Monterosso, Ars respinge mozione di censura Applausi di scherno dai deputati del M5s al Pd

Patrizia Monterosso resta al suo posto. La mozione di censura nei confronti della segretaria generale presentata dal Movimento cinque stelle non passa all’Assemblea regionale siciliana. L’aula la respinge con 39 voti contrari, 18 favorevoli e tre astenuti. 

All’esito della votazione, dai banchi dei deputato pentastellati sono partiti applausi di scherno e urla contro il capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, che aveva preso la parola prima del voto per esprimere contrarietà alla mozione. A palazzo dei Normanni è presente anche il governatore Rosario Crocetta, vigile sulla tenuta della sua maggioranza. Che oggi acquisisce ufficialmente un nuovo tassello, con il passaggio del deputato Nicola D’Agostino, ex Mpa e Udc, dal gruppo misto a Sicilia democratica. 

Monterosso è considerata elemento chiave negli equilibri di potere dell’attuale governo. Nominata segretaria generale da Raffaele Lombardo, è stata confermata da Crocetta. Ma per oltre dieci anni ha assunto incarichi di diretta collaborazione dei vertici politici del governo regionale siciliano. La mozione di censura nasce a seguito della recente condanna dalla Corte dei conti regionale per la questione degli extrabudget concessi agli enti di Formazione per cui dovrà risarcire all’erario 1 milione e 279 mila euro; la condanna fa riferimento ai soli finanziamenti erogati nel 2007 e non a quelli erogati nel 2008 (pari a 14,5 milioni di euro), nel 2009 e nel 2010 (che ammontano a 4,9 milioni di euro per ciascun anno), per un importo complessivo pari a poco meno di 25 milioni di euro. Si tratta di somme non indicate nella fase di presentazione e finanziamento del progetto, ma accordate successivamente, in seguito alla presentazione di nuove richieste motivate dal fatto che il contributo non era bastato per coprire le spese. Una vicenda che ha contribuito a gonfiare il settore della Formazione professionale, oggi imploso. 

Secondo Cracolici, però, non essendo stata condannata per dolo, se fosse stata rimossa, la Regione avrebbe corso il rischio di una causa di risarcimento. «Siamo ancora in uno Stato di diritto – spiega il capogruppo del Pd – non è prevista, tipizzandola nel nostro ordinamento se non per dolo, la rimozione di un dirigente a causa di una condanna della Corte dei conti che avviene in questo caso per colpa. Chiediamo di compiere un atto illegittimo. Per ragione di rispetto istituzionale non entro nel merito di questa vicenda, che riguarda in astratto qualunque persona che può esser chiamata ad una funzione apicale. Non si usano le mozioni per pensare di intimidire una parte politica».


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