Il segretario del Pd evita la polemica sulla scelta del primo cittadino di Palermo di non chiedere la sua presenza all'incontro indetto per discutere delle elezioni di novembre. Anzi ribadisce l'esigenza di ragionare su una colazione larga che rappresenti il centrosinistra. Mettendo da parte, almeno per ora, il toto-nomi
Regionali, Orlando riunisce centrosinistra senza il Pd Raciti: «Aperti al dialogo. Si fanno nomi per bruciarli»
Più esclusivo dei party di Dolce e Gabbana nei giorni della kermesse palermitana. Leoluca Orlando chiama a raccolta la coalizione di centrosinistra per discutere di elezioni regionali e non invita il Partito democratico. L’appuntamento è per il prossimo lunedì 17, ma il segretario dem Fausto Raciti ammette di non aver ricevuto alcun invito a partecipare. «In quel caso – aggiunge – mi sarei posto il problema se andare o meno». L’estate è entrata nel vivo e prima della pausa agostana la corsa alla definizione degli schieramenti si fa ferrata. Ma Raciti, in linea con la relazione presentata alla direzione regionale del Pd all’indomani delle amministrative, insiste nel percorso condiviso e nella ricerca di un nome che possa tenere insieme tutti gli interlocutori dei democratici. Dai centristi di Giampiero D’Alia fino a Sinistra Italiana.
La sinistra torna a discutere e lo fa senza il Pd. Tramonta definitivamente il modello Palermo?
«No, io penso che in questa fase loro stiano affermando la loro autonomia politica. Si tratta di soggetti politici che hanno una loro rappresentanza parlamentare e una logica propria. Per cui credo che vogliano parlare a partire dalla propria soggettività. Anche sapendo che il cosiddetto modello Palermo esiste solo a Palermo. A livello regionale possiamo provare a costruire un percorso comune, che metta insieme percorsi partitici e civismo democratico, ma si tratta comunque di un nuovo percorso su scala regionale».
Insomma, resta in piedi la linea tracciata in direzione regionale.
«Assolutamente. Da parte nostra c’è non soltanto la disponibilità, ma anche la volontà di costruire una coalizione larga. Che naturalmente può esserci soltanto se c’è un nome autorevole e condivisibile, che abbia la capacità di tenere insieme tutti».
Nel caso di una indisponibilità del presidente del Senato, Piero Grasso, da dove ripartire?
«Intanto dal confronto con tutte le forze politiche e dalla ricerca di un elemento di sintesi. Noi siamo aperti e disponibili a ragionare e discutere del percorso da intraprendere con tutti i nostri interlocutori».
Intanto nei giorni scorsi è ventilata l’ipotesi di una candidatura di Caterina Chinnici. Soltanto indiscrezioni?
«Sinceramente non credo che possiamo intavolare una discussione sui nomi che girano. Questa è una fase in cui dobbiamo costruire una discussione politica con tutti, chi fa una proposta politica di questo tipo dovrebbe farla assumendosene la responsabilità. Il Partito democratico continua a essere alla ricerca di un elemento di sintesi tra tutte le forze politiche con cui sta ragionando: mettere in giro dei nomi in questo modo serve soltanto a bruciarli e personalmente ho troppo rispetto per i miei interlocutori per commentare».
Anche guardando alla coalizione che ha eletto Crocetta, le cose non sembrano andare meglio. Come sono i rapporti coi moderati?
«Io ho tutta l’intenzione di continuare nell’interlocuzione e in questo senso posso confermare che ci parliamo in maniera costante. È chiaro, e lo sappiamo bene, che anche con loro vale lo stesso ragionamento fatto per la sinistra: non c’è una coalizione che sta ragionando su un nome, c’è una ricerca di un percorso di sintesi da intraprendere insieme».
Secondo Giancarlo Cancelleri, il Pd dovrebbe interrompere la legislatura per non sostenere una nuova candidatura di Crocetta.
«Io penso che intanto il tema sia costruire la coalizione. Se Cancelleri si vuole iscrivere al Partito democratico per determinarne le scelte, è il benvenuto. Spero di potere fare la mia discussione contando anche sulla sua opinione».
Ex Province: un errore abolirle quattro anni fa o un errore riproporle adesso?
«È chiaro che da quattro anni fa ad oggi sono cambiate molte cose. E bisogna tenere a mente che in Sicilia il tema delle Province è normato dallo Statuto autonomo, non è materia costituzionale. Evidentemente la bocciatura del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre pone una questione oggettiva sull’abolizione o meno delle Province. Io confido che l’Aula sappia affrontare questo argomento delicato con senso di responsabilità e senza sbavature».