Migliaia di studenti hanno sfilato oggi in corteo a Catania contro la riforma dell'istruzione, riunendosi poi in assemblea in una sede distaccata della Facoltà di Scienze politiche (negato laccesso nellaula magna di via Vittorio Emanuele). Pochi gli universitari, ma significativa la presenza dei ricercatori
Sulle note di Nino D’Angelo contro la Gelmini
I puristi della musica da rivoluzione, probabilmente, hanno storto il naso: tra i Modena City Ramblers dei “Cento passi” e il Fabrizio De André di “Canzone del maggio”, al corteo contro la riforma Gelmini della scuola e dell’univeristà, stamattina, si è intonato anche il Nino D’Angelo di “Jamm’ ja”.
Dalla Questura non sono arrivate cifre ufficiali sulla partecipazione alla manifestazione, ma si può ipotizzare che fossero diverse migliaia gli studenti, per lo più delle scuole superiori, che si sono riversati in piazza Roma, da dove è partito il percorso che si è snodato per via Etnea, è arrivato in piazza Università e poi ha attraversato via Vittorio Emanuele, fino alla Facoltà di Scienze Politiche, dove il corteo si sarebbe dovuto fermare. Era prevista, infatti, un’assemblea sul futuro dell’istruzione pubblica in Italia, da svolgersi nell’aula magna della Facoltà. «Ma il preside, ieri, ci ha detto che ci sarebbe stato un convegno e ha ritirato l’autorizzazione», ci spiega Luca Codullo, studente della Facoltà di Giurisprudenza e parte attiva del Movimento Studentesco Catanese. «Il punto è che il convegno non c’è stato, e le porte della facoltà sono state chiuse quando noi siamo arrivati».
L’assemblea si è quindi spostata in via Gravina, in un’altra aula gestita da Scienze Politiche.
«Noi non chiediamo niente», continua Luca Codullo, «eccetto che sia garantito il diritto costituzionale allo studio. Insomma, un’università aperta a tutti e non soltanto a chi se la può permettere».
È un ritornello che si ripete da anni, questo, e che non ha portato a nessuna conquista, nonostante gli autunni caldi di mobilitazioni che si sono succeduti in quasi tutte le città d’Italia: «Questo è il momento giusto per far sentire ancora la nostra voce», afferma Biagio Spoto, precario. «Il disegno di legge è in questi giorni in discussione, e se vogliamo ottenere qualcosa bisogna che la nostra opposizione sia continua, e non saltuaria».
E bisogna anche che sia supportata dalle istituzioni universitarie. Nell’ultima seduta, il Senato Accademico dell’Ateneo di Catania ha rifiutato all’unanimità la proposta del Coordinamento Unico di far slittare l’inaugurazione dell’anno accademico. «Noi ricercatori», afferma Vincenzo Maimone, ricercatore a tempo indeterminato alla Facoltà di Scienze Politiche, «abbiamo attuato l’unica misura di protesta a nostra disposizione, cioè ci rifiutiamo di svolgere tutte quelle attività che non rientrano direttamente nelle nostre mansioni, ovvero la didattica frontale».
«La nostra non è una protesta che ha a che fare soltanto con gli stipendi che non percepiamo: è una protesta di sostanza. Stanno uccidendo l’università pubblica», prosegue Maimone, ricordando il paradosso del numero chiuso: «A Catania l’Ateneo ha inserito il numero chiuso in tutte le facoltà, mentre le università private non l’hanno fatto».
La legge della concorrenza nel mercato applicata all’istruzione. Qualcuno lo va ripetendo da tempo in cortei e assemblee: se le regole favoriscono una parte piuttosto che l’altra, la concorrenza è sleale.