione in Parlamento dopo il recente anniversario del rastrellamento nazista del Ghetto di Roma e il funerale di Priebke, definita dai tre «ambigua, di difficile interpretazione e di ancor più difficile attuazione»

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