Il presidente dell'assemblea avvia al confronto con i sindacati dei dipendenti per confermare il limite a 240mila euro delle indennità. Ma il contratto di lavoro prevede un tetto che supera i 500mila euro. «Se l'Assemblea prendesse una decisione nel merito, senza un accordo, pioverebbero i ricorsi», spiega Salvo Siragusa, del M5s
Stipendi burocrati Ars, Miccichè ci ripensa Ma le norme potrebbero far saltare il tetto
Retromarcia di Gianfranco Miccichè sull’ipotesi di aumentare gli stipendi ai dirigenti dell’Ars, ma la normativa contrattuale e il regolamento di sala d’Ercole costituiscono uno scudo impenetrabile che protegge i privilegi dei burocrati. Il consiglio di presidenza, convocato oggi dal numero uno di Palazzo dei Normanni, proporrà tra gennaio e febbraio nel corso di una trattativa sindacale, il ripristino del tetto di 240mila euro, adottato nella scorsa legislatura. Un segnale di apertura e un passo indietro rispetto al contestatissimo proposito, avanzato dallo stesso Miccichè all’indomani della sua elezione, di aumentare il limite e dunque gli stipendi dei burocrati. La retromarcia però potrebbe essere verosimilmente essere bloccata dal contratto di lavoro dei dipendenti che prevede il raggiungimento di un tetto che supera le 500mila euro e da una norma del regolamento dell’Ars che contempla l’adeguamento ai parametri del Senato. A potere beneficiare degli stipendi d’oro sono i dipendenti dell’Ars con oltre 25 anni di anzianità. Ovvero, al momento, circa il 25 per cento dei 180 in servizio.
In una nota inviata dalla presidenza dell’Ars si legge che «il consiglio di presidenza ha preso atto del parere degli uffici da cui risulta la scadenza, il prossimo 31 dicembre, del regime dei tetti stipendiali. Considerata l’impossibilità di interventi non concertati con le organizzazioni sindacali, all’unanimità, su proposta del presidente Miccichè, il consiglio ha dato mandato all’onorevole Giorgio Assenza all’immediato avvio delle trattative sindacali, al fine di arrivare entro 60 giorni a un accordo che possa ripristinare il tetto attuale dei 240mila euro o, quantomeno, introdurre dei limiti alle indennità stipendiali previste prima della riduzione».
Una vicenda, quella degli stipendi d’oro all’Ars, che ha spaccato già la maggioranza: sono di ieri le dimissioni dell’assessore all’Energia Vincenzo Figuccia, che non aveva condiviso l’idea di aumentare gli stipendi, già altissimi dei burocrati. Oggi anche il presidente della Regione, Nello Musumeci, senza tergiversare ha sostenuto di essere «contrario all’aumento degli stipendi», salvo poi assicurare che non esiste per questo motivo alcuna crisi all’interno della maggioranza. La trattativa sarà condotta dal rappresentante più anziano del collegio dei questori, appunto Assenza, in presenza del segretario generale e non passerà al vaglio dell’Assemblea. Secondo il deputato questore del M5s Salvatore Siragusa, «è inaccettabile che alcuni dei segretari generali del passato possano percepire stipendi di oltre 500mila euro l’anno. Le loro buste paga non sono visibili da alcuno. Non siamo più fortunatamente in un’epoca in cui toccare tutto questo era impossibile, confidiamo nel buon senso dei vertici dell’amminsitrazione dell’Ars che deve adeguarsi a una realtà in cui tutto questo non è più possibile». Lo stesso Siragusa ammette però che «l’Ars non ha strumenti in mano per determinare un tetto diverso da quello previsto dal contratto, se l’Assemblea prendesse una decisione nel merito, senza un accordo, pioverebbero i ricorsi». Le norme sono dunque tutte a favore di una potentissima burocrazia che nel corso della trattativa sindacale avrà il coltello dalla parte del manico. L’unico appiglio per stabilizzare una soglia di stipendi sotto le 240mila euro potrebbe venire dal Senato che però sul tema non si è ancora pronunciato.