La Grecia muore e noi restiamo a guardare

“Il sabato è stato fatto per l’Uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’Uomo è Signore anche del sabato”. Così Gesù rispose ai soliti Farisei che non risparmiavano critiche agli apostoli che spigolavano per i campi di grano. Era un sabato, giorno del riposo del Signore. E tutti avrebbero dovuto riposarsi. Anche i discepoli di Gesù. Che invece avevano fame e raccoglievano qua e là le spighe di grano per nutrirsi. Ma i Farisei, attaccati alla forma e non alla sostanza, cercavano di dimostrare che gli apostoli avrebbero dovuto obbedire alla lettera agli ordini del Signore.
Avrebbero dovuto morire di fame perché il sabato era prescritto il riposo? Ai soliti Farisei Gesù risposte che anche Davide, quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, entrò con i suoi compagni “nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti era lecito mangiare…”. Proprio perché “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.
Questo passo del Vangelo, a quanto pare, non funziona in un’Unione Europea che, non a caso, qualche anno fa, ha negato le radici cristiane nella millenaria storia del Vecchio Continente.
Riflettendoci, cosa c’è di cristiano nell’atteggiamento che l’Unione Europea tiene, da un anno a questa parte, verso la Grecia? Guardiamo i fatti. Un anno fa la grande stampa dell’Unione Europea – compresa, naturalmente, quella italiana, che pure qualche ‘radice’ cristiana dovrebbe averla – considerava una sciagura l’eventuale default della Grecia. Ma, attenzione: un anno fa tale evento era considerato una sciagura non per i greci, ma per la tenuta dell’Unione Europea. Del dramma di migliaia di famiglie che sarebbero state ridotte alla fame nessuno si occupava.
Un anno dopo – ed è storia di questi giorni – la Grecia è sull’orlo del fallimento. Oggi migliaia di abitanti della Grecia sono già alla fame e al freddo e altre migliaia di famiglie rischiano di fare la stessa fine. Eppure, sui giornali, leggiamo notizie ‘tranquillizzanti’. In fondo stiamo perdendo solo un Paese – la Grecia – che è indebitata e forse non può nemmeno pagare i debiti. E se non pagherà i debiti, peggio per i greci: avranno, per ‘castigo’, meno ospedali, meno scuole, meno servizi pubblici e, forse, li metteremo pure a ‘dieta’. Sì, c’è il rischio che molti di loro, come già accennato, muoiano pure di fame.
Tutto questo avviene nel 2012, cioè oggi. Un dramma commentato ogni giorno da tv e giornali. Tutto questo è voluto, di fatto, da un’istituzione che tutti noi siamo costretti a difendere, anzi, a magnificare: l’Unione Europea.
Cos’è l’Unione Europea? Leggendo gli scritti di Altiero Spinelli siamo portati a pensare a una comunità dove tutte le genti del Vecchio Continente cooperano per un futuro migliore. Poi, però, leggendo i giornali, scopriamo che l’Unione Europea vorrebbe imporre alla Grecia, pena il default, una ‘manovra’ che dovrebbe costare il posto di lavoro a 10 mila forse a 15 mila famiglie. Venti, trenta, quaranta mila persone in mezzo la strada. A morire di fame.
E noi che ci stiamo a fare? Osserviamo. Anche noi facciamo parte della ‘grande famiglia’ dell’Unione Europea. Oggi tocca ai greci, domani potrebbe toccare a noi, dopodomani agli spagnoli. Come gli spettatori al Colosseo nell’antica Roma, noi ce restiamo seduti nelle nostre case, davanti alla tv – magari a pranzo o a cena, con un piatto di pasta davanti, che ancora non manca – a vedere lo spettacolo della Grecia che muore giorno dopo giorno. Ci divertiamo? No. Ma non dobbiamo lamentarci.
Guai a parlare male della ‘grande’ Unione Europea. I greci, via, se la sono voluta. Indebitarsi così, non scherziamo!
Ragionando, è quello che si diceva negli anni Trenta del secolo scorso degli ebrei. In fondo, anche loro se l’erano cercata. Arricchirsi così, via: intollerabile! Allora chi si lamentava delle leggi razziali? I cittadini tedeschi? Non ricordiamo di aver letto sui libri particolari lamentele. Forse, qualche critica – più di un critica, in verità – l’abbiamo letto ne “Il tamburo di latta” di Gunter Grass, libro bellissimo scritto, però, se non ricordiamo male, tra le fine degli anni ‘50 e i primi degli anni ‘60. Anche in Italia, se non ricordiamo male, le leggi razziali vennero accettate. Non da tutti, s’intende. Ma passarono.
Così come oggi sta passando la tesi che i greci debbono affondare e magari morire di fame perché si sono indebitati. Stiamo portando tutti il cervello all’ammasso? Domanda che chiama un’altra domanda: accadrebbe la stessa cosa negli Stati Uniti d’America? Provate a immaginare: uno degli Stati entra in crisi e gli abitanti degli altri Stati che dicono: “Siete in crisi? Crepate”. No, forse negli Stati Uniti non finirebbe così. Queste cose – anzi: ‘certe cose’ – chissà perché, avvengono sempre in Europa.
In questo dramma della Grecia c’è anche un significato simbolico. La Grecia è la culla della cultura occidentale. E quindi anche europea. A meno che l’Unione Europea, o quella dei banchieri, visto che tra le due non c’è alcuna differenza, non ci proponga di ‘abrogare’ la scuola di Mileto, i presocratici, Aristotele, Platone, gli stoici, gli epicurei e via continuando. Facendo affondare la Grecia, insomma, ci ‘liberiamo’ anche di questo ‘peso’. Così ‘finalmente’ ci occuperemo solo del Pil, della produtività, della finanza globale e globalizzata, di soldi, di ricchezze, di riforma del mercato del lavoro e, visto che siamo in Italia, di abolizione dell’articolo 18. Avendo cura di non far sapere in giro che Re Mida, dopo aver trasformato tutto in oro, morì di fame perché trasformava in oro anche il cibo…
Stiamo sacrificando persone vere – la gente greca, che in questo momento muore di freddo e di fame – per una ‘certa’ idea di Unione Europea, dove l’uomo è fatto per il sabato e non il sabato per l’uomo. Contenti noi…

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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