Amministrative, perché il Movimento 5 stelle ha perso Esperti: «Minore resa del voto di protesta e leaderismo»

Un solo candidato al ballottaggionel Comune di Scordia, il tracollo nelle amministrative palermitane, la delusione nella tornata trapanese, compromessa dalle vicende giudiziarie dei candidati Mimmo Fazio e Antonio D’Alì. I cinquestelle non sfondano alle elezioni comunali siciliane e ammettono che «un momento di riflessione è più che opportuno».

«Abbiamo seminato un esercito di consiglieri comunali», ammette il leader dei pentastellati siciliani, Giancarlo Cancelleri. «Voglio guardare il bicchiere mezzo pieno», gli fa eco il collega Salvatore Siragusa. Eppure la batosta si sente eccome, si legge sulle bacheche dei grillini palermitani, si respira nelle crepe mai risolte delle incomprensioni tra il coeso gruppo dei deputati all’Ars e l’altrettanto unito zoccolo duro dei siciliani a Montecitorio. «Nella nostra vita – continua Cancelleri – ci sono successi e fallimenti. Per vincere devi toccare terra e impolverarti, ma per non rendere vana la caduta è necessario imparare a non mollare e rialzarsi. Alle regionali sarà un’altra storia». «Il voto d’opinione non ha sfondato – sottolinea Siragusa – e su questo forse bisognerebbe anche capire in che maniera aggiustare il tiro a livello nazionale».

Anche secondo alcuni analisti e politologi sentiti da MeridioNews, le cause del passo falso vanno in parte cercati oltre lo Stretto. «Da una prima sommaria analisi credo che abbiano giocato due fattori – spiega il politologo palermitano Giancarlo Minaldi, docente di Scienza Politica all’Unikore di Enna -. Da una parte la retorica dell’inesperienza del Movimento 5 stelle, legata soprattutto all’amministrazione di Roma, può avere avuto degli effetti. Dall’altra il Movimento sta assumendo sempre più un aspetto leaderistico, a livello nazionale legato a figure come Di Maio e Di Battista, e questo può avere avuto riflessi sulla fiducia dei cittadini a livello locale».

Per Orazio Lanza, docente di Scienza politica all’università di Catania, «la rendita derivante dall’insoddisfazione e dalla protesta sta diminuendo. È un trend  – sottolinea – che nell’ultimo anno riscontriamo in diverse elezioni in tutta Europa e che anche i cinquestelle stanno pagando». Si spiegherebbe così anche il basso dato dell’affluenza a Palermo, dove è andato alle urne solo il 52 per cento degli aventi diritto. «Questo – riflette Minaldi – ci dice due cose: che la spinta del voto di protesta che aveva portato il M5s al 33 per cento delle politiche si è affievolita e che, almeno a Palermo, si è ridotto il voto clientelare». Alle ultime elezioni politiche, nel 2013, il partito pentastellato aveva attratto moltissimi voti degli scontenti. «L’analisi dei flussi – aggiunge il docente palermitano – dimostra che quattro anni fa in Sicilia il Movimento prese tantissimi voti provenienti dall’elettorato di Forza Italia e Udc».

Ci sono poi alcune specificità territoriali, come nel caso di Trapani, dove il candidato grillino Marcello Maltese ha ottenuto il 16 per cento e la lista il 12, scavalcata da Forza Italia e Pd. «Trapani è però un territorio che fa storia a sé – analizza Antonio Vesco, antropologo e ricercatore dell’Università di Torino originario di Alcamo -, perché al di là delle recenti inchieste, qui la politica riesce ancora a farsi garante degli assetti economici, a mantenere un equilibrio tra impresa, mafia e massoneria, cioè ad agire di concerto con i principali soggetti che gestiscono la distribuzione delle risorse. Questo equilibrio, questa scarsa conflittualità, ha certamente delle ricadute sul voto, perché si traduce in una sostanziale stabilità politico-amministrativa». Eppure, appena un anno fa, a una cinquantina di chilometri di distanza, il Movimento 5 stelle trionfava ad Alcamo con il sindaco Domenico Surdi. «Due città vicine eppure con una storia politica profondamente diversa – riflette Vesco, che col suo gruppo di ricerca dell’università di Torino, guidato dal professore Rocco Sciarrone, nel 2011 ha dedicato uno studio sui rapporti tra mafia e comitati di affari in questo territorio -. Ad Alcamo assistiamo da sempre a una gestione meno lineare dei rapporti tra politica, impresa e mafia locale. Negli ultimi anni, poi, i notabili di lungo corso hanno fatto fatica a garantire una distribuzione soddisfacente delle risorse. Il successo del Movimento 5 stelle si inserisce quindi in una fase di crisi del sistema politico locale. Ma per comprendere fino in fondo l’affermazione dei 5 stelle ad Alcamo – avverte Vesco – non si può non tenere presente il lavoro portato avanti in questi anni da un altro movimento politico, che ha creato le condizioni per una vera e propria rottura con le passate amministrazioni».

Il riferimento di Vesco è ad Alcamo Bene Comune, il movimento civico che già nel 2012 stava per vincere il ballottaggio contro il Pd e che l’anno scorso ha conteso l’amministrazione della città agli stessi grillini. «La vicenda di ABC ad Alcamo – racconta il ricercatore – ci dice quanto abbia pesato il simbolo per il successo del Movimento 5 stelle, a prescindere dai candidati. Alle ultime elezioni abbiamo visto diversi esponenti di ABC passare al M5s, perché consapevoli della forza elettorale del movimento di Grillo. Alcuni tra questi oggi siedono in consiglio comunale. Ma negli ultimi tempi la capacità di traino e la credibilità pubblica del M5s sembra affievolirsi».

Un passo falso alle amministrative che però, a detta di tutti gli analisti, non diminuirà le possibilità di vittoria dei grillini alle prossime elezioni regionali di novembre. «Quella regionale è un’altra partita – conclude Vesco – che dipenderà molto dalla scelta dei candidati. Se davvero, ad esempio, il Pd scegliesse Grasso, probabilmente metterebbe in crisi l’elettorato storicamente vicino al centrosinistra ma che negli ultimi tempi ha preferito il Movimento 5 stelle».


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