Preoccupandosi delle poltrone, si perde il palazzo

L’approvazione del nuovo regolamento della Scuola Superiore di Catania riesce laddove si era finora fallito: uccidere l’unica istituzione di eccellenza da Pisa in giù. Dopo oltre dieci anni di successi e 30 milioni di investimenti. Il nuovo regolamento cancella ogni riferimento alla residenzialità e al merito e declassa la formazione complementare d’eccellenza – finora erogata dalla Scuola – a dei percorsi didattici integrativi senza alcuno standard qualitativo. In questo modo, insomma, si tiene in vita la Scuola svuotandola di ogni senso e contenuto, tra cui la mobilità internazionale degli allievi e l’avviamento precoce alla ricerca. Cosa c’è di sbagliato?

Rettore e Senato Accademico mostrano, con questa decisione di non avere un piano di lungo periodo per l’Ateneo. La manovra non è infatti legata a mancanze di fondi. Ma si decide comunque di privare l’Ateneo di un centro di Eccellenza conosciuto a livello mondiale e terreno fertile per la crescita dei talenti siciliani altrimenti forzati a costruire il proprio futuro al nord. La motivazione espressa circa l’adozione di queste misure è quella della coerenza con la normativa vigente sul diritto allo studio. Eppure, la cancellazione del merito e l’introduzione del criterio di proporzionalità al reddito per l’accesso ai servizi erogati dalla Scuola sono due prospettive di eccellente miopia. Gli studenti della Scuola non sono infatti studenti come gli altri. E non lo sono per stessa ammissione dell’Ateneo, che li seleziona appositamente. La discriminazione di trattamento prevista dalle misure del diritto allo studio serve a colmare diseguaglianze. La discriminazione di trattamento introdotta alla Scuola Superiore serve a creare diseguaglianze.

Per nostra fortuna quando parliamo di strutturare un’esperienza di eccellenza formativa non abbiamo bisogno di inventare. Abbiamo l’esempio di due realtà che contribuiscono a dare lustro a questo paese da decenni, come la Normale e la Sant’Anna a Pisa. Sulla loro esperienza la Scuola Superiore è stata disegnata, al loro esempio si ispira e da esse è riconosciuta in seno alla Rete delle Scuole d’Eccellenza Italiane. Riconoscimento messo adesso a repentaglio proprio dal Rettore e dal Senato Accademico perché si introducono innovazioni che allontanano completamente la Scuola dal virtuoso esempio delle cugine pisane.

Un pensiero va agli attuali studenti della Scuola. Tutti hanno fatto un’importante scelta di vita, investendo cinque fra gli anni più importanti della loro vita qui, nell’Ateneo catanese. Nonostante ovunque nel mondo sarebbero stati ben accolti. Hanno preso questa decisione sulla base di una promessa che l’Ateneo ha fatto loro. E che adesso unilateralmente ha deciso di cambiare, tradendo ogni fiducia riposta.

Da ex-allievo della Scuola sono deluso. Ma da ex-studente dell’Ateneo di Catania sono arrabbiato. Come è possibile compiere simili scelte, in nome di un’uguaglianza che assomiglia alla notte di Schelling in cui tutte le vacche sono nere? Com’è possibile pensare che sia tutela dell’interesse d’Ateneo ridurre a dormitorio universitario la Scuola Superiore di Catania? Si ignora quel principio di profonda ingiustizia insito nel fare «parti uguali tra diseguali», contro cui non si sono battuti Marx o Lenin, ma quel don Milani tanto caro a quella tradizione cattolica cui il nostro Rettore dice di ispirarsi.

L’eccellenza è per definizione una specialità. Gestirla come qualsiasi altra cosa significa renderla generica, e dunque in ultima analisi negarla. In passato siamo stati più volte divisi circa il concetto di eccellenza e il ruolo che la Scuola dovrebbe avere in seno all’Ateneo, alla città, alla Regione e al Mediterraneo. Non siamo sempre stati tutti d’accordo circa il merito di molte scelte. Ma sempre lo siamo stati sul metodo: in qualsiasi concetto di eccellenza voi crediate non potete che essere d’accordo rispetto al fatto che non esista eccellenza senza una politica di gestione eccezionale e senza un piano di lungo periodo. Per questo, come dimostrano anche i recenti accadimenti, la Scuola deve ritornare al modello del Consorzio o meglio passare ad essere gestita da un’apposita Fondazione. Solo nell’autonomia dalle contingenze della politica nazionale e d’Ateneo è possibile perseguire un progetto d’Eccellenza.

Un’ultima riflessione è per le istituzioni elettive dell’Ateneo, che quasi all’unanimità hanno avallato questa situazione che deploro. Negli anni sono sempre rimasto convinto che il meccanismo di delega democratica non possa essere esportato in gruppi umani (società) al di sotto di determinati livelli di reddito e cultura. Perché da ignoranza ed indigenza mai verranno scelte ponderate. Nonostante siano laureati e benestanti ad eleggere Senato e Rettore, non mi pare che il risultato sia cambiato poi molto. A furia di preoccuparsi delle poltrone, si finirà con il perdere il palazzo.

*Simone Tornabene, 26 anni, vive a Milano dove lavora come Web Strategist. Ha fondato una start-up che si occupa di Social Media Analytics e Social Advertising, è docente del Master in Social Media dell’Università Iulm.


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