Le piccole imprese ‘festeggiano’ la fine

Non sappiamo, in effetti, nella realtà pratica, come sia nel resto dell’Europa, anche se possiamo supporre che sia esattamente come da noi. Quello che sappiamo con certezza è che qui (soprattutto in Sicilia) la “piccola impresa” è prossima all’estinzione. E con lei, la figura e le famiglie del “piccolo imprenditore”. Un massacro provocato dalla negligenza politica, dalla volontà industriale, dal bracconaggio commerciale tra i peggiori. Concentrato sullo sviluppo e il sostegno alle grandi idee, nel nome anche di un tentativo, perfettamente riuscito visti i risultati in termini di ritorno, di centralizzare il potere economico bancario e il potere economico commerciale “tutto a vantaggio della società che si evolve”, il governo ha varato una serie di iniziative che hanno disintegrato la micro economia.
Ha avallato la vendita delle banche autoctone ai grandi colossi (Unicredit, ad esempio) e ha permesso la colonizzazione del territorio ad opera dei mega centri commerciali e delle grandi imprese di costruzione di opere pubbliche colossali. Tutti, naturalmente, del Nord Italia. Ha, volutamente, tralasciato, l’opportunità di applicare norme e leggi, a sola tutela del patrimonio regionale, che lo Statuto speciale permetteva di adottare. Tutto legale, per carità, nell’interesse esclusivo del bene pubblico, del bilancio di ogni singolo cittadino, dell’economia degli enti locali, ma attuato in modo illegittimo, selvaggio e ignobilmente sovversivo, senza la minima considerazione per la “piccola economia”. Senza nessuna richiesta di condivisione, senza che le parti potessero dire la loro. Senza che il problema di fondo, che in simili processi inevitabilmente affiora, ossia l’aumento della “distanza”, sia stato in alcun modo considerato. Con la dovuta attenzione, voglio dire. Negando, cioè, al problema l’importanza che non poteva non avere: quello che è il rapporto tra il fruitore e l’erogatore di un servizio o di una possibilità all’interno di un tessuto economico locale.
Si è sovvertita la storia. Perché, cos’è la storia se non la somma di tutte le esperienze dell’intera ascendenza umana come scriveva Jack Monod? Quello, cioè, che ha reso possibile che l’uomo e il mondo di oggi siano quello che sono, e questo non solo in termini di evoluzione della specie, ma anche, inevitabilmente, per lo sviluppo sociale, geopolitico e economico di qualsiasi agglomerato umano. Cos’è la storia di una nazione, o di un popolo scrive Roger Scruton, se non la storia delle sue battaglie, delle conquiste, del suo retaggio culturale, ma anche la storia del suo artigianato, dei suoi costumi, dell’arte indigena e del suo tessuto economico che è per forza di cose unico?
E che cos’è, allora, il non considerare anche solo una parte di quel patrimonio genetico, nel nome della “globalizzazione”, dell’Europa unita, della modernizzazione commerciale se non ignobile sovvertimento?
Non è possibile cancellare il rapporto umano, ossia ciò che annulla quella “distanza”, laddove il rapporto umano è alla base di ogni scambio commerciale. Anche, e soprattutto, dove questo vive per ragioni storiche. Occorre certamente modernizzare, adeguarsi al mondo che cambia, diventare competitivi, ma senza che questo accada in modo traumatico. Che è quello che, invece, è avvenuto. L’Inghilterra, ad esempio, pur avendo adottato l’Euro ha mantenuto la valuta nazionale. Il processo di cambiamento è stato così protetto dal trauma legato al cambiamento. Questo è un esempio di “attenzione” che qui non è stato applicato. Occorreva promuovere il progresso lasciando che questo permeasse spontaneamente il territorio, senza costrizioni, senza scadenze, senza l’obbligo “impellente” di adeguarsi, mantenendo (anzi proteggendo) l’economia storica locale. Bisogna che si rifletta bene. Riparare quello che va riparato. Rilanciare i piccoli appalti, le manutenzioni ordinarie, promuovere il rilancio dell’edilizia regionale. Rifondare banche locali, che conoscano veramente le esigenze del territorio. Applicare norme che tengano conto della storia economica dei luoghi di origine. Perché non può e non deve essere così: non si può, ad esempio, proteggere il castello di Marineo, riconoscendolo patrimonio da tutelare, mentre la Banca Popolare di Lodi, agenzia locale, applica per gli imprenditori del posto, senz’altro anche loro patrimonio del paese, una norma bancaria concepita in Svizzera. Basilea 2 o 3.

 


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Non sappiamo, in effetti, nella realtà pratica, come sia nel resto dell’europa, anche se possiamo supporre che sia esattamente come da noi. Quello che sappiamo con certezza è che qui (soprattutto in sicilia) la “piccola impresa” è prossima all’estinzione. E con lei, la figura e le famiglie del “piccolo imprenditore”. Un massacro provocato dalla negligenza politica, dalla volontà industriale, dal bracconaggio commerciale tra i peggiori. Concentrato sullo sviluppo e il sostegno alle grandi idee, nel nome anche di un tentativo, perfettamente riuscito visti i risultati in termini di ritorno, di centralizzare il potere economico bancario e il potere economico commerciale “tutto a vantaggio della società che si evolve”, il governo ha varato una serie di iniziative che hanno disintegrato la micro economia.

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Non sappiamo, in effetti, nella realtà pratica, come sia nel resto dell’europa, anche se possiamo supporre che sia esattamente come da noi. Quello che sappiamo con certezza è che qui (soprattutto in sicilia) la “piccola impresa” è prossima all’estinzione. E con lei, la figura e le famiglie del “piccolo imprenditore”. Un massacro provocato dalla negligenza politica, dalla volontà industriale, dal bracconaggio commerciale tra i peggiori. Concentrato sullo sviluppo e il sostegno alle grandi idee, nel nome anche di un tentativo, perfettamente riuscito visti i risultati in termini di ritorno, di centralizzare il potere economico bancario e il potere economico commerciale “tutto a vantaggio della società che si evolve”, il governo ha varato una serie di iniziative che hanno disintegrato la micro economia.

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