Angelo Massimino, il ricordo a 19 anni dalla scomparsa Il nipote: «Era un catanese verace, non ha mai mollato»

Oggi è il 19esimo anniversario della scomparsa del Cavaliere Angelo Massimino. Gli appassionati di calcio lo ricorderanno di certo come il presidente del Catania. I tifosi rossazzurri, specie quelli della scorsa generazione, lo chiamano ancora il presidentissimo. Per suo nipote Alessandro Russo invece, intervistato da Meridio, era ed è rimasto nonno Angelo. «Era un catanese fiero di esserlo. E, come tutti i catanesi, non conosceva mezze misure. Nella sua vita ha fatto voli pindarici e rovinose cadute. Si faceva trasportare dall’entusiasmo e altrettanto facilmente dallo sconforto. Tante volte ha pensato di mollare, però non l’ha mai fatto. Come ha dimostrato anche nella battaglia per salvare il Catania dalla radiazione, nel 1993. Per questo l’ho sempre visto e poi l’ho raccontato come un uomo capace di tutto fuorché di arrendersi». Il riferimento al 1993 riporta alle battaglie di Massimino contro la Figc e non solo. Quando, per questioni economiche, la federazione aveva deciso di radiare il Calcio Catania, che a quel tempo militava in serie C. Mentre il Comune si preparava a sostituire la società, con l’arrivo della Leonzio (poi Atletico Catania), Massimino si batteva per la sopravvivenza dei rossazzurri, ottenendola.

«Fu lui il ponte tra la radiazione e la reiscrizione seppure nelle serie minori. Non avrebbe mai permesso che la squadra della sua città fosse cancellata, men che meno mentre era lui il presidente. Non se lo sarebbe mai perdonato. In questo ha dimostrato di essere un catanese vero, che nel bene o nel male tiene sempre al suo Catania, e questo lo ha reso popolare». Eppure il calcio nazionale lo ricorda più per le sue frasi imperfette, per le sue gaffe, per i suoi modi veraci. «Avere una laurea non gli avrebbe dato un cuore grande più di quello che ha dimostrato di avere. Era un uomo corretto, che con i miei stessi occhi ho visto cacciare a calci in culo gli esattori della mafia che venivano a chiedere il pizzo nei suoi cantieri. Non è mai stato legato ai giornalisti né ha mai avuto padrini politici. Aveva irriverenza verso gli uomini di potere, ed oggi sono sicuro che avrebbe attaccato Tavecchio come allora attaccò Matarrese. Difetti, certo che ne aveva. Su tutti quello di amare l’essere una prima donna. Il giro di campo era il suo vezzo e la domenica allo stadio doveva essere la sua festa. Anche per questo, nell’84. cacciò Giacomo Bulgarelli. L’aveva chiamato per fare il manager, lo stava facendo bene ma gli stava anche sottraendo popolarità».

La storia di Angelo Massimino è ricca di aneddoti che raccontano il suo modo di essere e di vivere il Catania. «Nell’estate del 1985 ero al suo fianco quando fu felice di avere chiuso un affare immobiliare solo perché, con quei soldi, avrebbe poi comprato Canuti e rafforzato così il Catania. O quando, dopo essere stato operato agli occhi, ringraziò il chirurgo che l’aveva operato “a nome di tutta Catania”. Giusto per significare come si identificasse con la sua città a tutto tondo». C’è un episodio che, su tutti, racconta di cosa è capace Catania e cosa rappresentasse Massimino per il Catania ed i catanesi. «Nel febbraio del 1996 c’era aria di contestazione e, durante un allenamento a Valverde, alcuni tifosi scavalcarono le recinzioni con l’intento di aggredire i giocatori. Nonostante il diabete l’avesse reso quasi ormai cieco, Massimino si mise in mezzo per fare da paciere. Finì a terra, calpestato, e ne uscì malconcio. Quegli stessi tifosi li vidi poi, nel giorno dei suoi funerali, trasportare a spalla sua bara dal Duomo fino al camposanto. Alcuni fecero pure a cambio lungo il tragitto. Fu questo l’onore che i tifosi del Catania vollero tributare a mio nonno».

Per le nuove generazioni di tifosi del Catania, il presidentissimo è un po’ come un nonno mai avuto. Una figura famigliare di cui però hanno solo sentito parlare dagli zii, dai genitori o dagli amici di famiglia. Poterlo incontrare attraverso gli occhi del nipote è una prospettiva preziosa. «Catania, anche di recente, ha confermato avere poca memoria storica. È una città nella quale i colori rossazzurri sono a volte usati per nascondere la verità scritta nella storia e porgere così, a chi non l’ha vissuta, un ricordo confuso di fatti e persone». Recenti fatti di cronaca hanno indirettamente riguardato la memoria di Massimino. In città è avvenuta l’intitolazione di piazzale Oceania alla memoria di Candido Cannavò, mentre allo stadio (nel corso dell’ultima gara casalinga, contro il Frosinone) i tifosi rossazzurri hanno inneggiato ad Angelo Massimino, in polemica con l’attuale dirigenza.

«Il ricordo Angelo Massimino va però tenuto separato da tutto ciò. Come famiglia Massimino non amiamo la ribalta, né fare polemiche né che il ricordo di Angelo Massimino venga strumentalizzato. Dico perciò solo che siamo tifosi del Catania e che auspichiamo torni presto dove merita. Allo stesso tempo mi auguro che l’amministrazione comunale faccia quello che, insieme ad un comitato di cittadini, chiedo da tempo. Ovvero, intitolare una strada a Géza Kertész. Allenatore del Catania, fucilato dai nazisti per avere aiutato degli ebrei a sfuggire all’olocausto». 

Stasera, alle 21, alcuni tifosi si sono già dati appuntamento in piazza Spedini per commemorare Angelo Massimino allo stadio che, dal 2002, gli è stato intitolato. 

Marco Di Mauro

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