Premio Livatino all’avvocato anti-gender Arcigay: «Lancia messaggi di intolleranza»

Conduce da anni la sua battaglia contro la presunta «teoria gender» e quando gli si chiede di parlare dell’omosessualità risponde: «È un peccato. Io sono cattolico, perciò amo gli omosessuali come amo tutti i peccatori. Lei trova detestabili i furti? Sì. E odia i ladri? No». Gianfranco Amato, avvocato e presidente dell’associazione Giuristi per la vita, è convinto che sia così «che agisce e pensa un cattolico credente». Checché ne dica monsignor Krzysztof Charamsail teologo vaticano che ha appena fatto coming out, dichiarando che «l’amore omosessuale è un amore familiare». Ma poco prima che le dichiarazioni del prete polacco scuotessero la Chiesa, Amato per il suo «reale impegno sociale» ha vinto – era il 21 settembre – la targa intitolata ai magistrati Rosario Livatino e Antonino Saetta. A premiarlo, ad Aci Bonaccorsi, un lungo elenco di uomini delle istituzioni. Un’attestazione di stima che non è sfuggita ad Arcigay. «Chiedo ai componenti del comitato di revocare il premio al signor Amato», dice Giovanni Caloggero, consigliere nazionale per i diritti lgbtqi. «Non sapevo che lui dicesse queste cose», afferma Corrado Labisi, membro del comitato del premio.

«Il signor Amato – spiega Caloggero – è piuttosto noto per le sue esternazioni e per aver detto, in più occasioni, che l’omosessualità è un pericolo. Non c’è dubbio che dire certe cose inciti all’odio». «Queste affermazioni fanno parte del bagaglio di ingiurie quotidiane contro di me – replica Amato – Ricevo spesso minacce di morte. È la mia fede che mi dà la forza». Anche di girare le piazze d’Italia – «Ho visto tutto il Paese tre volte» – per avvertire i cittadini dei pericoli nascosti nella cosiddetta «teoria gender». «La teoria gender non ha niente a che fare con l’omosessualità, né con la parità dei sessi – dice lui – In America si sente già parlare di gender free generation, gli idoli dei teenager sono gender fluid. E in Italia stanno provando a portare questa mentalità, così come hanno portato Halloween». 

Il tentativo nostrano di «confondere i bambini» sarebbe contenuto nella legge sulla Buona scuola. «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni», si legge nel decreto. E a chi contesta a Gianfranco Amato l’assenza, nel testo governativo, di riferimenti a una teoria la cui esistenza è stata più volte smentita in ambito accademico e non, lui risponde: «Siamo in Italia, le leggi devono essere scritte in italiano, non possiamo aspettarci la dicitura “teoria gender”. Vogliono convincerci che uno può essere maschio o femmina solo sulla base di quello che sente».

«In tutto il mondo ci sono state levate di scudi che spiegano per quale motivo la teoria gender non esiste. In tutto il mondo si spiega che, invece, esistono gli studi di genere e che servono a insegnare la tolleranza nelle scuole. A Catania, invece, si dà un premio su “valori e ideali limpidissimi” a una persona che lancia messaggi intolleranti e razzisti. Come se questo non bastasse, a breve distanza dal suicidio di Floridia». «Lei sa quanti ragazzini si suicidano perché sono obesi? Questo dell’omofobia è un problema che viene enfatizzato», assicura Gianfranco Amato. «Per fortuna il decreto Scalfarotto è finito su un binario morto. Cos’è l’omofobia? Non esiste una definizione di legge. Non è neanche una malattia riconosciuta». 

«In questo paese rischiamo di sottostare alla lobby gay – conclude l’avvocato – Perché i gay dovrebbero avere un reato a parte? Perché lo stesso non può valere per gli obesi o i disabili? Perché non esiste l’Arciobesi? È ovvio che dietro a tutto questo ci sia una logica politica. Fenomeni di bullismo nelle scuole ce ne sono sempre stati e ci saranno sempre. Ma non si governano con le leggi, le minacce e la galera. Sono percorsi sociologici. Quando andavo a scuola c’era un ragazzino del Sud che veniva insultato ferocemente. Gli dicevano “terrone”. Non si è deciso di affrontare quella cosa là inventando la terronofobia. Anche i bambini con gli occhiali vengono presi in giro, pure quella è una forma di discriminazione del diverso». 

Luisa Santangelo

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