Formazione: dove sbaglia Ludovico Albert

Ieri sera abbiamo dato notizia che i tecnici dell’Unione Europea piomberanno in Sicilia per verificare l’eventuale presenza di irregolarità nella gestione del Fondo sociale europeo. I problemi riguarderebbero l’Avviso 20/2011, il mega-bando da 300 milioni di euro circa all’anno per tre anni (anche se un anno – l’attuale – sembra passato in ‘cavalleria’ tra ritardi e polemiche di ogni genere). Oggi proveremo a capire che cosa ci potrebbe essere dietro i dubbi in ordine alla gestione di questo bando che, dalla Sicilia, sono arrivati negli uffici di Bruxelles.

Cominciamo col dire che la complessità, in qualche caso voluta, e la poca chiarezza nella gestione quotidiana delle procedure previste ha implicato un’intensa fase di gestione delle cosiddette Faq. Si tratta di precisazioni relative al vademecum per l’attuazione del Programma operativo (Po) Sicilia Fondo sociale europeo (Fse) 2007-2013 fornite online attraverso un sistema di domanda/risposta per agevolare la comprensione delle procedure gestionali.

Nelle ultime risposte del 20 novembre 2012, il dirigente generale pro tempore a capo del dipartimento per l’Istruzione e la Formazione professionale, Ludovico Albert (sostituito dal 23 novembre 2012 da Anna Rosa Corsello con provvedimento del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta) a nostro modesto parere introduce elementi distorsivi rispetto alle previsioni normative di settore. Almeno questa è la nostra valutazione. Proviamo a chiarirla, partendo proprio dalle risposte fornite da Albert a due precisi quesiti posti dall’utenza.

Alla richiesta di chiarimento in merito alla rendicontabilità delle spese del personale prima del versamento delle ritenute di legge, il dirigente al ramo ha precisato: “Affinché una spesa sia ammissibile è necessario assicurare la conformità a tutte le prescrizioni previste dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale. Pertanto perché sia possibile portare a rendicontazione le spese relative al personale interno impiegato sul progetto, è necessario che sia prodotta la busta paga, la quietanza di pagamento e l’F24 relativo al pagamento di tutti i contributi previsti per legge, con l’eventuale prospetto di riconciliazione”. Ed alla successiva richiesta di chiarimento sulla possibilità di rendicontare le buste/cedolini paga, anche parzialmente quietanzate, Albert ha dichiarato: “E’ consentita la rendicontazione di buste/cedolini paga, anche parzialmente quietanzati, a condizione che il soggetto beneficiario attesti, e se previsto il revisore legale asseveri, i corretti adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi. Inoltre il soggetto beneficiario deve essere in grado di produrre la documentazione con la quale il singolo dipendente accetta il pagamento parziale e dilazionato, con indicazione delle date future di pagamento, della retribuzione della singola mensilità”.

Dall’esame congiunto delle due risposte fornite dal dirigente generale al ramo emergono diverse discrasie, fino al limite, con ogni probabilità, di un’interpretazione, come dire?, un po’ ‘libera’ di norme in vigore. Ma andiamo cauti. Limitiamoci ad effettuare un esercizio di analisi, che non è detto che sia quello corretto.

La questione afferisce alla spesa relativa al personale interno agli Enti formativi operanti con finanziamenti a valere sull’Avviso 20/2011. Albert precisa che, per ottenere il riconoscimento della spesa per il proprio personale, l’Ente attuatore deve assicurare il rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale, nonché la regolarità dei versamenti contributivi ed assicurativi. Inoltre, parrebbe lo stesso autorizzare anche una spesa che preveda l’intero versamento degli oneri fiscali, contributivi e assicurativi anche in presenza di una busta paga parzialmente quietanzata. Albert, se non è sbagliata la nostra analisi, sembrerebbe accogliere un pagamento parziale della retribuzione al lavoratore, seppur con il suo assenso.

Se la nostra riflessione è corretta, riteniamo che si sia di fronte al paventato rischio di incorrere in diverse violazioni di leggi. E ve lo dimostriamo. Intanto, cominciamo col dire che la Costituzione Italiana all’art. 36, comma 1 prevede che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. A tal riguardo la Giurisprudenza consolidata, in riferimento al “quantum” indicato dalla Costituzione, è chiara: esso costituisce diritto inderogabile e non negoziabile e previsione contenuta in tutti i Contratti collettivi di lavoro.

Per cui non è negoziabile né il quantum della retribuzione da riconoscere, né il periodo relativo alla riscossione, tenuto conto del fatto che il rapporto di lavoro vede contrapposti, per definizione, una parte debole, il lavoratore, ed una parte dominante, il datore di lavoro.

Le risposte sembrerebbero cozzare, poi, con quanto previsto dall’art 36, comma 1, della legge n.300 del 20 maggio 1970 che dispone: “Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona”.

Lo scenario di cui alle Faq è lo stesso disciplinato dall’articolo suindicato, con l’Avviso 20/2011 gli Enti attuatori beneficiano di finanziamenti pubblici. Per cui le risposte, a nostro avviso, lo ripetiamo, sembrerebbero in contrasto con detta previsione contenuta nello Statuto dei lavoratori. Ed ecco il paradosso. Se diamo per assurdo che la legge regionale 24 del 6 marzo 1976, come più volte dichiarato da Albert, non trova applicazione nell’Avviso 20/2011 (noi siamo convinti del contrario), appare proprio come un macroscopico paradosso, per l’appunto, la disapplicazione della legge 300/70.

Anche la legge 27 dicembre 2006, n. 296, istitutiva del Durc, richiama implicitamente al rispetto del Contratto collettivo nazionale di lavoro in materia di regolarità nella retribuzione e nella corrispondente contribuzione. Infine, le risposte sembrano lontano anni luce anche rispetto alle previsioni contenute nella legge regionale n.27 del 15 maggio 1991 (ad oggi in vigore) in materia di corresponsione, con regolarità mensile, della retribuzione in favore del lavoratore assunto a tempo indeterminato presso l’Ente formativo (il richiamato lavoratore interno nelle Faq). La legge testé citata, all’art.17, comma 2, prevede che: “I pagamenti relativi alle spese del personale sono disposti mensilmente dagli enti”.

In estrema sintesi, dall’analisi delle risposte fornite da Albert nelle Faq dello scorso 20 novembre emerge il rischio reale di una violazione delle normativa nazionale e regionale. Almeno questa è la nostra opinabile posizione sull’argomento.

Riteniamo che la stagione delle incongruenze e delle inesattezze debba lasciare spazio ad una nuova fase che dovrebbe, a nostro modesto avviso, vedere il neo assessore regionale per l’Istruzione e la Formazione professionale, Nelli Scilabra, impegnata al risanamento del settore (nella foto a sinistra). Ripristinare regole certe ed applicabili è divenuto imprescindibile.

Intanto, il mese di novembre volge al termine ed i lavoratori non hanno percepito alcunché di retribuzione. Una situazione che rileviamo, dalle segnalazioni pervenute, insostenibile. Si faccia qualcosa, e subito.

 


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