Ars/ Per la legge sulle variazioni di Bilancio mancano 200 milioni di euro. Da trovare in stile “Don Raffaè”?

IL GOVERNO REGIONALE STA PROVANDO AD USARE LA PIAZZA PER COSTRINGERE L’ARS A VARARE UN PROVVEDIMENTO CON NORME GIA’ IMPUGNATE, PIEGANDO ANCHE LE RESISTENZE DELL’UFFICIO DEL COMMISSARIO DELLO STATO?

Dopo due mesi di ‘melina’ il Governo regionale di Rosario Crocetta manifesta un’improvvisa fretta. E cerca di imporre all’Assemblea regionale siciliana una legge di variazioni di Bilancio che si annuncia incostituzionale. Perché tutta questa fretta? E da cosa nascono i possibili profili di incostituzionalità? Proviamo ad analizzare quello che sta succedendo.

Quello che il Governo regionale ieri non ha reso noto è che, per poter mettere nelle condizioni Sala d’Ercole di approvare la legge sulle variazioni di Bilancio, bisogna trovare 200 milioni di euro circa.

Per essere precisi, fino a qualche settimana fa, all’appello, per avviare il dibattito all’Ars sulla legge di variazioni di Bilancio mancavano 20-30 milioni di euro. Tutto sommato, ben poca cosa. Poi sono arrivati gli 80 euro in busta paga per i bassi redditi: provvedimento voluto dal capo del Governo nazionale, Matteo Renzi.

Il signor Renzi, visto che siamo in campagna elettorale, fa il generoso. Lui fa questo regalo, ma in Sicilia a pagarlo saranno i siciliani. Morale: bisognerà trovare 180 milioni di euro. Questa trovata di Renzi ha fatto saltare i conti della legge sulle variazioni di Bilancio.

Fin qui sono notizie conosciute. Le novità sono altre, in parte note a metà, in parte tenute nascoste dal Governo regionale.

Le verità conosciute a metà sono quelle illustrate in modo piuttosto impreciso – in stile Abate Vella, versione ragioneristica – dal nuovo assessore regionale all’Economia, Maurizio Agnello. La scorsa settimana, al ritorno da una missione romana, l’assessore Agnello ha affermato di aver trovato una specie di “elisir di lunga vita”: in pratica, i soldi per coprire il ‘buco’ nei conti regionali provocato dalla ‘magnificenza’ del Presidente del Consiglio Renzi e dai suoi populistici e demagogici 80 euro in busta paga.

Da dove l’assessore Agnello dovrebbe prendere questi soldi non si è capito. Si sussurrava da un Decreto che il Governo nazionale non ha ancora varato. O, forse, dalla sanità siciliana, togliendo altri servizi ai siciliani (qualcuno, addirittura, ha parlato di un taglio alla sanità privata: non ovviamente all’Ismett, che non potrebbe tollerare un affronto del genere, ma alle cliniche private).

Alla fine, se proprio la volete sapere tutta, noi l’abbiamo capito da dove il Governo regionale vorrebbe prendere questi 200 milioni di euro: li vorrebbe prendere dalle regolazioni contabili, dai fondi di riserva e, soprattutto, dal fondo rischi. Sarà così?

In pratica, per accontentare il signor Matteo Renzi e la sua demagogica trovata degli 80 euro al mese, la Regione siciliana dovrebbe privarsi delle risorse finanziarie per fronteggiare eventuali emergenze (fondi di riserva) e delle risorse che servono per fronteggiare la montagna di residui attivi (circa 4 miliardi di euro di entrate dubbie, se non fittizie). Noi non ci vogliamo credere. E speriamo che non sia vero.

Se ciò rispondesse al vero, saremmo davanti a un Governo nazionale che invita il Governo regionale a distruggere i conti pubblici di una Regione già messa malissimo (le condizioni finanziarie della Regione siciliana sono già drammatiche) per attuare la sceneggiata degli 80 euro non con i soldi dello Stato, ma con il ‘culo’ dei siciliani. Noi non ci vogliamo credere!

Ovviamente, non sarebbe facile andare ad intaccare i fondi di riserva e il fondo rischi dei conti economici regionali. Anche perché (anzi, soprattutto perché) su questi due punti, lo scorso febbraio, l’Ufficio del Commissario dello Stato ha impugnato la manovra.

Da qui la possibile trovata di ‘genio’ del Governo Crocetta che, con molta probabilità, non agirebbe senza la ‘copertura’ di Roma (il fine potrebbe essere sempre la storia degli 80 euro al mese…). E quale sarebbe questa trovata di ‘genio’? La drammatizzazione sociale.

Di fatto, stando a quello che vediamo, il Governo regionale potrebbe anche cercare di usare la piazza – cioè le tante categorie sociali, oggi senza soldi, pronte a scendere in piazza – per condizionare, anzi, per piegare l’Ars e l’Ufficio del Commissario dello Stato.

A Sala d’Ercole il Governo Crocetta non ha una maggioranza (oltre alle opposizioni, c’è anche mezzo gruppo parlamentare del PD che non sembra molto benevolo nei suoi confronti). Facendo scendere in piazza precari, Sindaci, forestali e via continuando con tutti i soggetti che ha lasciato senza soldi, il presidente della Regione e chi gli sta dietro, chissà, potrebbero costringere il Parlamento siciliano a votare una legge truffaldina, perché la copertura dei 200 milioni di euro non può essere trovata rispolverando norme che sono state impugnate appena due mesi addietro!

Quando un Governo regionale vuole applicare norme impugnate dall’Ufficio del Commissario dello Stato può seguire due vie: pubblicare lo stesso la legge, assumendosene la responsabilità contabile (la legge la firma il presidente della Regione: ed è lui che se ne assume la responsabilità in solido); oppure rivolgendosi alla Corte Costituzionale.

Che cosa lascerebbe intendere, invece, il Governo Crocetta? Vorrebbe sostanzialmente ripresentare le norme impugnate all’Ars, farsele approvare dal Parlamento dell’Isola per farle ‘inghiottire’ al Commissario dello Stato? Noi ci auguriamo che le cose non stiano così.

Però ci sono delle cose che portano a non escludere uno scenario del genere. Non dimentichiamo che è passata una legge riscritta dagli uffici dell’Ars in palese violazione del regolamento d’Aula (la presunta riforma delle Province); e che l’Ars ha approvato un mutuo da quasi un miliardo di euro per foraggiare la spesa corrente (legge incostituzionale dalla A alla Z).

Da qui una domanda che ci inquieta: secondo voi Crocetta e l’Ars si farebbero scrupoli a ripresentare una legge con norme impugnate due mesi prima? Siamo o non siamo, in fondo, il Paese dove una finale di Coppa Italia si celebra grazie alla ‘mediazione’ della camorra?

Come chiamare questa legge di variazioni di Bilancio, là dove dovesse essere approvata da Sala d’Ercole con gli articoli già impugnati dall’Ufficio del Commissario dello Stato? Noi una proposta l’abbiamo: chiamiamola la “legge di Don Raffaè”, anche in onore dei fatti accaduti allo stadio Olimpico qualche giorno fa…

In fondo, se ci riflettiamo, un filo sottile potrebbe legare i fatti dell’Olimpico con una legge regionale di variazioni di Bilancio con norme già impugnate: ci sono le stesse ‘autorità’ e, soprattutto, c’è lo stesso Stato che, come canta il grande Fabrizio De Andrè, “si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità…”.  

 


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