Ricolfi: “La spinta secessionista sarà sempre più forte”. Un argine al capitalismo?

L’INTERESSANTE ANALISI DEL SOCIOLOGO VA OLTRE LA CRONACA. E CERCA DI ANALIZZARE LE RAGIONI DI FONDO DI UN MALESSERE SOCIALE DILAGANTE

“La spinta secessionista è destinata a rafforzarsi. L’Italia, così come è,  non ha mai funzionato, mentre il federalismo non è mai stato applicato. E’ logico quindi, che nei prossimi anni, sempre più territori si faranno sentire. Nel nostro Paese come in altri”.

A parlare non è un indipendentista sfegatato, ma un sociologo abbastanza apprezzato (nonostante certe tesi eccessivamente ‘nordiste’) alias, Luca Ricolfi. Il quale, stamattina, intervistato da Rainews24, ha tentato di andare oltre la stretta cronaca, cercando di cogliere le ragioni di un fenomeno che ha investito mezza Europa e che sta prendendo piede anche in Italia. Dove, in realtà, le spinte secessioniste, dalla Sicilia al Veneto, passando per il Sud Tirolo, non sono mai mancate. Ma, indubbiamente, negli ultimi tempi hanno ritrovato vigore.

L’analisi di Ricolfi offre spunti di riflessioni interessanti. Perché pone l’accento su un cambiamento radicale che sta investendo l’Europa. Dove, a ben guardare, non esistono più quelle lotte di classe, di memoria marxista, che hanno caratterizzato il secolo scorso. Il capitalismo, infatti, ha risucchiato tutto. Proletari e proprietari, destra e sinistra.

L’Italia ne è un esempio. Nel nostro Paese, ormai da circa un ventennio, eserciti di operai e disoccupati votano e sostengono Silvio Berlusconi, simbolo del capitalismo.

Capitalisti e poteri forti dominano anche quel che resta della sinistra. Gli eredi del Pci, oggi, trovano tra i loro fan, imprenditori del calibro di De Benedetti, che col Pd va d’amore e d’accordo. Roba da fare rivoltare nella tomba i comunisti italiani di un tempo ormai andato.

Tutto questo non è sicuramente segno di una pax sociale. La lotta ha solo cambiato volto.  A tentare di arginare i diktat di un capitalismo sempre più sfrenato e sempre più finanziario (basti pensare al potere dei fondi di investimento) e i diktat di multinazionali che controllano ogni settore dell’economia, con ogni probabilità, non sarà più né la classe proletaria, né quel che resta dei partiti di sinistra. Saranno i territori. Che non si sentono più tutelati, né rappresentati da Stati centralisti che sono, in molti casi, diretta espressione di questi poteri forti. Anche quando si riuniscono sotto l’egida dell’Ue.

Il vento secessionista che soffia forte sull’Europa appare, dunque, come l’ultima frontiera di una battaglia di sopravvivenza di popoli schiacciati da un capitalismo sempre più vorace e dal volto poco ‘umano’.

Comprendere la portata di questo fenomeno potrebbe essere utile a garantire una evoluzione democratica del’attuale status quo. Ma, al momento, le oligarchie finanziarie che dettano regole e fanno i conti alle Regioni, sembrano più intenzionati a sottovalutarlo, se non, addirittura, a criminalizzarlo.

La nostra è solo una ipotesi. Ai nostri lettori il compito di aiutarci a capire le ragioni delle spinte secessioniste che stanno unendo l’Italia e l’Europa.

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