Cronaca

In quattro mesi 131 pedoni uccisi: Sicilia tra le regioni con più morti. «Utili le zone 30 in luoghi sensibili»

Centotrentuno morti. Si tratta del numero di pedoni uccisi in Italia dall’inizio del 2024. C’è chi stava attraversando lungo le strisce pedonali ed è stato travolto da una macchina, o chi è stato investito mentre camminava tranquillamente sul marciapiede. Sono solo alcuni esempi di una tragica classifica, stilata dall’osservatorio pedoni Asaps, l’associazione amici della polizia stradale. Dati che si riferiscono alla fine di aprile ma che restituiscono una fotografia parziale del fenomeno: non si tiene conto infatti dei gravi feriti che spesso perdono la vita negli ospedali a distanza di mesi dagli incidenti. Soltanto a gennaio 2023 furono ben 53 i pedoni uccisi in Italia, contro i 31 del gennaio 2024. Ma è febbraio a essersi dimostrato un mese veramente tragico, con ben 42 decessi, un record negli ultimi cinque anni. A marzo sono stati 35 i morti; 23 quelli nel mese di aprile, che ha superato lo stesso mese del 2023. Tra coloro che sono morti sulle strade nel 2024, 92 sono uomini e 39 donne, 79 avevano più di 65 anni.

Nella classifica redatta dall’associazione è possibile geolocalizzare, attraverso una mappa, il luogo in cui è venuto il sinistro. A livello regionale, al vertice della classifica dei pedoni morti c’è la Lombardia con 18 decessi. Seguita Emilia Romagna con 16 morti e Lazio con 14. Poi c’è la Sicilia con i suoi 12 morti dall’inizio del 2024. Numeri che, per formare la graduatoria, andrebbero meglio analizzati rapportando, per esempio, le vittime al numero di abitanti che popolano le aree urbane, ossia quelle in cui avviene la raccolta dati sui decessi. Ma quali possono essere i correttivi per provare ad arginare il fenomeno? «Il rischio zero non esiste così come non esiste in nessuna attività umana. Si può abbattere l’esposizione a un pericolo. In genere, si agisce sulla fonte con interventi e strumenti di mitigazione del rischio», spiega a MeridioNews Clara Celauro, professoressa al dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo.

«In ambito urbano esistono dei provvedimenti di limitazioni del traffico o della velocità: la definizione di questi provvedimenti va fatta con approcci rigorosi e specializzati, per i quali giocano un ruolo fondamentale le competenze dell’ingegneria stradale. Le zone 30, per esempio, sono tipici provvedimenti a favore della sicurezza stradale in ambito urbano – continua la docente – Sono utili nei dintorni delle scuole o nelle aree più vissute dalla componente giovanile della popolazione. In queste aree andrebbe tutelata maggiormente la componente debole ovvero personale e non motorizzata. Queste zone – aggiunge l’esperta – andrebbero adeguatamente collegate con strade con limiti superiori, come le strade di quartiere a 50 chilometri orari, a loro volta collegate con quelle urbane di scorrimento, dove si può guidare entro il limite di 70 chilometri orari. Si dovrebbe passare in maniera graduale da un’area a un’altra».

I pedoni, in generale, sono i soggetti più vulnerabili della strada ma tra loro a spiccare è la componente di over 65. Tra i casi più recenti quello che ha riguardato il 93enne Agatino Botta. Storico portiere del civico 69 di corso Italia, a Catania. Zona in cui era un volto familiare per molti cittadini e dove è stato travolto all’angolo con viale Libertà, mentre attraversava sulle strisce pedonali. «L’invecchiamento della popolazione è al centro di diversi studi internazionali – analizza Celauro – e si comincia a porre il problema in relazione al fatto che queste persone hanno condizioni di mobilità diverse, con capacità cognitive specifiche e tempi di reazione rallentanti. Possiamo dire – aggiunge – che c’è una certa attenzione nel cercare di garantire condizioni di mobilità eque. Indicare cos’è prioritario, come tipologia di intervento, in tema di sicurezza stradale dipende dal contesto – aggiunge la docente – Non può esserci sempre la stessa soluzione. In alcuni casi, si potrebbero avere delle priorità rispetto ad altre: i fabbisogni vanno identificati e valutati da specialisti dell’ingegneria stradale, appunto, e le soluzioni vanno progettate ad hoc. L’importante è che tutto venga fatto in maniera armoniosa e coerente – conclude l’esperta – agli indirizzi di riduzione dell’incidentalità stradale delle amministrazioni centrali (Unione europea e ministero delle Infrastrutture e trasporti, ndr), personalizzando poi l’approccio in base alle necessità».

Dario De Luca

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