Imu, Irpef, Tarsu: guida alle tasse comunali L’assessore: «Una stangata necessaria»

«Io prendo 550 euro al mese di pensione, ho diritto a riduzioni sulla Imu?». «Chi emigra per lavoro e lascia una casa di proprietà qui, vuota, deve pagare l’Imu?». «Se do la casa a un figlio disoccupato in comodato devo pagare l’Imu?». Tra Tarsu, addizionale Irpef e il nuovo spauracchio che si chiama Imu, Imposta municipale unica, per i catanesi è in arrivo una stangata da più di mille euro annuali per le sole imposte comunali. Se ne è parlato a Cittàinsieme, dove il triste compito di descrivere le doti benefiche – per la salute del comune di Catania – dei salassi, è toccato all’assessore al bilancio Roberto Bonaccorsi. Pungolato dal consigliere Saro D’Agata, capogruppo del Pd, Bonaccorsi ha illustrato le spese del Comune e non ha lasciato speranze agli intervenuti: «Pagherete tutti, la legge nazionale non consente discrezionalità».

Del resto, a sentire l’assessore – un vero esperto in tasse e imposte dato che, oltre alla delega al bilancio comunale, ha quelle ai tributi, al patrimonio, alle partecipate e alle attività produttive – la sopravvivenza del comune di Catania dipende da questa nuova imposta. «Solo per il 2012 dovremo recuperare 35 milioni di euro in più, a causa dei tagli nei trasferimenti statali». Soldi che grazie all’Imu verranno recuperati secondo la categoria catastale dell’immobile. La nuova tassa infatti reintroduce i prelievi fiscali della famigerata Ici, la vecchia imposta comunale sugli immobili, e li unisce all’Irpef sulle rendite fondiarie .

«La buona notizia è che per gli immobili di categorie A4 A5 e A6, cioè gli immobili di fattura popolare, la tariffa sarà del 4 per mille del valore dell’immobile» dichiara Bonaccorsi. Mentre per le restanti categorie – compresa la più diffusa, la A2, abitazioni di tipo civile – dal comune di Catania sarà applicato il massimo consentito, ovvero il 6 per mille. Idem per le seconde case, dove verrà applicato il massimale del 10,6 per mille «ma di questi soldi, lo stato tratterrà il 33 per cento, non vanno tutti al Comune» precisa Bonaccorsi. Facendo un esempio, per una ipotetica prima casa di tipo A4 con rendita catastale mille – a cui, da quest’anno di deve aggiungere un 60 per cento di rivalutazione in più – l’importo da pagare è di circa 470 euro, cifra che comprende già i 200 euro di “sconto” sulla prima casa e a cui vanno sottratte le eventuali detrazioni di 50 euro per ogni figlio. Detrazioni che non si applicano sulle seconde case.

«Sono contento che il Comune sia tornato in parte indietro e abbia introdotto una minima differenziazione – dichiara Saro D’Agata dopo l’annuncio dell’assessore – ma non possiamo nascondere che il vero salasso sarà quello dell’Irpef, che da quest’anno verrà portato al massimale dello 0,8 per tutti» commenta il consigliere. L’addizionale comunale Irpef da quest’anno subirà infatti un aumento per tutte le categorie, arrivando allo 0,8 per cento del reddito imponibile. Una cifra che, calcolata sulla media del reddito catanese – 23600 euro secondo i dati forniti dal Sole 24 ore relativi all’anno 2010 – peserà nella tasca di ogni catanese per 180 euro annui. «Il Comune ha abolito le fasce di applicazione dell’addizionale che, in questo modo, è profondamente iniqua» attacca D’Agata. Ma Bonaccorsi si difende: la stangata è necessaria e, per dimostrarlo, sciorina i numeri della inefficiente e costosissima gestione comunale. «Spendiamo di soli stipendi 131 milioni di euro, 61 milioni di euro per i mutui, 30 milioni servizi sociali, 26 milioni all’Amt per trasferimento di socialità, 21 milioni vanno invece alla Multiservizi per servizi in-house» spiega Bonaccorsi. Che prosegue parlando degli introiti comunali: 153 milioni di euro vengono da trasferimenti statali (a fronte dei 245 milioni del 2002), 4,5 milioni provengono dalle affissioni pubbliche, mentre gli altri costi sono coperti dalla Tosap – tassa per l’occupazione di spazi pubblici – e dai diritti sui vari servizi comunali, dagli impianti sportivi alle imposte di bollo.

Altri 68 milioni di euro entrano nelle casse comunali dalla Tarsu, la tassa sui rifiuti solidi urbani «che serve però solo a coprire il costo del 100 per cento del servizio», precisa Bonaccorsi, ma sulla quale il comune vanta «almeno 20 milioni di euro dai morosi». Del trasferimento di occupa Equitalia ma, a sentire l’assessore, la liquidità del Comune è fortemente compromessa dai mancati introiti derivanti dalla Tarsu, che costa ai catanesi una media di 390 euro l’anno. Tarsu che, a partire dal 2013, non verrà più prorogata come avviene dal 1993 – doveva far spazio alla tariffa sui rifiuti Tia già nel 1997 – ma farà posto alla Tres, tributo comunale su rifiuti e servizi. «Sostituirà anche la Tia mantenendo, come questa, una quota fissa per i servizi cittadini, mentre il resto verrà calcolato sulla quantità e soprattutto qualità dei rifiuti» annuncia Bonaccorsi. Che soddisfatto esclama: «Quest’anno, per la prima volta, il comune di Catania e tutte le partecipate sono in attivo». Con gran merito dei catanesi.

 

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