Gesualdo Busacca, 25 anni, ex studente del dipartimento di Archeologia di Unict e allievo della Scuola superiore di Catania, ha vinto un dottorato di ricerca quinquennale presso l'università di Stanford, in California. A settembre il trasloco nella Silicon Valley per l'ex studente etneo, che afferma: «Vivere in una realtà universitaria provinciale, come Catania, non deve essere un freno né un alibi»
Gesualdo, archeologo catanese a Stanford «Rinuncio alle mie radici per la ricerca»
A volte basta qualche giorno fortunato, come spesso accade, a cambiare la vita di una persona. Non sembra questo però il caso di Gesualdo Busacca, 25 anni, professione archeologo, che non ha lasciato nulla alla sorte e il prossimo settembre volerà in California per seguire un dottorato di ricerca presso il Dipartimento di antropologia dell’Università di Stanford. «Mi occuperò del sito preistorico di Gobekli Tepe, del rapporto tra uomini e animali nelle civiltà neolitiche, di archeologia della religione – spiega Busacca – E avrò la possibilità di approfondire i campi di studio centrali della mia tesi di laurea magistrale».
Busacca nasce a Caltagirone. Dopo la maturità classica, trascorre l’estate a studiare perché vuole essere ammesso alla Scuola superiore di Catania e iscriversi a Giurisprudenza. «Ero felice di essere riuscito a entrare presso la Ssc ma, dopo un mese, ho capito che gli studi giuridici non erano la mia strada e ho fatto un velocissimo passaggio alla facoltà di Lettere classiche», racconta un po’ divertito Busacca. Quando completa gli studi umanistici antichi intraprende la strada dell’archeologia, fonda insieme ad altri studenti l’associazione Archeounict e ne diventa il primo presidente. Inizia quindi a intessere un primo network di contatti con importanti personalità del settore e ha modo di provare la propria formazione con esperienze sul campo. «Gli scavi archeologici li ho effettuati in ambito siciliano e universitario lavorando a Belpasso, Catania, Ustica e Stromboli ma – si rammarica il giovane archeologo – non ho ancora ottenuto l’autorizzazione per lo scavo a Gobekli Tepe».
Inizia anche le prime esperienze di formazione all’estero, precedute da studi per le certificazioni linguistiche e concorsi per ottenere borse di mantenimento. «Ho trascorso un semestre di studio a Konya, in Turchia e tre mesi nella città israeliana di Tel Aviv, affrontando in entrambe le circostanze bibliografie quasi esclusivamente in inglese sull’archeologia teorica e l’antropologia», racconta Busacca. È in questa occasione che comprende di volersi dedicare «al periodo preistorico del Neolitico, in quella parte del mondo dove i rinvenimenti archeologici sono al culmine del fervore».
La grande occasione arriva durante le festività etnee agatine. «Mentre ero in giro con i miei amici mi comunicano attraverso una telefonata sul cellulare che ero stato ammesso al programma di dottorato di ricerca in archeologia a Stanford – racconta mentre si emoziona ancora al pensiero – La cosa incredibile è stata che dall’altra parte del telefono e dell’oceano c’era Ian Hodder». Fa una pausa e specifica: «Il professor Hodder è uno dei più famosi archeologi viventi nonché uno dei motivi principali per il quale avevo scelto di concorrere per Stanford». Busacca avrà a disposizione una borsa di studio per il mantenimento personale, sarà esentato dal pagamento delle tasse universitarie e potrà usufruire di finanziamenti per i proprio progetti di scavo e ricerca.
Prestigio, sostegno economico, sperimentalismo tra archeologia e antropologia, progetti attivi in tutto il mondo e grande offerta accademica presenti presso l’università di Stanford hanno conquistato Busacca. «Il mio tutor di Unict, il professore Nicola Laneri, è stato fondamentale, così come lo è stato far parte della Ssc – ci tiene a sottolineare Busacca – perché tutti gli allievi sentono una sorta di debito d’onore nei confronti degli ex studenti che hanno avuto successo e questo innesta un continuo stimolo a superarsi e a sentirsi all’altezza di loro».
Busacca ha le idee chiare sul ruolo del ricercatore. «Per fare questo mestiere bisogna rinunciare alle proprie radici – conclude – e comprendere che vivere in una realtà universitaria provinciale, come quella di Catania, non deve essere un freno al proprio futuro e un alibi alla mediocrità».