Il tribunale del Riesame ha dichiarato inammissibile la richiesta arrivata dai legali del sacerdote ennese Giuseppe Rugolo che adesso si trova nel seminario di Ferrara, dove era stato trasferito nell'ottobre del 2019 da monsignor Rosario Gisana
Resta ai domiciliari prete arrestato per abusi sessuali su minori Vescovo: «Nessuna offerta di soldi al giovane che ha denunciato»
Rimane ai domiciliari don Giuseppe Rugolo, il sacerdote di Enna arrestato il 27 aprile scorso a Ferrara (in Emilia Romagna) con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori. Il tribunale del Riesame ha dichiarato inammissibile la richiesta di scarcerazione presentata dai difensori Antonino Lizio e Denis Lovison. Rugolo è ai domiciliari nel seminario di Ferrara, città dove era stato trasferito nell’ottobre del 2019 dal vescovo della diocesi di Piazza Armerina Rosario Gisana. Dopo la denuncia all’autorità ecclesiastica di un giovane e le conclusioni del tribunale ecclesiastico, gli atti erano stati inviati in Vaticano alla Congregazione della Fede che aveva dichiarato la propria incompetenza perché le violenze sarebbero avvenute quando Rugolo era seminarista.
«La ricerca della verità e della giustizia, la tutela delle vittime di ogni eventuale reato e la custodia della comunità dei credenti che ne stanno condividendo la sofferenza sono sempre state e restano le priorità di monsignor Gisana, animato dal desiderio che la Chiesa assicuri sempre la massima trasparenza sul proprio operato». Così scrivono in un un comunicato gli avvocati del vescovo Gabriele Cantaro e Maria Teresa Montalbano. Lo scorso gennaio, Gisana era stato sentito in procura come persona informata sui fatti.
«Sin dalla prima richiesta di colloquio da parte della famiglia, fatta pervenire al vescovo da parte di un sacerdote nell’agosto del 2016, monsignor Gisana si è dichiarato disponibile a ogni forma di ascolto e valutazione», spiegano ancora gli avvocati che ribadiscono con fermezza che «nessuna offerta di denaro è stata effettuata dal vescovo al giovane coinvolto». A sostenere il contrario sono invece i genitori del ragazzo che ha denunciato di avere subito gli abusi quando aveva 15 anni.
«La diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio», hanno sostenuto i familiari assistiti dall’avvocata Eleanna Mollica Parasiliti. La madre e il padre del giovane hanno anche riferito alcuni particolari della proposta di accordo arrivata «direttamente dalla curia e dal vescovo e mediata da un avvocato rotale (del foro canonico) del Nord Italia». I soldi sarebbero stati erogati a rate nell’arco di due anni. La famiglia, però, non ha accettato l’offerta.