“Rapsodia” d’una Sicilia amara

“Ora che è fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”

(Massimo d’Azeglio)

E i Siciliani?…

(Lino Piscopo)

 

Fin dal titolo “Rapsodia siciliana”, spettacolo andato in scena nei giorni scorsi al teatro ‘Savio’ di Palermo, esprime il carattere e le scelte stilistiche improntate alla costruzione della sua identità. La rapsodia, dal punto di vista musicale, che dovrebbe essere replicata nelle scuole, consiste in un vero e proprio poema che, vertendo su un solo movimento, un leitmotiv che funge da filo conduttore alla narrazione, si arricchisce di continue variazioni di ritmo e armonie, andando a creare una serie di episodi che descrivono il tema portante. In questo senso, Rapsodia siciliaan, è un susseguirsi degli eventi storici che vanno dal 1860, anno dello sbarco di Garibaldi a Marsala, fino all’istituzione della Regione siciliana autonoma. Un racconto rapsodico che può assumere aspetti eroici, patriottici e, soprattutto, documentaristici, concentrato in circa due ore di spettacolo musicale e recitativo. Un lavoro arricchito dal variegato alternarsi di contributi fotografici e audiovisivi che aggiungono ulteriore fascino alla rappresentazione. L’ispirazione che ha animato la stesura di quest’opera poggia su alcuni spunti letterari. Uno fra tutti: “Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille”, di Giuseppe Cesare Abba, poemetto romantico sulla spedizione dei Mille.

“Rapsodia siciliana la definisco come il mio canto libero – afferma Lino Piscopo, autore dell’opera – perché non sento di condividere il comune sentimento trionfante che ha animato i nostri avi nel contesto dei patti stipulati durante il processo unitario e di annessione della Sicilia al regno sabaudo. Al contrario, mi riconosco come una parte lesa, a causa di un’ inaccettabile omissione dalla storiografia ufficiale degli avvenimenti storici più efferati che hanno macchiato di sangue la Sicilia durante il corso della sua affermazione come regione d’Italia. Lacune storiche che producono disinformazione e la conseguente incomprensione della situazione contemporanea. Ad esempio, la paradossale rivendicazione di alcune delle regioni più ricche del Nord del nostro Paese che, ormai da tempo, proclamano a gran voce la loro indipendenza dal territorio italiano, ignorando il loro stesso passato e non curandosi dell’antica rivoluzione che ha portato all’unità d’Italia”.

Foto: Studio Immagine

 

“Tuttavia – aggiunge Piscopo – c’è da precisare che, anche nella nostra identità di siciliani, è sempre esistito uno slancio verso l’autonomia e l’indipendenza; dai tempi di Eufemio da Messina, fino alla conquista dell’Autonomia siciliana. Ma questo desiderio di distacco ha sempre avuto un’indole più idealista che non concreta. Questa contraddizione deriva da un conflitto d’interessi che nasce dall’interno: se, da una parte, il siciliano povero, il cosiddetto siciliano ca’ coppola, nutre la sincera volontà di autogestirsi; il siciliano cu’ cappeddu, ovvero, colui che, possedendo potere e denaro, governa le sorti della regione, si è sempre affrettato a saltare sul carro dei vincitori, chiunque essi siano stati. Rapsodia siciliana nasce da tutto questo. Dalla paurosa spinta individualistica che viene dal Nord e dalla pessima gestione dei nostri strumenti di autogoverno, che si riassumono in quel senso di diffuso malessere che appartiene al popolo siciliano, perennemente schiacciato da quel “chiummo” che ormai è diventata la nostra Regione; a causa di quei personaggi cu’ cappeddu che rendono la politica e la storia quella che è e quella che è stata”.

Piscopo sembra un fiume in piena. “Per quanto riguarda la rappresentazione vera e propria – prosegue – in termini tecnici, al di là dell’aspetto contenutistico, gli spettatori non si devono aspettare un ‘mattone’ storico di due ore. Ogni volta che assisto a una delle tante prove di Rapsodia siciliana, io la vedo svilupparsi ed evolvere, diventare qualcosa di completamente diverso e originale, grazie al magistrale lavoro di regia, che è stato affidatao a uno dei nomi più promettenti del teatro nazionale, formatosi presso la celebre Scuola di teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa: Antonio Silvia”.

Foto: Studio Immagine

“Lo spettacolo – precisa Antonio Silvia – prende forma compiuta e vita sul palcoscenico, davanti agli spettatori. Quest’anno, durane le celebrazioni dei 150 anni d’unità d’Italia, non sono certo mancate le proposte e gli eventi artistici di qualsiasi genere. Ed è all’interno di questo scenario che si va a collocare quest’opera drammaturgicamente innovativa e originale, focalizzando l’attenzione sul Risorgimento visto dai siciliani. Proviamo a raccontare, attraverso le parole, gli effetti sonori, le immagini e la musica, l’excursus di questi 150 anni, soffermandoci, per un attimo, su alcune delle notizie storiche che ci sono sembrate importanti o che ci hanno colpito maggiormente. In scena sano presenti: un lettore, che in lingua italiana legge la cronistoria di alcuni fatti storici avvenuti in Sicilia; e la sua controparte, rappresentata da un Narratore, che incarna la storia ufficiosa, il quale, in dialetto, commenta i fatti dal suo personale punto di vista, e denuncia gli episodi non elencati dalla storiografia ufficiale”.

Direzione artistica Pietro Marchese e Lino Piscopo, regia di Antonio Silvia, con il Sicilian Rapsodia Ensemble, associazione culturale formata da cantanti, orchestrali e attori, con la straordinaria partecipazione di Massimo Melodia.

“Abbiamo allestito una rappresentazione volutamente all’insegna della povertà – conclude Piscopo -: qualche attrezzo di scena, supervisioni delle proiezioni d’immagini. In una regione come la Sicilia, l’unica a Statuto speciale dove non esiste un circuito teatrale, e con questa atmosfera economica, aver trovato degli sponsor per allestire uno spettacolo è stato quasi miracoloso. Un po’ più di attenzione l’abbiamo voluta riservare alla caratterizzazione dei personaggi attraverso i costumi, che cercano di interpretare al meglio la tradizione popolare siciliana, esprimendone tutta l’umiltà. Questo grazie al solerte e appassionato lavoro della giovane costumista Nikita Schifaudo”.

Noemi De Lisi

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