I rappresentanti dei lavoratori del colosso delle costruzioni in prefettura. Annunciano manifestazioni se gli arretrati non saranno saldati e chiedono la nomina di un commissario. «Per riavviare i cantieri», dice Giovanni Pistorìo della Cgil. La Regione? «Dorme colpevolmente»
Tecnis, sindacati a colloquio con prefetta «Stipendi pagati o mobilitazione generale»
Stipendi pagati o mobilitazione generale. Atmosfera tesa fuori dalla prefettura di Catania dove, mercoledì mattina, si è svolto l’incontro tra la prefetta Maria Guia Federico e i rappresentanti sindacali dei lavoratori Tecnis. L’azienda è in difficoltà finanziarie e non paga gli stipendi da settembre. A peggiorare la situazione, più di recente, le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto i fondatori – Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice – e modificato l’assetto del consiglio di amministrazione. I sindacalisti chiedono «tempi rapidi nella nomina del commissario» – compito della prefetta -, che dovrà sostituire i vecchi dirigenti «per dare continuità di impresa e sostenere il progetto di risanamento finanziario». Dopo l’incontro al ministero dell’Economia e l’impegno chiesto al Comune di Catania, pure la Regione è stata chiamata in campo per sostenere la causa.
I dipendenti Tecnis non ricevono lo stipendio da settembre, forse – attraverso il pagamento diretto dei committenti – otterranno a breve parte dell’ultima mensilità. «Se non ci sarà garantito il pagamento degli arretrati entro metà dicembre – afferma a MeridioNews il sindacalista Cgil Giovanni Pistorìo – siamo pronti alla mobilitazione generale». A sbloccare la situazione – a seguito della sospensione della certificazione antimafia che ha portato alle dimissioni di parte del cda – dovrebbe provvedere il nuovo commissario. Che la prefettura non ha ancora nominato. «È il solo a potere firmare i documenti necessari a fare ripartire i lavori e garantire il futuro dell’occupazione». Sono circa 400 i dipendenti Tecnis a Catania – più altri delle imprese collegate -, divisi tra sede e cantieri di metropolitana e ospedale San Marco.
I sindacati hanno chiesto alla prefetta Federico tempi certi per la nomina del commissario. Hanno tuttavia ottenuto solo generiche garanzie, non una scadenza ben definita. «Siamo in una fase delicatissima e importante – spiega Pistorìo – Il futuro di Tecnis è giocato sui giorni». E su due fronti collegati. Il 7 dicembre, al tribunale di Catania, inizia il percorso finanziario e giuridico – chiamato ristrutturazione del debito – dal cui esito positivo dipende la salvezza dell’azienda. I rappresentanti Tecnis dovranno esporre, al giudice, un piano convincente che dimostri la capacità di pagare – a fornitori, banche e lavoratori – i circa 100 milioni di euro dovuti.
Ma la credibilità del piano economico – tornando sul fronte precedente – «si basa sui profitti che l’azienda è in grado di generare attraverso il completamento dei lavori già in carico e l’assegnazione di nuovi». Accade però che in mancanza del commissario i lavori nei cantieri rallentano «perché i fornitori non sono pagati», e finché l’impresa non riotterrà la certificazione antimafia «non potrà prendere altri incarichi e rischia di non trovare i fondi per completare quelli in cantiere». La situazione sembra «un circolo vizioso che solo l’intervento del commissario può interrompere». Per questo i sindacati chiedono che la scelta ricada sul profilo di un manager piuttosto che su di un burocrate.
Una buona notizia però sarebbe già arrivata, dalle banche. «Sia Unicredit che il Credito Siciliano, secondo quanto ci hanno assicurato in prefettura, – dice Pistorìo – sosterranno a prescindere il piano di ristrutturazione del debito». Che potrebbe essere ulteriormente rafforzato dal rientro in cassa di 28 milioni di euro, in committenze, di cui Tecnis è creditrice. Le porte alle quali bussare sono quelle di «Anas, Ferrovie dello Stato e Interporti siciliani». Per sollecitare i pagamenti, i sindacati hanno chiesto la mobilitazione delle istituzioni regionali, e proposto un incontro con l’assessora all’industria Maria Lo Bello. «Ma alla Regione dormono colpevolmente – conclude l’esponente Cgil – È l’unica istituzione, in Italia, che chiamata in campo non ha mosso un passo».