Una profonda instabilità strutturale. Con le elezioni considerate alle porte, è questo che affligge il centrodestra in Sicilia e sta alla base della crisi del governo regionale guidato dal presidente Renato Schifani (Forza Italia). Portando l’Assemblea regionale Siciliana (Ars) sull’orlo della paralisi, tra rancori politici latenti e la lotta per il controllo del patronage amministrativo. […]
La crisi del centrodestra verso le Regionali 2027: i possibili nomi per lo scranno di Schifani
Una profonda instabilità strutturale. Con le elezioni considerate alle porte, è questo che affligge il centrodestra in Sicilia e sta alla base della crisi del governo regionale guidato dal presidente Renato Schifani (Forza Italia). Portando l’Assemblea regionale Siciliana (Ars) sull’orlo della paralisi, tra rancori politici latenti e la lotta per il controllo del patronage amministrativo. Detonatore della crisi è stato l’uso sistematico e chirurgico del voto segreto. Con i franchi tiratori interni al centrodestra che si sono uniti nel voto all’opposizione. Non un incidente isolato, ma una deliberata dimostrazione di forza che anticipa le elezioni del 2027. Secondo fonti parlamentari, sarebbero stati circa 17 i deputati della maggioranza a disertare: quasi la metà dei 36 esponenti di maggioranza. Abbastanza da legittimare le richieste dell’opposizione di valutare persino le dimissioni di Schifani. Con qualche nome papabile in corso di valutazione interna.
L’opera di crisi della Democrazia cristiana e Fratelli d’Italia
Di fronte alla palese indisciplina, l’abolizione del voto segreto all’Ars è diventata la priorità assoluta per il governo Schifani e pure per Fratelli d’Italia. Percepita come l’unico strumento per imporre disciplina e garantire che i deputati seguano la linea politica della coalizione. Tuttavia, anche questa battaglia è stata politicizzata. La Democrazia cristiana (Dc) di Totò Cuffaro, attraverso il capogruppo Carmelo Pace, ha sfruttato l’opportunità per guadagnare leva negoziale. Ponendo una condizione chiara, come merce di scambio politica: «Prima l’abolizione del voto segreto, poi la Finanziaria». Dimostrando l’indispensabilità dei propri voti, con i suoi 7 deputati all’Ars, dopo l’adesione di Carlo Auteri a giugno. Ma guardando oltre il proprio ruolo nella crisi del centrodestra, lavorando piuttosto per ridisegnare le elezioni in Sicilia.
Per FdI, invece, il ricorso al sabotaggio istituzionale è stato un modo per riallineare le gerarchie siciliane – radicate nel controllo dei ruoli amministrativi – con quelle delle segreterie romane. Mettendo in chiaro che la mancanza di rispetto per il peso politico di FdI nella spartizione delle poltrone – specie quelle nella Sanità – avrebbe avuto conseguenze dirette sull’azione legislativa del governo. E raccogliendone i frutti con le nomine di rilievo nel Catanese in quota FdI. Dalla direzione sanitaria dell’Asp (con Giuseppe Reina, poi dimessosi per altre vicende giudiziarie) a quella del Garibaldi (con Mauro Sapienza). Ma senza esagerare: pur avendone fatto uso, infatti, anche FdI è favorevole all’abolizione del voto segreto. Per evitare che la pratica, in futuro, possa ritorcersi contro il suo delfino siciliano. Quel Gaetano Galvagno oggi presidente dell’Ars, che domani potrebbe ambire allo scranno di Schifani, nonostante qualche guaio con la giustizia non ancora sanato.

La reazione di Forza Italia e l’appoggio della Lega
Lega e Forza Italia, pur essendo in contrasto con FdI sulle nomine, rappresentano i pilastri che cercano di salvare la legislatura e difendere il governatore. Concentrato sulla stabilità per assicurarsi il secondo mandato nel 2027. Da un lato, mediando pubblicamente e rassicurando FdI. Dall’altro, preparando lo scudo per proteggersi dal fuoco amico: e cioè Giorgio Mulè, attuale vicepresidente della Camera, in quota FI. A cui non dispiacerebbe sedere sul scranno oggi occupato da Schifani. A fornire supporto ci ha pensato il capogruppo della Lega all’Ars Salvo Geraci, che ha difeso l’operato del governo, esaltando i risultati della Regione. Quelli economici – con il disavanzo di 2 miliardi di euro – e quelli operativi. Anche con il ritorno in giunta dell’assessore Luca Sammartino. Nonostante ciò, anche la Lega, come il Mpa, si sente sottodimensionata. E, pur avendo stretto un accordo elettorale con la Dc di Cuffaro, chiede più spazio nel rimpasto di giunta.
La riforma elettorale: il vero obiettivo strategico del 2027
Ben oltre l’immediato rimpasto, l’obiettivo strategico che guida l’abilità tattica di Cuffaro è la modifica della legge elettorale regionale. Attraverso la richiesta di un ritorno a un sistema proporzionale con l’introduzione delle preferenze. Per contrastare un Parlamento fatto di nominati che rispondono unicamente alle segreterie di partito. Secondo Cuffaro, dal 2006, oltre il 90 per cento dei parlamentari è entrato più grazie ai vertici di partito che agli elettori. Quello che va aggiunto, però, è che il proporzionale con le preferenze è il sistema perfetto che permette ai centristi radicati nel territorio di invertire la tendenza alla nazionalizzazione della politica regionale. Riducendo l’effetto traino dei simboli nazionali (come FdI) e massimizzando il consenso basato sul voto personale e sul radicamento (come la Dc e l’Mpa). Una proposta, dunque, che è l’elemento più destabilizzante per la futura architettura politica siciliana.
Proiezioni elettorali: il futuro del centrodestra in Sicilia
La crisi del centrodestra in Sicilia, dunque, non è solo una diatriba sulla manovra, ma il chiaro segnale del via alla competizione per le elezioni regionali del 2027. Così come il voto segreto non è la causa, ma il campo di battaglia. In cui la ricandidatura di Schifani diventa un elemento negoziabile. E non così tanto scontato per il partito di Giorgia Meloni, che può valutare alternative interne in vista del 2027. Dal presidente Ars Galvagno all’eurodeputato Ruggero Razza. Facendo anche emergere il rischio di elezioni anticipate. In questo contesto, la stabilità immediata del governo sarà probabilmente ripristinata attraverso un rimpasto tecnico-politico. Che redistribuirà potere e deleghe – soprattutto nel cruciale settore della Sanità – a FdI e Lega, placando le immediate rivendicazioni. Pur indebolendo Schifani, tra valutazioni di efficienza e tentativi d’imporre l’agenda di riforma elettorale. In una guerra di ingegneria istituzionale, che determinerà il volto della futura classe dirigente siciliana.