Un'azione legale per opporsi alla decisione che ha permesso a centinaia di ricorrenti di essere inseriti nella graduatoria. A presentarla alcuni allievi che chiedono all'ateneo, al Miur e ai compagni di corsi anche i danni per i disagi. L'Udu, che vorrebbe l'abolizione dei test, lancia un contro-ricorso gratuito
Unict, a Medicina scatta la guerra dei ricorsi Nove studenti contro i colleghi ammessi dal Tar
Danni materiali, difficoltà nel percorso di studio e in quello lavorativo futuro. Sono questi i temi di un ricorso al Tar di Catania contro il ministero dell’Istruzione e l’ateneo, ma anche nei confronti dei colleghi di studi. A presentarlo nove studenti di Medicina che contestano la decisione con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha permesso a circa 500 allievi di essere ammessi in graduatoria con riserva. Secondo i difensori delle nove matricole, dopo l’apertura – ancora non definitiva – delle iscrizioni a quanti si sono appellati al tribunale, Unict avrebbe dovuto adeguare le proprie strutture per permettere l’accesso a tutti i nuovi frequentanti. Una condizione che – come si legge nel documento depositato lo scorso 14 maggio dai legali palermitani Gabriele Giambrone e Alessandra Bellanca e notificata a due persone per conto di tutti i rimanenti – a Catania non si è verificata. Da qui la richiesta di annullare le nuove liste di ammissione e un risarcimento per quelli che considerano i danni subiti in questi mesi.
Oggi, dunque, ai vecchi ricorrenti – quelli ammessi in soprannumero agli inizi dell’anno accademico – si affiancano quelli nuovi che si scagliano contro i colleghi. Una situazione di tensioni che fin dall’inizio ha contrapposto i due gruppi di matricole. «I primi giorni ci dicevano che dovevamo uscire dall’aula», hanno raccontato gli ammessi con riserva. Come hanno scritto in una lettera consegnata alla ministra Maria Elena Boschi, «siamo stati trattati come gli ultimi, quelli che avevano la possibilità di studiare solo grazie a una sentenza amministrativa, quelli che causavano disagio all’università». Dal canto loro, come denunciato a gennaio a MeridioNews da alcuni rappresentanti in carica, i colleghi sostengono che «l’università non ha le potenzialità per accogliere tutti questi studenti».
L’ateneo, sostengono Giambrone e Bellanca, non avrebbe tenuto conto dei disagi nei confronti di quanti sono entrati da subito in graduatoria, determinando una violazione del loro diritto allo studio. L’inserimento effettuato viene definito «illegittimo, considerato che con l’ingresso di tali studenti in soprannumero gli ammessi hanno dovuto subire gravi e repentini cambiamenti nel corso di studi». Vicenda aggravata dal fatto che – come sottolineano nel nuovo ricorso – in molti hanno sostenuto le spese dei corsi a pagamento per migliorare la preparazione in vista dei test. «Tale sacrificio, economico e umano, non può essere ignorato». Una questione rimasta aperta, inoltre, è quella degli studenti costretti a spostarsi altrove perché non hanno raggiunto una posizione in graduatoria utile a scegliere la sede. La selezione è di carattere nazionale e gli atenei di destinazione vengono scelti sulla base del punteggio ottenuto alla prova di accesso. I fuori quota, invece, hanno potuto scegliere l’università di destinazione.
A questo, nell’esposto depositato si sommano i ritardi nei tirocini del primo anno, limitazioni all’accesso ai reparti, difficoltà per l’iscrizione futura alle scuole di abilitazione e relativa saturazione di un mercato del lavoro già difficile. I legali dei nuovi ricorrenti contestano anche il principio sul quale si basano i ricorsi contro il numero chiuso, ossia l’accesso libero all’istruzione. Secondo gli avvocati, è l’esigenza di evitare il sovraffollamento a determinare la necessità di uno sbarramento.
Ma a questo nuovo intervento giudiziario, l’Unione degli universitari – sindacato che ha patrocinato in tutta Italia le azioni legali contro il numero chiuso – ha lanciato la raccolta di adesioni per un intervento ad opponendum. Un contro–ricorso al ricorso da realizzare a titolo gratuito. Per Giuseppe Campisi, rappresentante dell’Udu, «è assurdo come ancora questo sistema d’accesso totalmente insensato causi a distanza di mesi divisioni tra gli studenti». Sia Campisi che Michele Bonetti, avvocato che cura migliaia di azioni legali sul tema, si rivolgono al rettore etneo, Giacomo Pignataro affinché sani la situazione degli studenti in esubero, così da annullare qualsiasi divisione venutasi a creare in questi mesi.