Mafia a Expo, condannato a otto anni imprenditore Considerato vicino all’entourage di Messina Denaro

Giuseppe Nastasi, l’imprenditore accusato di aver portato Cosa Nostra a Expo, è stato condannato oggi a otto anni e dieci mesi di reclusione. A deciderlo, a conclusione del rito abbreviato, è stato il Gup di Milano Alessandra Dal Corvo. Accolta quindi, quasi totalmente, la richiesta della Procura di una condanna a nove anni. Insieme a Nastasi – riconosciuto colpevole di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, appropriazione indebita, riciclaggio, anche con l’aggravante di aver agevolato la mafia – sono stati condannati il padre Calogero Nastasi, pure per lui è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa, e altre sette persone. 

Il processo nasce a seguito dell’operazione Giotto che ha svelato le infiltrazioni della mafia all’esposizione universale del 2015. I due soggetti al centro della vicenda sono Giuseppe Nastasi e il suo braccio destro Liborio Pace (a processo con rito ordinario). Nastasi è accusato di essere il reale gestore del consorzio di cooperative Dominus scarl, che a Expo ha ottenuto appalti per 18 milioni di euro e ha realizzato i padiglioni di Francia, Guinea, Qatar e Birra Poretti, l’auditorium e il palazzo dei congressi. A commissionare i lavori è stata società Nolostand, una delle controllate da Fiera Milano. 

Il giudice oggi ha disposto un risarcimento al Comune di Milano, che si era costituito parte civile, da 200mila euro in relazione ai reati tributari contestati. Quanto ai risarcimenti da 800mila euro chiesti da Fiera Milano e Nolostand, anche loro costituite parti civili, così come il Comune che ha chiesto un milione, in riferimento agli altri reati, il giudice ha disposto la liquidazione in sede civile. Il gup, infine, ha ordinato la confisca agli imputati di conti correnti, immobili, quote societarie e orologi per oltre un milione di euro. 

Nastasi, imprenditore originario di Castelvetrano, è ritenuto vicino alla famiglia mafiosa degli Accardo di Partanna. In particolare sarebbe in rapporti di amicizia con Nicola Accardo, considerato elemento di spicco e aiutato più volte nei suoi viaggi a Milano da Nastasi. Ed è proprio agli Accardo che, secondo la Procura, sarebbe finita una parte dei fondi neri che l’imprenditore avrebbe ricavato gestendo il consorzio Dominus. Ma c’è di più. Durante la requisitoria il pm Paolo Storari ha depositato un’informativa della polizia giudiziaria da cui emergerebbe come Nastasi sia «intraneo all’entourage di Matteo Messina Denaro».

Intercettato mentre parla col suo braccio destro Pace a proposito della latitanza del capo di Cosa Nostra, Nastasi dice: «Lì – riferito a Castelvetrano – si sono scantati, se Mimmuzzo si mette a parlare… ma non parla Mimmo (…) Eh, ma sono terrorizzati, eh? Vediamo… insomma che hanno arrestato uno, quello più vicino diciamo… Un bordello c’è al mio paese». Mimmuzzo sarebbe Domenico Scimonelli, imprenditore attivo nel settore della viticoltura e dei supermercati. Secondo la direzione distrettuale di Palermo è l’ultimo anello della catena di postini che ha permesso le comunicazioni del boss latitante. L’intercettazione che la procura di Milano ha depositato nell’inchiesta su Expo è stata registrata la sera del 23 agosto del 2015. Venti giorni prima Scimonelli è stato arrestato nell’ambito dell’operazione Ermes e sarà condannato a maggio con rito abbreviato a 17 anni di carcere per associazione mafiosa. Nastasi e Pace parlano a bordo di un’Audi dei timori in merito alle possibili rivelazioni che Scimonelli potrebbe fare agli inquirenti rispetto alla latitanza di Messina Denaro. «Ma a quanto pare – risponde Pace – questo è cristiano muto». «No, Mimmo è a posto», replica Nastasi.

Col rito abbreviato sono stati condannati anche Calogero Nastasi, a tre anni e otto mesi. Stessa pena inflitta a Massimiliano Giardino, Marius Peltea e a un altro imputato. A due anni e otto mesi, invece, sono stati condannati Vasilea Onutu e un altro imputato. A due anni e dieci mesi Giuseppe Lombino (anche imputato in ordinario per altri fatti) e cinque anni sono stati inflitti a Francesco Zorzi. Ha patteggiato tre anni Simona Mangoni. 

Redazione

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