È questo l'esito di una riunione che si è tenuta venerdì pomeriggio in prefettura. «Non è affatto un brutto traguardo quello che abbiamo strappato ai vertici dell'azienda, garantendo una valvola di salvezza per i dipendenti», commenta a MeridioNews il segretario della Fistel Cisl, Antonio D'Amico
Vertenza Cipi, trovato l’accordo per la chiusura Ai lavoratori garantiti nove mesi di buona uscita
I licenziamenti collettivi di 52 dipendenti avverranno e l’azienda Cipi chiuderà lo stabilimento produttivo catanese ma con un accordo per l’esodo incentivato e con nove mensilità di buona uscita. È questo l’esito di una riunione in prefettura che si è tenuta venerdì pomeriggio per discutere delle sorti della ditta che si occupa di realizzare gadget promozionali personalizzati a livello industriale, nata a Catania nel 1964 per volere dell’imprenditore Rosario Circo.
«I lavoratori hanno protestato in modo instancabile e hanno percorso tutte le strade possibili proponendo anche alcune soluzioni alternative che, però, non sono state accolte positivamente dai vertici aziendali – spiega a MeridioNews il segretario regionale Fistel Cisl Antonio D’Amico – Ieri siamo riusciti a strappare, però, un accordo che è una valvola di salvezza per i dipendenti immobilizzati dall’attesa delle lettere di licenziamento». Al tavolo in prefettura erano presenti molti ex lavoratori della Cipi, i loro rappresentanti sindacali, Confindustria, gli addetti dell’Ispettorato del lavoro e dell’ufficio provinciale del lavoro, il viceprefetto di Catania Domenico Fichera e l’imprenditore Rosario Circo.
Si chiude così – almeno per il momento – la vertenza iniziata a gennaio quando, durante un incontro informale, ai rappresentanti dei lavoratori era stata comunicata la scelta dall’alto di cessare l’attività di produzione nella Zona industriale di Catania e mantenere solo la sede dei settori commerciale e marketing, a Milano, dove sono occupate una ventina di persone. Scioperi davanti allo stabilimento e nel centro della città, tavoli di crisi in Regione, anche un incontro al ministero dello Sviluppo economico.
Nulla è servito a mutare la volontà dell’imprenditore etneo di chiudere lo stabilimento senza cessione del ramo d’azienda e senza proseguimento dell’attività in cooperativa. «Ma ci consola in parte l’accordo che siamo riusciti a strappare che non è affatto un brutto traguardo, anzi ci è sembrato il primo segno concreto di apertura dei vertici dell’azienda nei confronti dei lavoratori che per molti anni hanno lavorato per la ditta accettando anche di fare pesanti sacrifici – commenta D’Amico – L’azienda chiederà un prestito per garantire ancora quasi un anno di stipendio agli ex dipendenti e, entro i prossimi sei mesi, tutti dovrebbero ricevere anche quello che spetta loro per i trattamenti di fine rapporto».