Rubrica/New York New York-Monti, la forza del debole

Il Mario Monti visto a Washington e poi a New York, ci ha fatto un’enorme impressione. La calma e la gentilezza dei modi del premier italiano, dopo anni di sofferte stravaganze berlusconiane, per un italiano che vive a New York equivale ad una “rivoluzione”. Con Monti noi italiani d’America ci siamo sentiti un po’ come quegli americani che vivono in Europa il giorno in cui alla Casa Bianca subentrò Barack Obama al posto di GW Bush.
Nelle conferenze stampa, a Washington come a New York, il Premier ci ha dato l’impressione di dire sempre l’essenziale e non una parola di più. Poche frasi con il tono chiaro del Professore che ci tiene a farsi capire ma che non ha tempo per le polemiche o per parlare di ciò di cui non si sente al 100% preparato. Così l’economista della Bocconi scelto dal Presidente Giorgio Napolitano per salvare l’Italia e l’Europa, parla poco ma riesce a convincere l’interlocutore che il premier italiano non è un improvvisatore.
Ce ne siamo accorti, per esempio, alla conferenza stampa a Wasghinton, quando, ad un certo punto, ha detto che l’amministrazione Americana ha difficoltà a capire l’approccio all’economia della leadership tedesca: “In Germania tutte le politiche economiche sono passate, prima di essere adottate, sotto un filtro particolare che è quello della moralitá dei comportamenti: in Germania l’economia è vista come un ramo della filosofia morale”.
E così in un modo tutto suo, Monti ha fatto capire perché l’America di Obama avrà bisogno dell’Italia per coordinarsi con la Germania. E viceversa.
E ancora, questa volta alla conferenza stampa a New York, mentre scandisce poche parole sugli incontri avuti sia a Wall Street e poi con il Segretario Generale Ban Ki-Moon, ecco che rivela tutta la forza riformatrice del suo governo trasformando quella che all’apparenza sarebbe la sua debolezza politica in una opportunità: “Negli incontri avuti qui all’Onu ma anche in quelli precedenti, l’apprezzamento rivolto al governo italiano per le misure adottate in così poco tempo, hanno continuato a chiedermi su cosa succederà più avanti, ma quanto potrà durare il governo. Allora l’importanza del riconoscimento per il Parlamento italiano, che sta sostenendo il nostro governo e l’ho voluto sottolineare con convizione ai miei interlocutori che quello che sta accadendo con i partiti politici è una prova di grande responsabilità nei confronti del Paese…”. Dice cioè Monti: cari Berlusconi, Bersani e Casini, se fallisco anche voi sparirete per sempre.
Abbiamo detto che Monti parla solo di quello che sa, infatti al momento che il discorso andava sulle crisi geopolitiche, soprattutto in Medio Oriente, il premier ha passato la parola al suo ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che prontissimo gli stava accanto, sapendo che il professore lo avrebbe cercato.
Noi, che volevamo fargli una domanda nelle conferenze stampe in cui abbiamo partecipato (sarebbe stata: “Obama le ha chiesto se ha intenzione di riformare anche la giustizia piú lenta d’Europa, che è poi quella che spaventa di piú gli investimenti verso l’Italia?”) ma abbiamo notato che il suo staff, purtroppo sceglieva sempre i soliti tre-quattro giornalisti per poi chiudere tutto in fretta. Peccato.
Al Consolato, Monti ha parlato alla comunità di New York e ci ha ricordato come “ognuno di voi, con quello che fa, individualmente può valorizzare la quotazione italiana nel mondo. Siamo tutti parte di una impresa comune”. A tutti coloro che tra giovedì e venerdì ho chiesto cosa ne pensassero di Monti, sono stati unanimi nel giudizio positivo. A Sergio Marchionne, quando ho chiesto se con Monti la Fiat si sente più forte, mi ha risposto: “Tutte le aziende che operano in Italia con Monti saranno più forti”. Al governatore “padre” Mario Cuomo, non ho fatto in tempo neanche a porgli al Consolato la domanda, che mi ha detto: “Stefano, la risposta la sai già, io ho un debole per i Mario”.
Alla fine, quando il Professor Monti mi è passato davanti, non ho resistito e gli ho detto: “Caro Presidente, credo di esprimere il sentimento della stragrande maggioranza degli italiani in America nel ringraziarla per averci fatto smettere di vergognarci del nostro governo e aver fatto tornare forte l’orgoglio di essere italiani”. Monti, stringendomi la mano con forza, sorridendo, con una sola parola, efficace: “Grazie”.

 

 

Stefano Vaccara

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