Da stamattina si trovano davanti ai cancelli della Circumetnea. Sono 70 lavoratori di una consortile dell'impresa di costruzioni in crisi che chiedono tre mesi di paghe: «L'arrivo del commissario Ruperto ha peggiorato le cose», commenta un lavoratore. Lavori ferma e consegna a rischio
Tecnis, operai protestano per stipendi arretrati «Metropolitana? Così completeremo nel 2019»
«Ci stanno prendendo tutti per i fondelli». Sono arrabbiati i circa 70 lavoratori della Metro Catania 2013 che, da stamattina, protestano davanti alla sede della Ferrovia Circumetnea (Fce), in via Caronda. Sono in stato di agitazione. La loro ditta, che lavora al cantiere Fce del tratto di metropolitana Borgo-Nesima, fa parte delle consortili Tecnis e risente dei problemi che derivano dalla crisi dirigenziale e finanziaria da cui l’impresa edile etnea sta provando a risollevarsi. «Avanziamo tre mesi di stipendi e il pagamento dei contributi e non c’è stata data alcuna garanzia per il futuro», dice a MeridioNews un lavoratore. La soluzione per sbloccare i pagamenti potrebbe arrivare dall’ufficio del direttore generale dell’Fce: «Abbiamo chiesto che l’azienda si faccia carico dei pagamenti, in surroga», spiega il sindacalista Cgil Carmelo Restifo. Intanto i cantieri sono fermi e rispettare le scadenze tassative per la consegna dei lavori sembra difficile.
A dicembre, per risolvere la crisi della Tecnis, la prefettura di Catania ha nominato Saverio Ruperto come commissario straordinario. Ma dall’arrivo dell’ex sottosegretario del governo Monti «anziché migliorare, la nostra condizione è peggiorata», lamenta un lavoratore. L’uomo è impiegato nel cantiere della metropolitana di Catania ma vive nell’Ennese: «Per andare al lavoro, ogni giorno, devo mettere 20 euro di carburante – spiega – I soldi mancano, ho domandato un prestito, la banca non me l’ha concesso». L’impiegato bancario gli ha chiesto l’ultima busta paga: «Da settembre a ora ci sono state pagate solo le mensilità di novembre e dicembre», continua. Gli operai avanzano dai 5 ai 7mila euro a testa: «Oggi scadevano i termini per il pagamento di gennaio, che non è arrivato». La goccia che ha fatto traboccare il vaso: «Per mesi siamo andati avanti stringendo i denti. Ora basta, saremo duri. O ci pagano tutti gli arretrati o non torniamo al lavoro».
I rapporti tra l’impresa di costruzione e le sue consortili sono ingarbugliati. «Fce ha effettuato un pagamento per i lavori eseguiti. Ma i soldi sono stati ricevuti dall’impresa e non girati ai lavoratori della Metro Catania 2013». Questo perché Tecnis ha congelato i pagamenti di settembre e ottobre in virtù del piano di ristrutturazione del debito presentato al tribunale di Catania. L’approvazione del documento, sulla quale i giudici dovranno esprimesi entro febbraio, vale la salvezza dell’impresa. «Per aggirare il blocco è stato chiesto all’Fce di pagare gli stipendi direttamente ai lavoratori. Ma la proposta è stata rifiutata», spiega Restifo. Per questo gli operai si sono ritrovati di fronte alla sede della Ferrovia, e non della Tecnis. Mentre i cantieri della metropolitana, che andrebbero consegnati entro giugno, sono fermi. Se non verranno consegnati entro i termini previsti salteranno i finanziamenti dell’unione europea che servono per il completamento del circuito ferroviario, assegnato ad altre imprese.
Il tratto Borgo-Nesima andrebbe completato entro l’estate: «Forse quella del 2019», ironizza un altro operaio. I lavori, quando procedono, vanno a rilento: «Fino a venerdì scorso mancava il cemento che, secondo il progetto, andava gettato. Non erano stati sbloccati i pagamenti ai fornitori», spiega. E a mancare non sarebbero solo i soldi, «ma anche i fondi che l’azienda dovrebbe impegnare per fornirci i dispositivi di sicurezza come le scarpe da lavoro, i guanti. Attrezzature indispensabili nel nostro mestiere». E sul posto di lavoro, sommati tutti i problemi, se ne aggiunge un altro: «È inevitabile che ci sia poca armonia. Ci spacchiamo la schiena, da mesi, senza avere la certezza che i nostri sacrifici siano ricompensati da uno stipendio da portare a casa», conclude un lavoratore. Le loro richieste sono state ascoltata dal direttore generale dell’Fce Alessandro Di Graziano: «Ci ha detto che verificherà ciò che a noi già risulta, ovvero se la legge gli consente di agire in surroga», spiegano i sindacalisti.