«Tu sei entrato all’improvviso. Qui parli con la mafia» Le intercettazioni e il pizzo conteso alla Ecs dogana

Un faccia a faccia tra coloro che sono considerati i rampolli della nuova mafia. Giovani, rampanti e, secondo i magistrati, colpevoli di portare avanti le rispettive tradizioni di famiglia. Il 7 ottobre 2016 nei locali della discoteca Ecs dogana Rosario Zuccaro Massimiliano Salvo discutono, affiancati dai rispettivi guardaspalle, del servizio di sicurezza del locale. Un affare che nessuno vuole farsi scappare. Da un lato c’è il figlio del boss detenuto Maurizio, volto storico dei Santapaola-Ercolano, e dall’altro l’erede di Giuseppe ‘u carruzzeri all’interno del clan Cappello. Il primo da ieri è accusato di associazione mafiosa ed estorsione, dopo essere finito in manette nell’ambito del blitz Zeta. Indagine portata avanti dalla polizia che ha decapitato proprio il gruppo della famiglia Zuccaro. Al cui vertice si sarebbero accomodati, oltre a Rosario, il fratello e cantante neomelodico Filippo – Andrea Zeta – e la mamma Graziella Acciarito

«Ricordati che tu qua sei entrato all’improvviso. Ricordati che qua si parla con la mafia». Sarebbero state le parole pronunciate da Salvo al cospetto di Zuccaro. Il primo, d’altronde, in quella discoteca ha già un rapporto ben avviato: una presunta estorsione da 1000 euro per evitare l’insorgere di problemi ai proprietari. Appesi a un filo ci sono i due titolari: Alessandro Scardilli e Rosario Coniglione. Volti noti della movida catanese. Il primo è uno storico pr del Ma ma anche l’organizzatore all’Ikebana e al Marabù. Il secondo, invece, vanta un periodo di gestione della discoteca Stone. L’attività privata finita al centro dell’inchiesta Zeta sorge all’interno di un immobile di proprietà dell’autorità portuale. Rimesso in funzione nel 2011 come polo gastronomico, dopo una ristrutturazione con fondi pubblici, è poi fallito miseramente e convertito in discoteca. 

Dal 2016 a occuparsi della sicurezza al suo interno sarebbe stato Massimiliano Salvo. Ma a ottobre dello stesso anno qualcosa cambia e la torta dell’affare passa progressivamente di mano. A Giuseppe Pittarà della Non solo eventi, si aggiunge l’imprenditore Roberto Corsetti. Conosciuto da Scardilli in estate all’interno del lido Le Piramidiattività riconducibile proprio alla famiglia Zuccaro. L’incontro tra Cappello e Santapaola, come si legge nei verbali, si sarebbe tenuto «dopo le lamentele di Scardilli, non soddisfatto della sicurezza gestita da Pittarà». Dietro al summit con Salvo però ci sarebbe anche altro. Secondo gli inquirenti a dare l’input decisivo a Rosario Zuccaro sarebbe stata «una relazione che lo stesso intratteneva con Michela Gravagno, compagna di Scardilli». La donna da ieri è agli arresti domiciliari, accusata di intestazione fittizia di beni. Ma cosa avrebbe fatto desistere dalle sue ambizioni il boss Salvo? «Il rispetto per Maurizio Zuccaro – si legge nei documenti – ma anche l’intenzione di evitare uno scontro tra clan». L’uscita di scena dalla pista da ballo però è solo temporanea.

Per gli investigatori dietro alla presunta estorsione alla discoteca potrebbe quindi esserci stata «un’iniziativa personale di Rosario Zuccaro». I malumori tra gli affiliati non tardano ad arrivare. E a registrarli ci sono le cimici degli investigatori. Nei verbali finiscono le parole di Luigi Gambino: «Ma che spacchio siamo burattini?», e ancora: «Io è trent’anni che sono nella malavita, trent’anni che cammino. Lui è nato ora». Dalla sicurezza Zuccaro avrebbe allargato i suoi orizzonti anche nell’organizzazione delle serate. Gli inquirenti raccolgono i dati di contatti quotidiani tra il presunto boss, l’imprenditore Scardilli e la compagna di quest’ultimo Michela Gravagno. Nell’elenco finisce una lista di persone che sarebbero state assunte per il servizio di sicurezza ma anche per la pulizia del locale notturno. «Tutti legati al gruppo di Rosario Zuccaro», precisano gli investigatori. «Me la fai lavorare questa ragazza?», chiedeva a Gravagno. «Guarda che è una persona mia di fiducia», insisteva. 

La gestione autonoma di Zuccaro però sarebbe durata appena 25 giorni. Tra boicottaggi agli ingressi del locale e pressioni, Massimiliano Salvo rientra in corsa. In un colloquio in carcere il presunto boss ne parla direttamente con il padre: «Si sono accaniti con me – racconta – Ho visto che c’erano problemi e ho dovuto combattere con certa gente». Come una spedizione di una ventina di persone in scooter, arrivate davanti al locale per forzare i blocchi di sicurezza ed entrare abusivamente all’interno. Il padre di Zuccaro, intanto, veniva informato anche dall’altro figlio, il cantante neomelodico Andrea Zeta: «Ha avuto discussioni papà, lui li ha minacciati ma dopo loro sono rientrati nuovamente. Lui mi ha detto: “Non appena li arrestano c’è più calma”. Ma che spacchio aspetti che li arrestano», concludeva con un sorriso. 


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