Peppino Gagliardi, la classe che non tramonta mai

Peppino Gagliardi si è esibito nel Teatro della musica a Napoli in scena al Trianon in tre serate-evento, intitolate Live! e nate con un impegno particolare e dichiarato: «Voglio curare la mia città: voglio cacciare l’ombra e restituire la luce a Napoli, che non è più vera».

Al fianco di Gagliardi (foto a sinistra) è stata presente la band costituita dal figlio Massimiliano, pianista, già arrangiatore dello spettacolo di Maddalena Crippa su Giorgio Gaber, il chitarrista Marco Sinopoli, il bassista Toto Giornelli e il batterista Daniele Di Ruocco.

Peppino Gagliardi è sempre stato amato fin da piccolo dal pubblico napoletano in veste di bambino prodigio e polistrumentista che formò un complesso che chiamò “I Gagliardi”, ottenendo fin da subito molto successo nelle esibizioni dal vivo. La sua caratteristica è sempre stata la ricercatezza di una poetica raffinata. Nel 1963 si fa conoscere dal grande pubblico con “T’amo e t’amerò” che, da successo locale, divenne improvvisamente un successo regionale e poi nazionale, imposta dai giovani che cercavano una ritmica d’impatto ed una interpretazione istintiva. Il successo fu tale che molti artisti, come Little Tony, cercarono di riproporlo, ma con risultati artistici decisamente non paragonabili all’originale che era incentrata su una interpretazione timbrica molto particolare del cantante napoletano.

Negli anni Sessanta Gagliardi partecipa a numerosi Festival di Napoli: nel 1963 con “Maje”, nel 1964 con “Nisciuno ‘o ppo’ capì” e “Mparame a vule’ bene”, nel 1966 con “Scriveme” ( di Murolo ) e “Sole malato” (di Pazzaglia e Modugno), “Sotte Stelle” (di Murolo e Gagliardi), ma è nel 1969 che con “O’ Scugnizzo” si piazza al terzo posto, oltre ad interpretare altri brani come “Ciento Notte” e “N’angiulillo”.

Gagliardi partecipa poi a Sanremo con le sue doti di interprete umorale e allo stesso tempo musicista di strada ma di gran classe. (a destra, un’immagine del cantante da giovane)

Tale fervore interiore venne infatti prima fuori con la famosa interpretazione del brano “ Se tu non fossi qui” interpretata con il crocifisso in mano. Un successo nazionale lo conosce con il brano “Che vuole questa musica stasera”, che divenne anche traccia musicale del film “Profumo di donna” di Dino Risi. Particolarità di quest’ultimo brano è anche l’enorme popolarità ottenuta all’estero, soprattutto Giappone, in cui addirittura nel 2004 raggiunse la seconda posizione in classifica, sempre con l’interpretazione originale dell’epoca del cantante napoletano.

Nacquero i primi contrasti con le etichette discografiche dell’epoca, che imponevano un certo standard e le prime difficoltà del cantante di imporre le sue composizione.

Cerca e trova un’etichetta indipendente la King, di proprietà di Aurelio Fierro, che riesce a garantire al musicista piena libertà musicale. Ecco pertanto nascere nell’artista la consapevolezza della propria creatività musicale ed anche interpretativa, con l’intento di imporle. La sua musica cambia diventa, in controtendenza con il suo recente passato, più melodica ma anche più complessa. Le radici che si fondono sono essenzialmente due: quella classica e quella napoletana. Il connubio artistico con il suo storico paroliere, Gaetano Amendola, si consolida maggiormente, ma non mancano collaborazioni importanti anche con altri artisti come Roberto Murolo.

Lo spartiacque artistico è rappresentato dal brano “Settembre” (1970), che oltre a classificarsi secondo all’importante manifestazione “Un Disco per l’Estate”, vende moltissimo. A consolidare l’importante posizione assunta dal musicista napoletano nel panorama nazionale sono i successivi successi : “Gocce di Mare”, “Ti amo così”, “Sempre sempre” nel (1971), quest’ultima ancora seconda alla manifestazione “Un Disco per l’Estate”, “Come le viole” ( con cui ritorna al Festival di Sanremo nel 1972, classificandosi al secondo posto e soprattutto vendendo moltissime copie ) e “Come un ragazzino” ( favorita alla vigilia ma solo seconda a Sanremo nel 1973). (sopra, a sinistra, foto tratta da pamabu.altervista.org)

Peppino Gagliardi partecipa alle più importanti manifestazioni e trasmissioni televisive dell’epoca, vedendolo quasi sempre assoluto protagonista. Gli elementi distintivi sono le sue indubbie doti di rendere armonico il connubio tra la raffinatezza interpretativa ed un timbro definito “nervoso”, tanto da essere soprannominato “il cantante dell’amore nervoso”.

Sono soprattutto l’immediatezza e la raffinatezza interpretativa del musicista che fanno la differenza, ma anche il suo profondo rispetto per la musica prodotta e ben suonata, ed è per questo che è sempre affiancato nelle incisioni da grandi strumentisti e musicisti, basti citare alcuni nomi: Maurizio e Guido De Angelis, Pino Rucher, Cicco Ciro, Tullio De Piscopo, Stelvio Cipriani ed il futuro premio Oscar Bill Conti.

Nello stesso periodo il musicista si dedica e concentra, come detto in precedenza, alla sua più importante opera, quella di musicare poesie inedite dei più importanti poeti napoletani passati e contemporanei: Nicolardi, Di Giacomo, Murolo senior, E.A. Mario ed altri. (a destra, foto di renzo Arbore, tratta da blog.libero.it)

Ulteriore menzione va al brano “L’America”, che successivamente è stato rielaborato nel testo dallo stesso Gagliardi con Renzo Arbore, e proposto come “Pecchè nun ce ne jammo in America”, che rappresentò la track di punta dell’album omonimo dell’Orchestra Italiana di Arbore pubblicato nel 1996, ottenendo un ottimo riscontro radiofonico e discografico.

Nel 1996, Renzo Arbore e con la sua Orchestra Italiana, dopo numerosi successi discografici, grazie alla riproposizione di brani della grande tradizione napoletano, pubblicano l’album “Pecchè nun ce ne jammo in America”, il cui brano di punta, che dà il titolo alla pubblicazione, altro non è in realtà che il rifacimento del brano “L’America”, scritto da Gagliardi e contenuto nell’album dell’artista napoletano “Il Viaggio” , con la caratteristica della rielaborazione di alcune parti di testo e l’introduzione di una parte rap.

Inizia quindi la sua collaborazione con il figlio Massimiliano, prima nella scrittura poi nella produzione artistica dei brani stessi.

La riconosciuta creatività artistica del figlio Massimiliano ha tuttavia, ed in meglio, consentito il raggiungimento di un risultato differente, con l’apporto di nuove sonorità, aggiunta di strumenti agli arrangiamenti dell’epoca, ed in alcuni casi, di nuovi arrangiamenti ai brani, mantenendo in qualsiasi caso la traccia di voce dell’incisione originale dell’artista. La produzione è stata completata con la realizzazione di due brani inediti e l’inserimento di un inedito dell’epoca.

Il risultato è un album triplo di elevata fattura, con la riscoperta, anche grazie alle nuove realizzazioni, di brani importanti e rifioriti, primi fra tutti : “Come un ragazzino”, in cui il musicista napoletano si riappropria del suo strumento principale la fisarmonica, duettando con la sua voce dell’epoca, “Acqua dal Cielo”, “A soffrire sarò io”, “Ti Amo così”, “La Ballata dell’uomo in più”, una rielaborazione particolarissima di “T’Amo e T’Amerò” e soprattutto “Innamorarmi di te”, spogliata dell’arrangiamento originale e rivestita di moderna sonorità.

Gli inediti, scritti a quattro mani con il figlio Massimiliano, sono ottimamente realizzati e riconsegnano un Gagliardi in eccellente forma e vitalità : “Din Din Bo….”, grido ribelle alla monotonia della vita e all’autodistruzione dell’essere umano, mentre “Stella di Maggio”, riporta alle atmosfere classiche dell’artista napoletano, con un testo molto elegante.

Peppino Gagliardi trova il giusto equilibrio con la stesura di brani che miscelano, in modo perfetto, la tradizione della musica classica con quella popolare napoletana, incentrando la musicalità in dei refrain molto orecchiabili, mai scontati e sempre elaborati. Tutto questo non è sfuggito al pubblico napoletano che è stato felice non di ascoltare una vecchia gloria, ma un musicista vitale, ben innestato nella modernità, che condivide con le performance del figlio Massimiliano.

 

 


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