Il centrosinistra dopo le Europee, parla Fausto Raciti «Claudio Fava chiama il Pd? Interlocuzione possibile»

Un centrosinistra nuovamente di governo. La strada per le prossime Regionali è lunga ma c’è già chi comincia a pensarci e nei movimenti politici post Europee potrebbero scorgersi i semi del quadro che troveremo ai nastri di partenza della prossima competizione elettorale. Ma non solo. I toni sempre più accesi a Roma tra Lega e Cinque stelle, secondo alcuni, potrebbero innescare davvero una crisi di governo. A parlarne è l’ex segretario del Pd in Sicilia e attuale deputato nazionale Fausto Raciti. 

Raciti, che lezione deve ricavare il Pd dal voto delle Europee?
«Il dato in leggera crescita testimonia che uno spazio c’è e tutto sta nel coltivarlo senza timidezze. In Sicilia vengono premiate due candidature dalla caratterizzazione politica e simbolica che parlano a mondi diversi, oltre lo schemino “apriamo al centro o apriamo a sinistra”. Bartolo in particolare rappresenta una figura di forte contrapposizione alle politiche di questo governo».

Bartolo può avere un ruolo politico nella ricostruzione di un centrosinistra largo?
«Questo lo deciderà lui. Certo al suo nome sono collegate speranze. Intanto porterà le sue battaglie dentro le istituzioni, a Bruxelles, e di questo c’era bisogno». 

E il ruolo del Pd in Sicilia quale deve essere? A chi deve guardare per tornare forza di governo?
«Il Pd deve lavorare su se stesso e rafforzarsi. La situazione della Regione è diversa da quella nazionale, perché diverse sono le leggi elettorali. A Palermo si vota in un sistema di coalizione e il Pd non deve perdere l’ambizione a costruire una coalizione larga, guardando i soggetti disponibili a fare un percorso insieme a noi». 

Claudio Fava nelle ultime settimane ha esplicitamente aperto a una collaborazione.
«Fava è un interlocutore, ma non metterei il carro davanti ai buoi, le Regionali sono ancora lontane e lavorerei più su contenuti e alleati che su candidati alla presidenza».

Eppure la politica siciliana è in fibrillazione. Come valuta l’idea della casa dei moderati a cui lavora Micciché?
«A me sembra che, qualora nascesse, questo progetto avrebbe un enorme problema di collocazione sul piano nazionale. O Forza Italia rompe con Salvini nelle regioni o, per costituirlo, Miccichè dovrà rompere con Forza Italia. Se non avverrà nessuna delle due cose sarà solo gioco parlamentare». 

Crede che il governo Lega-M5s abbia vita breve?
«No, tuttaltro. Già prima delle Europee pensavo che non sarebbe successo niente e ne sono convinto tutt’ora. In campagna elettorale hanno provato a occupare maggioranza e opposizione contemporaneamente ma non ha funzionato. Gli italiani se ne sono accorti e hanno punito il Movimento 5 stelle, in un travaso di voti tra i due partiti di maggioranza. Ora secondo me non succederà niente se non, al massimo, un piccolo rimpasto».

Qualcuno invece torna a ipotizzare un avvicinamento Pd-Cinque stelle nel caso si tornasse al voto. 
«Questo qualcuno dovrebbe farsi vedere da un bravo medico. I liberali prima del fascismo facevano liste e alleanze con Mussolini convinti di dominarlo. Sappiamo com’è finita. Loro sono contro il parlamento. Noi siamo per il parlamento. Loro sono per il reddito. Noi per il lavoro. Loro tifano per la forca, noi per lo stato di diritto. Sono nati con l’obiettivo di cancellarci dalla faccia della terra e sostituire la sinistra col populismo, cosa altro deve succedere perché ce ne rendiamo conto? I Cinque stelle, come la Lega, sono avversari e vanno sconfitti».


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