Il lombardiano la spunta in una seduta non facile per il centrodestra. Le vice presidenze vanno a Carmelo Nicotra e, per l'opposizione, al dem Lanfranco Zappalà. Sull'Aventino il M5s. L'ex assessore Salvo Di Salvo rompe con il centrosinistra
Consiglio, Castiglione presidente dopo tante tribolazioni Si consuma strappo tra Pogliese e Diventerà bellissima
Le uniche note stonate, per il centrodestra, sembravano il disordine di Palazzo degli elefanti, pieno zeppo di familiari e curiosi persino con passeggini e mazzi di fiori al seguito, e l’apertura della seduta di insediamento del nuovo consiglio di Catania toccata a Giovanni Grasso. L’ex candidato sindaco del Movimento 5 Stelle è stato il consigliere più votato e, in attesa dell’elezione che ha poi incoronato presidente dell’aula Giuseppe Castiglione, dedica da presidente provvisorio il debutto di consiliatura a Rita Borsellino, scomparsa ieri, Nino Martoglio e Pippo Fava, non prima di un po’ di sarcasmo: «Occupo immeritatamente questo scranno, uomini più valorosi di me lo hanno già fatto». Riferimento ai giochi che sembravano già conclusi, e all’esclusione dei pentastellati da ogni trattativa, sulla poltrona andata a un lombardiano di ferro. E in parte proprio lo erano. Castiglione, come da accordi davvero consolidatisi solo nella notte, viene votato a scrutinio segreto da 22 colleghi, uno in meno però della maggioranza di centrodestra. Cinque le schede nulle e sei quelle le bianche, con ogni probabilità tutte del Movimento 5 stelle.
L’accordo su Castiglione era stato in bilico anche perché fino all’ultimo sia Andrea Barresi, consigliere eletto in una civica, che Manfredi Zammataro, consigliere di Diventerà bellissima, hanno giocato la partita per la presidenza. E proprio dai tre consiglieri legati al governatore Nello Musumeci arriva il tentativo di sgambetto, vanificato dal soccorso sottotraccia del centrosinistra, a sua volta costato la furia dell’ex assessore Salvo Di Salvo, subito in rottura con il gruppo Con Bianco. I musumeciani votano per uno di loro, il debuttante Nino Penna, e alzano la tensione di un insediamento che aveva visto il sindaco Salvo Pogliese volare alto, scegliere parole chiare e pesanti proprio sul rapporto con l’aula che dovrà sostenerlo. «Credo fortemente nelle funzioni del Consiglio tutto – ha detto – Saremo chiamati a un ruolo di rilievo, più che in passato, e avrò rispetto. Lo rivendicavo quando ero seduto fra voi – Pogliese è stato consigliere dal 1997 al 2002, ndr – e sarò coerente. Sarò presente ai lavori con grande frequenza, parlando il linguaggio della verità, senza ipocrisie né ammiccamenti».
Sarà forse anche per questo che le tribolazioni sulle due vicepresidenze non sembrano turbare il sindaco. Pogliese accetta la sfida degli alleati di destra cercando in prima persona gli accordi necessari – una sospensione di dieci minuti si prolunga per quasi un’ora – e, alla fine, premiando il ripescato Carmelo Nicotra. Servono tre votazioni, ma il consigliere ex Fratelli d’Italia – che per una questione di calcoli elettorali è ritornato a Palazzo solo a fine luglio, rubando un seggio prima attribuito a Forza Italia – riesce a diventare il vicario d’aula, poltrona portata alla ribalta, nell’era Bianco, dalle battaglie di Sebastiano Arcidiacono.
Gli uomini di Musumeci, intanto, votano per conto loro per tutta la seduta. Assieme a loro, fra i voti fuori dalla maggioranza, ci sono probabilmente l’altro deluso di giornata, Barresi, e Salvo Peci, in procinto di creare un gruppo proprio con l’avvocato ex Mpa. «Un autogol clamoroso», commentano dalle parti del sindaco. In realtà la carica di vicario era stata offerta proprio a Zammataro. Troppo poco, per la base di Db che lui, legato all’assessore regionale Ruggero Razza, incarna, base che si sentirebbe sotto rappresentata. A partire dalla giunta, dove in teoria, però, il vicesindaco Roberto Bonaccorsi è qualcosa in più di un tecnico, essendo componente del direttivo del partito di Musumeci e Raffaele Stancanelli. I ribelli, a ore, ufficializzeranno le ragioni del dissenso in una nota. La ventilata mancata considerazione da parte di Pogliese, di fatto, non viene perdonata.
Per tutta la giornata sembrano così ballare almeno 5 voti del centrodestra, che sommati ai consiglieri di M5s e centrosinistra potrebbero, convergendo tutti su un nome, far saltare i piani del sindaco. Ma ciò non accade, se non quando viene bocciata la richiesta della maggioranza di rinvio delle due votazioni, proprio perché non c’era la concordia fra tutti. Per il resto, da una parte i grillini restano fermi sull’irritazione di Grasso e scelgono la scheda bianca. Dall’altra parte, c’è Enzo Bianco a guidare il fronte, incassando all’unanimità un odg che chiede al governo nazionale di ripristinare i fondi del bando Periferie.
L’ex sindaco pare già a suo agio negli inediti panni di consigliere di minoranza. È lui a scattare in piedi e a dire «no» sul rinvio, ma non si oppone all’intesa trasversale intessuta da Lanfranco Zappalà. Va a lui la vicepresidenza destinata all’opposizione, assai inseguita nelle ultime settimane dal veterano dell’aula vicino al Pd. Quel posto, tuttavia, lo sognava Di Salvo che, imbufalito dalle larghe intese non calibrate su di lui, si sfila dal fronte dem: «Mi dichiaro indipendente – ha affermato a fine seduta – perché non condivido le scelte fatte». Quattordici i consensi andati a Giovanni Grasso in quest’ultima votazione, otto in più del gruppo M5s: possibile che qui e fra le nulle ci siano i tre voti – Peppe Gelsomino, Francesca Ricotta e Mario Tomasello – del gruppo legato al deputato regionale Pd Luca Sammartino. L’aula debutta, e sono quasi le 16 quando la seduta si scioglie, ed è già ballerina per il centrodestra di Pogliese. E , in sintesi, a causa delle bizze sorprendenti per intensità degli uomini del governatore Nello Musumeci.