«Non è vero che le telecamere alla villa Bellini non funzionano e, anzi, sono state utili anche in quest’ultimo aberrante episodio di violenza». Tra i temi che lo stupro di gruppo di una 13enne nel giardino principale nel centro di Catania ha posto sotto i riflettori c’è anche quello della sicurezza e, nello specifico, della funzionalità delle telecamere di videosorveglianza. Costate quasi un milione di euro e non in funzione, secondo quanto dichiarato ai microfoni del Tg1 da un ispettore della polizia municipale etnea, Alfio Catania. «Non c’è nessuna telecamera che funziona: le hanno installate circa un anno fa ma ancora devono essere attivate», le parole che hanno scatenato una bufera. Parole però smentite a MeridioNews dall’assessore ai Vigili urbani Alessandro Porto con i dati alla mano. «All’interno della villa Bellini ci sono in tutto 14 telecamere, di queste – ammette – al momento, quelle in funzione sono soltanto cinque. Una delle quali è proprio davanti ai bagni pubblici (quelli vicini all’ingresso di piazza Roma, ndr) dov’è avvenuta la violenza sessuale». Le immagini registrate sarebbero state consegnate la stessa sera del 30 gennaio agli inquirenti e avrebbero contribuito alla ricostruzione della dinamica e all’individuazione dei sette indagati.
I 14 apparecchi di videosorveglianza della più importante villa comunale catanese rientrano tra le 213 telecamere installate nel febbraio del 2021 in diversi punti strategici della città. Era stato l’allora sindaco Salvo Pogliese a presentarle come «il primo atto di un progetto che aumenterà la capacità di controllo del territorio per una città più sicura a garanzia dei cittadini». Un obiettivo che, a distanza di tre anni, non può dirsi centrato: dei 213 impianti previsti, infatti, solo 80 sono effettivamente operativi. «Prima ci siamo accorti che mancavano le sim per le registrazioni – spiega al nostro giornale Porto che, all’epoca era già assessore anche della giunta Pogliese – Risolta la questione delle schede, è emerso il problema del mancato funzionamento delle batterie». Rimaste inutilizzate per molto tempo, la maggior parte sono oggi da buttare. «Abbiamo già provveduto a ordinarne di nuove che arriveranno a breve», assicura l’assessore. A quel punto, tutte e 213 le telecamere dovrebbero essere operative.
La questione, però, non potrà dirsi risolta nemmeno così. Un occhio elettronico inquadra e registra le immagini che vengono proiettate in diretta sui monitor della centrale operativa della polizia municipale. Ma a mancare è l’occhio umano per identificare eventuali reati o situazioni di rischio. «È impossibile guardarle tutte insieme nello stesso momento – chiarisce Porto – Ed è il vigile urbano di turno che sceglie quale telecamera osservare sui monitor». Un po’ a caso, insomma, senza che l’impianto segnali dove puntare l’attenzione. «La sicurezza è stata e continua a essere una delle nostre parole chiave – insiste l’assessore – ed è per questo che, anche in occasione dell’ultima visita della premier Giorgia Meloni (che è proprio coincisa con le festività di Sant’Agata e con la diffusione della notizia della violenza sessuale di gruppo, ndr), abbiamo chiesto al governo centrale ulteriori fondi per avere più strumenti e più uomini da mettere in campo». Al momento, per tutto il territorio della città di Catania ci sono circa 200 vigili urbani «e di questi – ammette Porto – almeno la metà è inabile al servizio esterno».
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