L'ex villa del boss mafioso, che si trova all'interno del complesso residenziale confiscato di via Bernini, diventa la stazione dei carabinieri «Uditore». La caserma è stata intitolata a Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, morti nella strage di via Pipitone Federico del 1983
Da covo di Riina a caserma Alfano: «Che smacco per la mafia»
A meno di una settimana dalla sua ultima visita, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, torna a Palermo. L’occasione è di quelle speciali: l’inaugurazione della stazione dei carabinieri Uditore, ricavata dall’ex villa di Totò Riina in via Bernini 54, all’interno di un complesso residenziale confiscato alla mafia nel 2007. A pochi metri, in un altro bene confiscato, c’è la sede regionale dell’Ordine dei giornalisti. La villa è stata l’ultimo covo del boss mafioso prima del suo arresto, la mattina del 15 gennaio 1993. «Che smacco per la mafia – esulta il titolare del Viminale – che la camera da letto di Riina sia diventata l’ufficio del comandante di una caserma dei carabinieri. Oggi lo Stato vince, la mafia perde».
La caserma è stata intitolata al maresciallo Mario Trapassi e all’appuntato Salvatore Bartolotta, medaglie d’oro al valor civile, ammazzati da Cosa Nostra nella strage di via Pipitone Federico del 29 luglio 1983, in cui persero la vita anche il consigliere istruttore Rocco Chinnici e il portiere dello stabile in cui abitava il magistrato, Stefano Li Sacchi. Al taglio del nastro hanno assistito le due vedove e i loro familiari, oltre a Giovanni Paparcuri, unico sopravvissuto della strage, e ai parenti di altre vittime. Fra un omaggio al gonfalone di Palermo e l’inno nazionale suonato dalla fanfara dei carabinieri, la cerimonia si è conclusa con lo svelamento della lapide commemorativa in ricordo di Trapassi e Bartolotta e con la benedizione della caserma da parte dell’arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo.
Tra i presenti il sindaco Leoluca Orlando, il questore Guido Longo, il prefetto Francesca Cannizzo, il comandante generale dell’Arma, il generale Tullio Del Sette, il direttore dell’Agenzia nazionale dei Beni Confiscati, il prefetto Umberto Postiglione. Assente il governatore Rosario Crocetta. Orlando ha donato la bandiera nazionale al comandante della caserma, che sarà il luogotenente Ciro Musto. A dare un tocco di freschezza alla cerimonia ci ha pensato una delegazione di alunni delle scuole Buttitta, Setti Carraro e Bernini. Il ministro Alfano li ha salutati nel suo discorso pregandoli di «recuperare e non dimenticare le parole che la mafia ci ha rubato, come l’onore, la famiglia, il rispetto. Parole che nel linguaggio mafioso non hanno il significato positivo che dovrebbero avere».
Restando in tema di beni confiscati, Alfano ha tirato in ballo «la riforma cui stiamo lavorando per rendere l’Agenzia più efficiente e la redistribuzione dei beni confiscati più rapida. In passato ci sono stati problemi di gestione, ma adesso il prefetto Postiglione sta lavorando molto bene. È essenziale che i beni siano utili, ad esempio per alleviare le difficoltà abitative nei comuni in cui c’è un deficit di alloggi popolari».
Spazio poi alla pressante attualità, con le polemiche esplose dopo il rifiuto della Valle d’Aosta di accogliere altri migranti: «Se chiediamo da anni a tutti gli Stati d’Europa un’equa ripartizione nell’accoglienza – ha tagliato corto il ministro -, poi non possiamo essere da meno in casa nostra. Anche fra le regioni italiane serve un’equa distribuzione dei migranti. Il Sud, e la Sicilia in particolare, hanno fatto fin troppo. Per posizione geografica l’isola deve già sopportare il 90 per cento degli sbarchi ma non può sostenere da sola il 20 per cento dell’accoglienza». Poi una mano tesa verso la regione alpina: «Dalle ultime parole del suo presidente mi sembra che siano stati fatti passi avanti».
Un pensiero, infine, per Sandro Ruotolo, finito sotto scorta dopo le minacce del boss camorrista Michele Zagaria: «Lo Stato è a fianco di chi lotta contro la mafia. Non dimentico la lezione di Giovanni Falcone: Cosa Nostra uccide gli uomini che lo Stato non sa proteggere. Ruotolo ha tutto il nostro sostegno».
«Oggi celebriamo una vittoria dello Stato sulla mafia. Qui si nascondeva il boss Totò Riina e ora stiamo inaugurando una caserma dei carabinieri. Lo Stato non poteva dare un segnale di vicinanza migliore e più significativo ai cittadini e ai familiari di tutti coloro che hanno perso la vita nella lotta alla mafia. Grazie ai carabinieri che si impegnano ogni giorno per la battaglia della legalità e grazie ai magistrati, a tutte le forze dell’ordine e a coloro che hanno sacrificato la propria vita in difesa dello Stato». Lo ha detto il sindaco Leoluca Orlando, che stamattina ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione della caserma Uditore. «Questa inaugurazione – sottolinea il primo cittadino – avviene proprio nel giorno in cui ricordiamo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro e l’assassinio di Peppino Impastato uccisi da disegni criminali e dal terrorismo politico-mafioso. Se oggi la mafia non governa più Palermo lo dobbiamo anche e, soprattutto, al sacrificio di tutti coloro che abbiamo ricordato in questa circostanza. La mafia esiste ancora ma ha cambiato volto perché si è camorrizzata. Proprio ieri il prefetto Postiglione ci ha consegnato un bene sottratto a Cosa Nostra, adiacente a questa villa dove si rifugiava Riina, in cui oggi vediamo nascere un presidio di legalità, bene che noi destineremo ad una funzionalità di casa comune, dove diverse associazioni potranno incontrarsi e riunirsi».