Nuova indagine a carico dell’ex ministro degli Interni Matteo Salvini. La notizia, data questa mattina dal quotidiano La Repubblica, riguarda il no allo sbarco della Open Arms, la nave dell’ong spagnola Proactiva. I fatti risalgono ad agosto, poche settimane prima che Salvini facesse cadere il governo concludendo la propria esperienza a capo del Viminale. Le accuse per il capo della Lega sono di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio.
Ad aprire il fascicolo è stato il procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio che, nei giorni della lunga attesa davanti a Lampedusa della nave con a bordo oltre 160 migranti, giunse nell’isola delle Pelagie per monitorare da vicino la situazione. Lo stallo seguito al no allo sbarco imposto da Salvini portò diversi migranti a gettarsi in mare, nel tentativo di raggiungere a nuoto la costa. Su quella vicenda intervenne anche il Tar del Lazio che, accogliendo il ricorso presentato dall’ong, decise per l’annullamento del decreto che prevede la possibilità per il governo italiano di vietare l’ingresso nelle acque territoriali. La vicenda si concluse quando la procura dispose il sequestro della nave e l’immediato sbarco dei migranti.
Per Salvini, adesso, si ripresenta la possibilità di dovere affrontare un processo. Rischio già corso in seguito alla vicenda Diciotti dell’agosto 2018. In quel caso fu il Parlamento a salvare l’allora ministro, non concedendo l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti dopo che il tribunale dei ministri aveva stabilito che Salvini andava processato. Una decisione che era arrivata dopo non aver accolto la richiesta d’archiviazione presentata dalla procura di Catania.
Stavolta a valutare la posizione del ministro sarà innanzitutto la procura di Palermo, che successivamente formulerà le proprie richieste al tribunale dei ministri. Intanto Salvini attraverso Facebook si dichiara orgoglioso delle accuse: «Altra indagine, altro processo per aver difeso i confini, la sicurezza, l’onore dell’Italia? Per me è una medaglia!». Il capo della Lega, già ai tempi della Diciotti, aveva sfidato i magistrati dichiarando di essere pronto a essere processato, salvo poi chiedere ai parlamentari di non concedere l’autorizzazione a procedere. In quel caso, a dargli una mano fondamentale fu il Movimento 5 stelle, all’epoca alleato di governo.
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