TuttAPPosto, il film di Lipari contro caste e stereotipi «Porte chiuse dalle università, diamo fastidio ai baroni»

Cambiare le cose è possibile. Forse le motivazioni che ci spingono ad agire non saranno sempre nobili o altruistiche, ma l’importante è il raggiungimento dello scopo finale e la modifica dello status quo. Si potrebbe riassumere così TuttAPPosto, il primo lungometraggio del comico Roberto Lipari, prodotto dalla Trump Ltd e distribuito da Medusa. Un film appena uscito in oltre 300 sale sul territorio nazionale, che dovrà scontrarsi al botteghino con pellicole del calibro di Joker, l’acclamato filmi nterpretato da Joaquin Phoenix. Un prodotto quasi profetico, la cui trama gira intorno alla lotta degli studenti contro il baronato universitario, in una Sicilia recentemente scossa proprio dallo scandalo che ha visto coinvolti il rettore e 18 docenti dell’ateneo catanese. Lo stesso che «aveva diffidato la Trump Ltd e il regista dal riprendere qualsiasi luogo legato all’università etnea per evitare ingiuste associazioni con gli eventi del film», come raccontato da Gianni Costantino, direttore della pellicola. 

Fortunatamente, uno dei meriti di TuttAPPosto, come affermato già nell’incipit del film, è quello di abbandonare gli stereotipi criminali dei prodotti girati sull’isola, dando vita a una storia che potrebbe essere ambientata in qualsiasi regione italiana. Non è un caso se «le università ci hanno chiuso le porte per la presentazione del film: questo mi fa piacere, perché se stiamo infastidendo i baroni, vuol dire che nel nostro piccolo siamo stati capaci di scalfirne l’aura di inattaccabilità», afferma Roberto Lipari. TuttAPPosto potrebbe sembrare un film sullo scontro tra giovani e adulti, una lotta generazionale rappresentata dall’opposizione delle battute «lasciami sognare» e «tanto non cambia nulla», che attraversano l’intero film. Invece, a sentire gli autori, la sfumatura concettuale è abbastanza diversa.

«Nel film abbiamo cercato di mostrare come la collaborazione sia la soluzione ai problemi, soprattutto quella tra generazioni diverse, ma anche quelle tra le persone in generale», sostiene infatti Ignazio Rosato, autore e sceneggiatore insieme con Paolo Pintacuda e lo stesso Lipari. «Nel film sembra che la nostra app possa cambiare le cose, ma alla fine la chiave resta sempre il metterci la faccia, l’agire di persona insieme con gli altri», prosegue lo sceneggiatore, parlando di un prodotto capace di sfatare molti luoghi comuni attraverso una critica sociale a tutto campo, mixata con scene divertenti e una spruzzata di filosofia spicciola e quotidianità che rende più vera una finzione che parla di verità. «Il film nasce da noi, dalla nostra esperienza personale – spiega lo stesso Lipari -, ed è stato chiaramente influenzato dalla mia età, che è quella universitaria e la comicità migliore viene dalla pancia, dal tirare fuori quello che abbiamo dentro, dal nostro vissuto».

TuttAPPosto vanta una sapiente regia, capace di alternare accelerazioni e rallentamenti nei movimenti di camera per accompagnare le azioni e i dialoghi dei personaggi, ma anche la bravura degli attori coinvolti. A partire dalle giovani promesse che affiancano Lipari nel ruolo degli studenti: Viktoriya Pisotska, Carlo Calderone, Simona Di Bella e Francesco Russo. Ma ha il suo peso anche il contributo dei grandi veterani del cinema italiano, da Luca Zingaretti a Ninni Bruschetta, Paolo Sassanelli, Sergio Friscia e Monica Guerritore. «Uno dei consigli più importanti di Ficarra e Picone, che hanno creduto in questo progetto seguendo le fasi della lavorazione e lasciandoci liberi anche di sbagliare, è stato quello di usare attori professionisti per non cadere nell’errore di un cast completamente composto da comici», racconta ancora Lipari, ringraziando e lodando la professionalità di tutti, soprattutto di Zingaretti, nel doppio ruolo, quasi caricaturale, di rettore/avversario e padre del protagonista.

Definire TuttAPPosto un film semplicemente comico, infine, non renderebbe giustizia al lavoro degli sceneggiatori, abili nel confezionare un prodotto a tratti agrodolce, che evita abilmente quasi tutti gli stereotipi del film italiano, sfiorando sia il dramma adolescenziale che la commedia all’italiana. Se non fosse ambientato nella fittizia località di Borbona Sicula (ricreata tra Catania ed Acireale) questo prodotto non avrebbe quasi nulla, accenti e cibo esclusi, capace di collocarlo realmente in Sicilia perché, «l’abuso di potere è ovunque, non solo al Sud, noi siamo solo più bravi a farlo notare, a metterlo in risalto – prosegue Lipari – e il mondo universitario è una sineddoche del potere politico e del suo abuso, messo in atto tramite la meccanica del ricatto».


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