Roberto Abate spa, avviato il licenziamento collettivo Per ventuno supermercati la speranza è il gruppo Md

Il primo passaggio è la procedura di mobilità, al quale seguirà la richiesta di accesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione attività. Stamattina i rappresentanti della Roberto Abate spa in liquidazione hanno incontrato i sindacati per fare il punto sulla situazione di un’azienda ormai al collasso. Prima che il prossimo 16 aprile si concretizzi la vendita all’asta – decisa dal tribunale – di 21 supermercati a marchio Uno discount, per i quali era arrivata l’offerta di un altro colosso della grande distribuzione: la Md spa, gruppo con sede legale a Caserta, fondato da un imprenditore proveniente da Bolzano. I giudici di piazza Verga immaginano di sistemare così 225 dipendenti. In totale, però, sotto contratto con l’Abate ci sono 398 persone, che sperano in un accordo sindacale che li salvaguardi tutti. Oltre ai punti vendita per cui si attendono le offerte, ce ne sono altri quattro rimasti, per motivi diversi, fuori dalla lista elaborata dal Palazzo di giustizia: viale Mario Rapisardi a Catania, Floridia e Lentini, esclusi – sembra – per la mancanza di alcuni requisiti. Fuori è rimasto anche il negozio di Barcellona Pozzo di Gotto, il cui ramo d’azienda dovrebbe essere ceduto alla Gdc Grande distribuzione catanese spa: per questa procedura, si legge nel verbale d’incontro stilato oggi, «si è ormai solamente in attesa dell’autorizzazione del tribunale».

La crisi dell’azienda diventa conclamata all’inizio del 2019, quando viene resa nota la notizia della vendita del complesso di Etnapolis e di un lotto di venti supermercati a Ergon, altro gigante della distribuzione al pubblico. L’impero della famiglia Abate comincia così a sfaldarsi e, pezzo dopo pezzo, saltano tutte le insegne immediatamente riconoscibili: A&O e Famila, per citare le più note. Il grosso lo acquista il gruppo siciliano Arena (i supermercati a marchio Decò, in rapidissima espansione sul territorio), qualcosa passa al gruppo Rocchetta e il resto è ciò di cui adesso si discute. Prima dell’intervento del tribunale la bolzano-casertana Md aveva proposto di allargare la sua rete con i 21 punti vendita adesso all’asta, ma le cose sono cambiate in corso d’opera. E in particolare dopo che, lo scorso 1 marzo, era stato disposto il sequestro del patrimonio dell’azienda, nell’attesa che i giudici decidessero a proposito della richiesta di fallimento avanzata dai pubblici ministeri Fabio Regolo, Fabrizio Aliotta e Rosaria Molè.

La cessazione dell’attività è dunque dietro l’angolo. E stamattina lo hanno confermato ai sindacati anche Salvatore e Marcello Abate, due dei figli del patron Roberto, ormai attivi in prima linea nelle vicende aziendali. L’appuntamento è avvenuto proprio negli uffici del polo commerciale di Valcorrente, ma non è probabilmente l’ultimo degli incontri ai quali prenderanno parte i rappresentanti dei lavoratori. In cantiere c’è, infatti, la richiesta di sedersi attorno a un tavolo anche con il commissario straordinario e con i custodi dell’impresa per conto del tribunale. «La situazione per chi attende risposte è complicata – spiega a MeridioNews Giovanni Casa, segretario generale della Uiltucs Catania, presente assieme ai colleghi della Filcams Cgil e Fisascat Cisl – Ci sono 398 persone che non prendono lo stipendio da dicembre: quello di gennaio è congelato per la richiesta di ammissione al concordato preventivo, mentre quello successivo deve ancora essere erogato». 

C’è, in più, l’incertezza tra i lavoratori che, allo stato attuale, sono in esubero. Cioè tutti quelli i cui contratti non sono stati previsti nella vendita all’asta. «Parliamo del personale amministrativo o degli addetti al magazzino freschi – continua Casa – Perché i nuovi gruppi hanno già il proprio personale». Non è previsto che transitino nelle nuove aziende neanche un gruppo di cosiddetti «sostituti ferie», cioè lavoratori che non dipendevano da uno specifico punto vendita ma che coprivano le esigenze dei colleghi nei negozi di Catania e provincia. «Io sono uno di questi – spiega a questa testata Salvatore, 54 anni – Il mese scorso mio figlio più grande, che vive in Inghilterra, mi ha dovuto inviare dei soldi per pagare l’assicurazione della macchina. Ho un figlio più piccolo, di dieci anni, al quale devo pensare. Come faccio? Alla mia età chi mi prende?».


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