Il coronavirus ha cambiato i rapporti tra le persone, anche quelli tra chi ha relazioni extraconiugali. «Rischiare vuol dire vivere?», chiede Stefania ai nostri esperti. E poi c'è Marco che vuole capire come spiegare la sua cicatrice dopo un tumore al seno. Sì, maschile
PostaDelCuore #4, gli amanti ai tempi del Covid
Scrive Stefania:
«Sono l’amante di un uomo sposato. Non penso di essere biasimabile, sono una delle tante che passa
le feste da sola, che fa le vacanze da sola, che mantiene in piedi la “sua” famiglia, con il solo fatto di
esistere e di essere una spalla per quest’uomo, che si divide perfettamente nei due ruoli. Niente di
nuovo sotto il sole e tantomeno sotto le lenzuola. Ho accettato e non posso lamentarmi. Però adesso
il problema esiste, reale e tangibile: si chiama Covid-19. Lui, egoista e narcisista, vorrebbe
continuare a tenere il piede in due scarpe, ma io ho paura. E non solo per me, ma anche per la sua
famiglia. Lui ovviamente minimizza e arriva pure a dire assurdità del tipo: “Stiamo attenti e non ci
baciamo sulla bocca“. Ma vi pare? Mi sembra di risentire Julia Roberts in Pretty Woman. Finalmente, l’altra sera, mi sono decisa e gli ho detto che per ora le nostre strade si dividono, per rispetto di tutti.
Lui ha fatto finta di accettare, ma da allora mi tempesta di messaggi dimostrando un affetto che
reputo sincero e davvero quasi mi stupisce. Non voglio tornare sui miei passi, anche se adesso sono
ancora più sola e, pensando ai sacrifici di anni, a volte mi domando: forse rischiare vuol dire vivere?».
La risposta di Flaminia
Cara Stefania, a parte che oggi sembra vero il contrario, per voi probabilmente è così.
Ora, è vero che se uno dei due è positivo, il contatto necessariamente ravvicinato durante un
rapporto sessuale (l’idea della mascherina o del distanziamento, in quel frangente, mi pare ridicola)
espone a contagio sicuro. Anzi, basta anche starsene una sera a scambiarsi coccole sul divano, mica il
virus ha bisogno del Kamasutra. Capisco dunque i tuoi scrupoli. Io non ti biasimo e non ti giudico,
pensare alla sua famiglia ti fa onore ma, per me, si tratta di capire di cosa è fatto il vostro rapporto.
Perché «dividere le strade» solo perché è meglio non incontrarsi? Esistono da sempre relazioni a
distanza che superano problemi non indifferenti. La tecnologia di oggi le aiuta molto. Non ti devo
suggerire come, ma insomma se pensi che valga la pena proseguire questa relazione, proponigli
qualche sfantasiamento online e non perdere il contatto affettuoso con lui tramite messaggi. Se, invece, sei comprensibilmente stanca di stare sola e doverti accontentare, non dare la colpa al Covid:
vai per la tua strada e troverai di meglio.
La riposta di Lucio
Stefania, l’espressione “Stiamo attenti e non ci baciamo sulla bocca” si presta già a una serie
di commenti che vanno da gustoso al becero, quindi mi astengo. Quello che non mi torna è il “per
ora”. Quindi, dai per scontato che tutto il resto sia lecito e che potrete riprende non appena sarà
disponibile il vaccino? In ogni caso, questa tua lettera solleva un aspetto tra i meno considerati di
questa emergenza. Qui tutti fanno sesso con tutti e nessuno si preoccupa delle implicazioni morali,
oltre che del fatto che esiste ancora una pletora di malattie sessualmente trasmissibili. Certo è che
lui in questo frangente non sta dando grande prova di altruismo, ma tant’è. La tua lettera chiede
forse uno sdoganamento, una approvazione della tua relazione, o preferisci un pippotto sulla non
liceità di certe relazioni, a prescindere dal Covid? Fai così, lascia passare questo periodo e poi prendi
una decisione. Tanto, da quanto capisco, se non è lui, sarà un altro.
***
Scrive Marco, quasi 40enne:
«Ho scoperto durante un controllo di avere un tumore al seno. Succede anche agli
uomini, in numero minore, ma succede. Alcuni credono che quasi quasi io sia gay per questo. È
frustrante tanto da non dire più il perché della mia cicatrice. Credete che la società possa capire che
non è così?».
La risposta di Flaminia
Non ne sono completamente sicura. Nonostante i notevoli passi avanti per i diritti Lgbq, viviamo ancora in un clima piuttosto maschilista, omofobo, denso di sospetto (anche nei confronti
delle vere patologie, come la tua). La tua lettera purtroppo lo conferma. Ma vedi, se fossi gay avresti
mille ragioni per lottare e vivere a testa alta e io per prima ti incoraggerei a farlo. In questo caso,
devi solo combattere contro una forma di stupida ignoranza. Prendili in giro, se lo meritano. Non
parlare di tumore ma di una cisti. Oppure renditi interessante con la storia che è un tumore
rarissimo e dipendente da un fattore ereditario (il che può essere anche vero), infatti ce l’hanno
avuto tuo nonno e uno zio. Ma la cosa migliore forse è affrontare il toro per le corna e alla prima
domanda sulla cicatrice spiegare subito che «alcuni idioti pensano che sia gay a causa di questa
malattia che ho avuto». Forza Marco!
La risposta di Lucio
So di che parli, ho perso un amico nello stesso modo. La cicatrice? Oggi la chirurgia estetica fa
miracoli, l’importante è che tu sia guarito. Puoi sempre dire che è un ricordo di una rissa in un
bassofondo di Amburgo. Fa molto figo, sai? Stammi bene.