Con il giornalista di Telejato, Salvatore, fratello del pm ucciso dalla mafia nelle stragi del '92, aveva anche partecipato ad alcune trasmissioni ma mai avrebbe immaginato che «si sarebbe ritrovato al centro di queste vicende». Un danno grandissimo per il movimento, «un ulteriore ferita che non si rimarginerà mai»
Pino Maniaci indagato «una ferita enorme» Borsellino: «Isolare chi danneggia antimafia»
«Purtroppo mi erano giunte già voci di questo tipo da un po’ di tempo. È un fatto che mi addolora e ne sono profondamente scosso. Purtroppo in questo mondo non ci si può fidare di nessuno». È racchiuse tutta in queste parole l’amarezza di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia nella strage di via d’Amelio nel ’92, alla notizia della notifica del divieto di dimora a Pino Maniaci, il direttore di Telejato, tv locale nel Palermitano, ora indagato per estorsione. Da anni un simbolo della lotta alla mafia per le sue denunce, dalle intercettazioni trapelate dai giornali emergerebbe un quadro diametralmente opposto. E dove non avrebbe avuto alcun ruolo Cosa Nostra, ma vicende personali del giornalista, ora difeso dalle”ex pm antimafia, l’avvocato Antonio Ingroia.
Una notizia che non ha colto del tutto alla sprovvista Salvatore, ma che lo ha comunque scosso. «Noi parenti delle vittime di mafia – spiega – siamo avvicinate da tante persone e non possiamo indagare su ognuno. Con Maniaci sono stato ospite più di una volta in alcune trasmissioni e gli ho anche fornito dei video, contatti che ho abitualmente con tanti giornalisti. Mi rendevo conto che era un personaggio molto sopra le righe ma mai avrei immaginato che si sarebbe ritrovato al centro di queste vicende».
Da una lato, Borsellino invita alla cautela, visto che ancora sono in corso le indagini, dall’altro non può fare a meno di constatare come simili episodi arrechino danno al volto pulito dell’antimafia: «Anche il semplice sospetto deve servire a isolare certe persone che purtroppo fanno un danno grandissimo, una ulteriore ferita che si aggiunge a quelle che già abbiamo, e che non si rimarginano. Il fatto che ci sia gente che sfrutta l’antimafia per i propri interessi personali, come sembra abbia fatto questo personaggio, ci colpisce e ci spinge quasi a non mescolarci e a gestire la memoria dei nostri familiari in privato piuttosto che davanti a tutti».
C’è anche il timore che qualcuno possa screditare il movimento e lui stesso: «Non mancherà chi userà queste notizie per attaccare anche chi è in mezzo agli altri. Di recente, ho letto un articolo in un quotidiano nel quale si accostava Maniaci a me perché perché avevo abbracciato Massimo Ciancimino. Cercano di invischiarti nello stesso fango – conclude – e questa cosa è estremante dolorosa».