A Catania un incontro su Diritti Umani e Tortura: potenza e prepotenza dello Stato democratico di Paolo Garofalo: un libro che aiuta a capire quanto sia necessario inserire nellordinamento italiano il reato di tortura: «E una realtà presente anche da noi, nelle carceri come tra le mura di un appartamento»
Quando la violenza è di Stato
Raccontando la sua esperienza di lavoro, Paolo Garofalo, autore del libro “Diritti Umani e Tortura: potenza e prepotenza dello Stato democratico” (CAEfor) fa notare come la tortura non sia poi così lontana da noi: «E’ una realtà presente anche nel civilissimo Occidente di cui non ci accorgiamo perché crediamo solo alle verità lontane che ci mostra la tv, come quella di Guantanamo. Ma la tortura si pratica anche in Italia, in Sicilia, nelle carceri così come tra le mura di un appartamento».
L’autore siciliano ha presentato il suo libro venerdì scorso alla Biblioteca Civica Ursino Recupero di Catania:«In una biblioteca che contiene importanti testi riguardanti i diritti umani, pena di morte e tortura, anche di autori siciliani, reputo sia importante parlare qui di un libro che sottolinea interamente quanto l’argomento della tortura sia ancora attuale e presente anche nelle società occidentali». Così Salvo Fleres, senatore e coordinatore nazionale dei Garanti dei Detenuti, ha introdotto l’incontro, moderato dalla giornalista Assia La Rosa. Al centro del dibattito l’annosa questione del ‘buco istituzionale’ italiano sul tema dell’uso della tortura e del suo peso a livello sociale e giuridico. Il libro ha due prefazioni una di Pietro Marcenaro, senatore del PD, l’altra di Salvo Fleres, schierato col PDL; ed è proprio questo elemento a fare capire all’auditorio quanto l’argomento sia trasversale a ogni schieramento politico.
La convenzione dell’Onu del 1988 alla voce tortura riporta questo lemma: «Il Termine tortura designa qualsiasi atto si infligge a una persona, dolore o sofferenze fisiche o psichiche, al fine di ottenere da questa, o da una terza persona, informazioni o confessioni qualora tale sofferenza venga inflitta da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che rivesta cariche istituzionali o sotto istigazioni di un uno di esso». Un significato diverso, più specifico, rispetto a quello che gli si attribuisce nel sentire comune. Eppure, dalla convenzione dell’Onu sono passati più di vent’anni e ancora in Italia dell’istituzione del reato di tortura non si parla in termini definitivi.
Il paradosso della legislazione italiana è che nel nostro ordinamento sono stati di recente introdotti due reati, quello di mobbing e quello di stalking, che, afferma Fleres «sono di minore entità mentre non sono stati invece inseriti il reato di tortura o di stupro. Nel caso della tortura si fa ricorso ad altre norme del codice penale e si arriva all’identificazione del reato attraverso moltissimi cavilli giuridici».
In questo momento paradossalmente le forze politiche, sia di centro destra sia di centro sinistra, manifestano una disponibilità ad affrontare la questione del reato di tortura ma per vari motivi, non sempre espliciti, i disegni di legge proposti, già passati in Parlamento, sono stati respinti e rimessi all’attenzione della commissione di valutazione. La motivazione? «Sapendo di farmi qualche nemico in più – risponde Fleres – dico che la resistenza all’approvazione di questa legge la bisogna ricercare in alcune categorie statali: nella magistratura, nella polizia e nelle forze armate perché si è fortemente convinti che questo reato possa alterare l’equilibrio dell’attività ordinaria di queste autorità».
Nel 2006 il Parlamento approvò un progetto di legge che istituiva il reato di tortura che nel 2007 fu respinto dal senato. «In quel caso – chiediamo a Fleres – quali sono stati i motivi della mancata approvazione»? «Nel 2008 le Camere furono sciolte e il disegno di legge non fu approvato. Sono stati presentati ben cinque disegni di legge al senato sostanzialmente identici che riprendono il testo sia del ddl del 2006 sia quello della convenzione ONU. Ma è accaduta una cosa grave: nel 2009 al senato io e altri presentammo un emendamento, rifacimento del ddl del 2006, e quell’emendamento fu bocciato per soli sei voti. Ecco perché i fautori e gli avversari dell’introduzione del reato di tortura sono trasversali: perché intorno a ciò ruotano posizioni controverse».
La forte opposizione di queste componenti sta tuttora rallentando il processo di approvazione, ma in questo campo è la politica che spinge a una tavola rotonda in grado di portare dei risultati. «Bisogna proseguire nello sforzo di accelerare l’iter legislativo. L’introduzione del reato di tortura è un tema bipartisan sul quale i fronti politici devono trovare una soluzione ragionevole e unitaria»,commenta il deputato nazionale del Pd Giuseppe Berretta, presente al tavolo di discussione. A tal proposito Fleres conclude invitando tutte le componenti sociali e istituzionali «a partecipare al dibattito. Perché il libro di Paolo Garofalo serva a dedicare qualche ora del vostro tempo a pensare e a farvi formare un’ opinione su questo problema del nostro tempo e della nostra società».