C’era una volta lo slogan “riprendiamoci la città”. Appartiene alla stagione delle occupazioni di case sfitte e vuote, delle “pratiche riappropriative diffuse” (le case si occupano, gli affitti non si pagano), a Berlino come a Torino o a Librino. Un passato remoto. Riappropriarsi degli spazi, dei luoghi, oggi ha un significato profondamente diverso. Vuol dire farli propri, sentirsene parte e sentire il luogo parte di te. Luoghi del passato da riconquistare in quanto vissuti e per il cui mantenimento lottare, spazi nuovi da fare nostri. Solo in questo senso la lotta per riprendersi la città continua.
Questo va ricordato oggi, nel momento in cui agli studenti delle facoltà di Lettere e di Lingue si prospetta la possibilità di rimettere il naso nei due magnifici chiostri dell’ex Monastero, chiusi al pubblico nel luglio del 2006 e poi sottoposti a lavori che sono stati ultimati nel gennaio del 2008. E per fortuna ci verranno riconsegnati in condizione ben diversa dalla rappresentazione che ne diede De Roberto nei Vicerè, allorché “le generazioni di soldati e di studenti succedutesi dal Sessantasei avevano devastato i chiostri, rotto i sedili, infrante le balaustrate; i muri erano pieni di figure e di motti osceni, e i calamai lanciati come fionde pel corruccio delle bocciature o per la gioia delle promozioni avevano stampato da per tutto larghe chiazze d’inchiostro”.
Aspettiamo dunque con ansia la riapertura di due luoghi simbolo per gli studenti del Monastero. Con le raccomandazioni di rito, questo è ovvio. Ma con la consapevolezza che l’unica vera salvaguardia è il pieno riuso; e che tocca ai presidi delle due facoltà garantire le condizioni migliori: dall’arredo, all’illuminazione, ai cestini per le cartacce, alle ciotole per raccogliervi le cicche.
C’è una condizione supplementare. Cogliere questa occasione per rivolgersi alla città, rilanciando il doppio problema della gestione delle aree di parcheggio nell’O.K. Corral di piazza Dante e quello del fronte di nord-ovest del Monastero, dove occorre riparare lo scempio delle fatiscenti superfetazioni dell’Ospedale Vittorio Emanuele, consumato sulla “splendida” Flora Nicolina. A distanza di più di trenta anni dalla consegna del complesso monastico di San Nicolò all’Ateneo, torna a porsi in questa area la questione irrisolta del rapporto con le aree più popolari e vitali della città, un problema su cui un’amministrazione comunale perennemente latitante va tirata vigorosamente per le orecchie.
Ma c’è un’ultima cosa da dire. La vigilanza per il rispetto dei chiostri non può essere affidata unicamente ai vigilantes. Essa riguarda tutti noi. Varie volte rappresentanti studenteschi o gruppi di studenti delle due facoltà hanno immaginato progetti per la valorizzazione turistica del Monastero. Esistono le competenze, la creatività, l’entusiasmo affinché studenti e neolaureati di Lettere e Lingue diventino protagonisti dell’accoglienza ed artefici di progetti di valorizzazione del monumento. Il nostro giornale è aperto alla pubblicazione delle tante proposte. Che la riapertura dei chiostri sia anche un’occasione per raccogliere le idee e per farsi ascoltare.
La foto a sinistra è di Lorenzo Fisichella.
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