«Non si tratta di omicidio-suicidio. Viviana non è precipitata da quel traliccio e non ha attivato nessun atto aggressivo nei confronti del piccolo Gioele». A quasi un anno dalla morte della dj torinese Viviana Parisi e del figlio di quattro anni, è quello che sostiene il criminologo Carmelo Lavorino, consulente della famiglia del marito e padre delle due vittime Daniele Mondello. Mentre la procura continua a battere sulla pista dell’omicidio-suicidio, i familiari credono che madre e figlio siano stati uccisi e che i loro corpi siano poi stati spostati dal luogo del delitto.
«Le evidenze scientifiche, tecniche, investigative criminalistiche e criminologiche – spiega Lavorino – ci fanno concludere, insieme agli altri esperti del team che hanno effettuato l’ispezione cadaverica esterna a Messina e nei boschi di Caronia, che ci troviamo di fronte a una scena organizzata da una combinazione criminale che ha voluto portare via Viviana dal pozzo dove è precipitata insieme al bambino e dove hanno trovato la morte per asfissia». Una tesi già sostenuta con fermezza dal pool dei consulenti e depositata alla procura di Patti dopo tutte le analisi e i rilievi effettuati dal pool nominato dagli avvocati Claudio Mondello e Pietro Venuti. Nei giorni scorsi, il procuratore capo Angelo Cavallo ha dichiarato che «entro fine luglio, i corpi verranno consegnati ai familiari per le esequie e, al più presto, tutte le consulenze saranno depositate».
Alcuni dei consulenti nominati dalla procura hanno depositato solo in modo parziale le relazioni di un’indagine complessa che ha visto al vaglio centinaia di reperti disseminati nella vasta area boschiva di Caronia. Il corpo senza vita di Viviana è stato ritrovato ai piedi di un traliccio dell’alta tensione l’8 agosto, dopo 11 giorni (nonostante un drone lo avesse ripreso ad appena 24 ore dalla scomparsa) dall’incidente con un furgoncino di tecnici della manutenzione autostradale avvenuto all’interno della galleria Pizzo Turda lungo l’autostrada A20 Messina-Palermo. Giorni dopo è stato poi un volontario a rinvenire i resti del cadavere di Gioele dilaniati da animali selvatici, a circa 800 metri di distanza in linea d’aria. Il pm Cavallo, già nei mesi scorsi, ha affermato che «dal punto di vista medico-legale è difficile accertare come sia morto il bambino. Dall’esito di tutte le consulenze potrebbe emergere qualche elemento che consenta di stabilirlo».
Mentre si resta in attesa dei risultati delle attività info-investigative, delle consulenze, dei filmati, delle foto e di tutto il materiale raccolto nel fascicolo, la tesi della procura resta quella che Viviana avrebbe prima ucciso il figlio e poi si sarebbe gettata dal traliccio. Per i consulenti della famiglia sono troppe, però, le cose che non tornano. «Vi sono delle evidenze scientifiche», afferma Lavorino spiegando che «non si è verificato nessun crollo psicotico della donna». Nell’auto era stato trovato il certificato medico che attesta paranoia e crisi mistiche di cui soffriva la donna. Il criminologo, poi, prova a smontare la tesi della procura anche puntando sull’impossibilità di Viviana di arrampicarsi sul traliccio. «La donna avrebbe incontrato moltissime difficoltà per arrampicarsi con le scarpe ginniche (o con una sola scarpa) a suola non prensile su un traliccio di metallo rovente, scivoloso, con rovi spinosi e pungenti. Poi è altamente improbabile e congetturalmente illogico che non ci siano tracce digitali (biologiche e Dna) di Viviana sul traliccio né che la vittima abbia riportato ferite (graffi o escoriazioni) al corpo mentre avrebbe tentato di arrampicarsi».
Secondo l’esperto, Viviana sarebbe stata annegata ed è «morta per asfissia in acqua, all’interno di un invaso nel bosco di Caronia con caratteristiche simili a quelle di un pozzo: una profondità di circa cinque metri con dentro al massimo mezzo metro di acqua». Lo stesso sarebbe accaduto per Gioele. «Purtroppo – aggiunge Lavorino – del bambino abbiamo pochi elementi da analizzare dal momento che è stato assaltato dagli animali selvatici». A sostegno della sua tesi, il criminologo aggiunge che «entrambe le vittime avevano una colorazione rosacea dei denti. Una circostanza che si verifica quando un corpo resta per svariati giorni in acqua». Stando a questa ricostruzione, i due cadaveri sarebbero stati poi spostati nella zona dove sono stati successivamente ritrovati: «È stata messa in essere da parte di una combinazione criminale un’attività di depistaggio e messinscena, tramite una facile traslazione del corpo di Viviana sotto il traliccio con mezzi adeguati e in totale sicurezza da parte di soggetti con profonda conoscenza del territorio, dei sentieri, dell’orografia e degli eventi: soggetti che si muovono con padronanza e certezza dell’impunità».
Intanto, Daniele Mondello ha organizzato a Venetico una fiaccolata per il prossimo 3 agosto: «Non vogliamo che le indagini siano chiuse o i corpi dissequestrati. Sappiamo che quello della verità è un percorso lungo e difficile e siamo disposti ad attendere i tempi della giustizia terrena».
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